Ravenna non è solo una città ricca di autori, libri e iniziative interessanti, ma è anche la casa di un festival di fama nazionale che, fra presentazioni di novità letterarie e chiacchierate con gli scrittori, quest’anno compie 10 anni: “ScrittuRa Festival“.
“ScrittuRa Festival” è una rassegna letteraria che diffonde cultura e promuove la città di Ravenna nel panorama regionale e nazionale. La condivisione di pensieri e opinioni è uno dei pilastri di questo progetto, che ha l’obiettivo di trasformare l’interesse per la letteratura in un momento di condivisione e crescita per tutti i cittadini.
Più Notizie ha scambiato quattro chiacchiere con il suo fondatore, lo scrittore ravennate Matteo Cavezzali, per sapere come è nato il Festival, come ha contribuito all’evoluzione della città e come sta cambiando il mondo della letteratura e dell’editoria italiano.
Come è iniziata la storia di “ScrittuRa Festival”?
«Il festival prima di essere definito tale si presentava come una serie di incontri nati dalla voglia di un gruppo di amici di confrontarsi su nuove letture. Ci davano appuntamento in diversi luoghi, fino a quando, visto il graduale successo, l’ex assessora Bakkali ci propose di trasformarlo in una rassegna più grande. Da quel momento è nato il festival che, già dalla prima edizione, ha avuto la possibilità di ospitare grandi autori come Sepulveda».
A cosa ha condotto questo esordio?
«Da quel momento è partita la nostra collaborazione con la biblioteca Classense, che si è successivamente ampliata dando vita anche al “Tempo ritrovato“, la rassegna autunnale, che cresce costantemente sia per partecipanti che per autori ospiti. Ormai Ravenna è una città riconosciuta nel panorama letterario, è una piazza importante in cui intervenire. Sono molto contento dei risultati che abbiamo raggiunto».
La città come ha reagito?
«Credo che le rassegne letterarie siano un piccolo elemento che ha favorito l’ampliamento del panorama di scrittori di Ravenna. Si è creato un forte fermento intono alla letteratura, sempre più giovani hanno iniziato a scrivere e pubblicare le loro storie».
Lei insegna anche scrittura in una scuola organizzata da “ScrittuRa Festival”…
«Sì, abbiamo iniziato con i primi laboratori lo scorso anno, si svolge due volte all’anno, una nel periodo autunnale, con la conclusione prima di Natale e una da febbraio a inizio aprile. Sta funzionando molto bene, abbiamo molte richieste e i posti disponibili si sono sempre riempiti. Uno degli autori che ha esordito recentemente ha partecipato al nostro corso, Nicolò Bertaccini»
Fra gli ospiti di “ScrittuRa” alcuni autori ad oggi scomparsi che hanno contribuito all’evoluzione della letteratura e non solo. Come ci si sente ad aver avuto la possibilità di incontrarli?
«È stato un gran privilegio, sono ricordi che rimarranno con me per tutta la vita, sono felice di poterli condividere con la città che ha avuto modo di incontrare questi autori».
Ci sono mai stati scrittori che non siete riusciti a portare al Festival?
«Sì ovviamente capita. Mi viene in mente Houellebecq, con cui avevamo preso contatti, ma avendo ricevuto minacce, per un periodo si ritirò a vita privata. Spero in futuro di poterlo nuovamente invitare da noi».
Come “ScrittuRa festival” ha influito nel suo rapporto con la scrittura e con il mondo dell’editoria?
«Ha influito molto, perché ho avuto modo di conoscere scrittori molto capaci e noti a cui potuto fare domande e chiedere consigli sui loro metodi di lavoro. A livello professionale è stato un momento importante. Proprio per questi motivi ho sempre chiesto loro di tenere lezioni e incontri pubblici, mi piacerebbe continuare a dar vita al sapere, tramandare le conoscenze a tutta la città. I grandi maestri, con molta esperienza alle spalle, hanno molto da insegnare e sarebbe bello condividere con più persone possibili queste informazioni».
Può farmi una sua personale fotografia del mondo letterario ed editoriale Italiano?
«È un settore molto vitale, al momento soggetto a diversi cambiamenti. Si sta pensando alla nuova forma del romanzo. Il momento storico è interessante, come tutti i momenti di crisi geopolitica, quando le nazioni entrano in crisi, l’arte si evolve e si sviluppa più rapidamente. L’Italia è un Paese in cui storicamente si legge meno rispetto ad altri, ma negli ultimi anni si sta notando una crescita nel numero di Under 30 che si approcciano alla lettura, leggono molto più dei genitori. Ritengo che questo sia un segnale di nuova vitalità del mondo letterario».
Parlando di lettura, ha nuovi progetti nel cassetto?
«A metà novembre uscirà una raccolta di racconti che ho curato, realizzata in collaborazione con il Corriere della Sera, che troverete in edicola con il giornale e in libreria con Solferino editore, per raccogliere fondi per le biblioteche colpite dall’alluvione. Hanno aderito alla realizzazione i più importanti autori della nostra regione, da Carlo Lucarelli a Simona Vinci, da Mariangela Gualtieri a Marco Missiroli. Un ventaglio ampio di autori e storie che rappresentano un forte segnale di nuova collaborazione con le biblioteche, centro nevralgico della lettura pubblica ma anche di rete di scrittori uniti per una causa comune. Spesso gli scrittori sono, per lavoro e indole, solitari, ma quando c’è bisogno riescono anche a unirsi, credo che sia molto bello e mi auguro che queste collaborazioni continuino anche in futuro».
Argomento di cronaca: pochi giorni fa Jon Fosse ha ottenuto il premio Nobel, che ne pensa?
«Sono contento che abbia vinto un drammaturgo. Il mondo teatrale è quello che ha sofferto maggiormente negli ultimi anni dal momento del Covid. La letteratura teatrale è uno dei cuori pulsanti della scrittura. Fosse è uno dei più rappresentati in questo momento a livello mondiale, mi auguro che anche in Italia ci si accorga un po’ di più che anche nella scrittura teatrale ci sono autori importanti. In fin dei conti, il nostro ultimo premio Nobel, Dario Fo, era un drammaturgo».
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