Sono già partiti i 27 migranti arrivati lunedì a Ravenna e destinati al convento di Fognano. A comunicarlo è Mirko Betti, presidente della Cooperativa Sociale Acquacheta, che li avrebbe assistiti durante la permanenza.
La maggior parte è andata via mercoledì 27 settembre intorno alle 7 del mattino. Erano rimasti in bilico solo un padre libico con i quattro figli, che sono partiti intorno alle 8.30 di giovedì 28, dicendo che uscivano a fare una passeggiata.
I 27 i migranti erano arrivati a Ravenna sulla nave di Emergency Life Support ed erano stati destinati al Convento Emiliani (comune di Brisighella) in modo da non separare i nuclei famigliari. In totale a bordo erano 28, ma un giovane egiziano è stato fermato dalla Polizia, in quanto sospettato di aver guidato il gommone su cui sono stati recuperati.
Nella mattinata di giovedì, dopo che l’ultima famiglia rimasta era uscita per la passeggiata, Acquacheta ha mandato un operatore per controllare la situazione, che ha trovato la stanza completamente svuotata, senza nessun effetto personale.
«Facciamo questo lavoro da 11 anni – spiega Mirko Betti di Acquacheta – appena arrivati abbiamo capito subito che avevano contatti all’estero e che non avevano intenzione di restare. Con grande probabilità qualcuno è venuto a prenderli o si sono spostati in treno verso il nord. Sono usciti a fare una passeggiata, ovviamente non possiamo impedirglielo, e non sono più rientrati».
Che non sarebbero rimasti molto lo si era capito sia dai discorsi iniziali su parenti in Germania e nel Nord Europa sia dalla volontà di cambiare subito tutti i soldi in euro. Martedì era già arrivata un’auto con a bordo un siriano targata Austria.
«Con il nostro mediatore culturale – continua Betti – di lingua araba, abbiamo subito capito che tutti quanti cercavano di raggiungere Germania, Regno Unito o Francia, tramite reti parentali. Dal punto di vista della popolazione di Fognano, un po’ di preoccupazione c’è stata, ma sia amministrazione comunale sia prefettura sono stati molto presenti».
Betti ha spiegato che molto spesso persone marocchine e tunisine puntano a raggiungere la Francia, mentre libici e siriani la Germania, luoghi in cui hanno già contatti o amici: «erano delle famiglie molto tranquille, si trovavano in un campo di detenzione e hanno affrontato un lungo viaggio, hanno rischiato la vita con l’obiettivo di raggiungere i loro cari e un luogo sicuro».
«La mia coordinatrice, che è stata tra Siria e Libano 20 anni e parla bene arabo, aveva detto – conclude Betti – “secondo me non fanno 48 ore” e di fatti è andata così, non si è sbagliata neanche di 10 minuti».
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