Una petizione con quasi 700 firme, tre incontri con gli enti locali tra cui Comune, Capitaneria e Ente Parco del Delta del Po, una manifestazione in spiaggia. Nulla sembra fermare l’imminente abbattimento dei capanni balneari, da effettuare entro il 30 aprile. L’unica strada per salvare i capanni sembrava quella di un ricorso al Tar, ma negli ultimi giorni è sorta l’idea di realizzare un’opera d’arte che ne sancisca definitivamente il valore culturale. È quello che chiedono i capannisti al mosaicista di fama internazionale Marco Bravura, che ha avanzato la possibilità di realizzare un mosaico sul capanno frequentato dalla sua famiglia.
«Il Maestro traduce in parole il sentire di generazioni di frequentatori dei capanni, e davvero sembra impossibile che le istituzioni possano restare insensibili ad un appello del genere, che unisce artisti, persone comuni, arte, tradizioni fatte di semplici manufatti ed un passato ricchissimo di una storia che invece si vuole abbattere e cancellare. Ma non solo: il paesaggio dei capanni è entrato nell’immaginario anche di chi non li adopera, basti ricordare il famoso e meraviglioso scatto di Luigi Ghirri, o le tante opere di artisti che li ritraggono, e quindi rappresenta un patrimonio culturale collettivo e condiviso per tutti i cittadini», commentano i capannisti.
«E come non ricordare che la prima legge di tutela del paesaggio in Italia fu scritta proprio a Ravenna dal Senatore Rava nel lontano 1905, per salvare la Pineta di Classe, ed il motivo che ne determinò la salvezza fu non tanto la sua importanza ambientale (sia pure grandissima) ma il fatto che essa veniva narrata da illustrissimi artisti, come Dante, Botticelli, Boccaccio, Byron».
«Domandiamo quindi al Maestro Bravura – ma anche agli altri mosaicisti ed artisti che lavorano o sono legati alla nostra città – di poter realizzare una sua opera sulle pareti o sui tetti dei loro capanni, per conservare e proteggere con la luce della cultura e dell’attenzione ciò che ci è stato tramandato», concludono i capannisti.
È intervenuto nel dibattito sui capanni anche Silvio Gordini, ex presidente dell’associazione, che sottolinea come al Comune sembrino interessare solo quelle attività che portano soldi, ignorando invece il turismo ‘povero’.
«Sono stato il presidente dell’Associazione dei capannisti balneari per 40 anni, dalla nascita nel 1966 al 2006. Non posso quindi tacere assistendo a una storica tradizione che rischia di essere cancellata ad opera di una Giunta di centrosinistra, che, cieca e sorda ad ogni richiesta e ad ogni ragione, ha deciso di abbattere i pochi capanni in legno ancora esistenti sulle nostre spiagge, quasi siano degli intrusi, fuori contesto, dannosi per l’ambiente», esordisce Silvio Gordini.
«Chi ha preso questa decisione è votato alla cementificazione o agli happy hours, che richiamano danaro e rendono spiagge e pinete simili ad immondezzai, non tenendo conto del turismo “più povero”. Ignorando l’età media avanzata dei capannisti (tra 70 e 90 anni), ha imposto, con una presa di posizione dura, drastica e non negoziabile la rimozione di questi manufatti, duri coi deboli, tolleranti coi forti. Non è un concezione di sinistra», continua Gordini.
È un’ordinanza del Comune a imporre ai proprietari – a cui da anni non è rinnovato il titolo di concessione nonostante i pagamenti – a chiedere di liberare lo spazio demaniale.
«Contrariamente a quanto si potesse immaginare – sottolinea l’ex presidente – è stato proprio il nostro Comune, l’ente per natura più vicino ai cittadini, a decretare la fine di una tradizione che per molti ha rappresentato e rappresenterebbe l’unico momento di riposo e di contatto col mare. Non dei militari, non dei funzionari statali, non dei dirigenti regionali, ma un’amministrazione locale di centrosinistra».
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