Valentina Palli: «Procederò con la querela nei confronti di Miccoli. Basta tacere e delegittimare»

Alle soglie della festa della donna, alcune riflessioni della sindaca di Russi, avvocatessa, moglie e madre, di recente vittima di misoginia da parte del geologo Claudio Miccoli. Parla della vicenda e delle difficoltà delle donne nel mondo della politica e del lavoro.

«La festa delle donne dovrebbe essere tutti i giorni». Questa è una delle frasi più pronunciate, in questo periodo dell’anno, alle soglie dell’8 marzo. Se non fosse che di battaglie, le donne, ne hanno ancora tante da affrontare. Ne è un esempio Valentina Palli, sindaca di Russi, avvocata, moglie e madre, che in questi giorni si è ritrovata a combattere con il sessismo che ancora sopravvive nella nostra società.

La prima cittadina, infatti, è stata pubblicamente insultata, durante l’assemblea sull’alluvione del 29 febbraio a Conselice, da Claudio Miccoli, geologo, già dirigente regionale ed ex assessore a Ravenna, che durante il suo intervento, non condividendone alcune affermazioni, ha dichiarato: «Per me era attaccata da una crisi di depressione post partum, visto che aveva avuto un bambino da poco, perché per dire una cosa del genere bisogna che uno non abbia il totale equilibrio mentale».

A seguito dello scandalo che ne è seguito, Miccoli ha fatto marcia indietro e ha ammesso di aver fatto una “battuta infelice” trascinato dall’enfasi, comunicando inoltre che si scuserà con la sindaca di Russi e con le donne sottolineando che non aveva alcuna intenzione di offendere.

Palli, dopo quello che è successo, ha sentito Miccoli, si è scusato con lei? Intende procedere legalmente nei suoi confronti?

«Ha provato a chiamarmi ieri sera (ndr, domenica 3 marzo) ma non ho potuto rispondergli, intendo richiamarlo in giornata. In ogni caso ho già preparato la querela, credo di depositarla tra martedì 5 e mercoledì 6 marzo».

Le erano capitate situazioni simili in passato?

«Qualche volta è capitato di ricevere dei commenti o delle parole fuori posto, ma mai così gravi. Delle accuse così ignobili non me le sarei mai aspettate».

Conosceva già Miccoli?

«Non avevo mai avuto a che fare direttamente con lui. Nel suo intervento richiama un convegno del 28 agosto 2023 a cui avevo partecipato. In quell’occasione avevo concluso un mio intervento specificando che è compito delle amministrazioni locali del prossimo futuro vigilare sul corretto riassetto territoriale perché le crisi climatiche attuali non ci mettono al riparo dal fatto che episodi di questo genere non possano ripetersi. Nessuno ha criticato allora questo mio pensiero, nemmeno Miccoli, secondo cui gli avvenimenti del maggio scorso potevano essere evitati. Il tutto si è svolto con toni molto civili. Non lo avevo mai visto prima e non l’ho più visto nemmeno successivamente».

Da dove viene un’accusa tanto grave?

«Sinceramente non saprei, è un attacco misogino casuale, io e il professor Miccoli non abbiamo mai avuto altri momenti di confronto. Sono parole violente, è difficile considerarle come conseguenza di un impeto. Miccoli è una persona abituata al dibattito pubblico».

Lei come ha affrontato la cosa?

«Ci sono rimasta male. I miei collaboratori, la mia famiglia, i miei cittadini sanno quanto io mi sia sempre impegnata. Mia figlia a soli due mesi e mezzo, nel periodo dell’alluvione, ha praticamente trascorso due settimane con me in Municipio. Non lo dico per fare l’eroina, ma perchè era il mio compito di sindaca essere presente, e mi sono sempre impegnata per svolgerlo in completezza e efficenza. Sentirmi poi rivolgere queste accuse, per il gusto di farlo, non mi sta bene».

Come vede la situazione delle donne nella politica Italiana?

«Drammatica, basti notare quante sono le donne che ricoprono il ruolo di sindaco in Italia. Siamo una percentuale risibile. Ricoprire l’impegno amministrativo al vertice di un ente è una cosa dura da combinare con figli e famiglia, tendenzialmente le donne devono essere pronte a fare i salti mortali per gestire il tutto».

Che difficoltà devono affrontare le donne nel mondo del lavoro?

«Spesso è demotivante il fatto di dover dimostrare di essere dieci volte meglio degli altri per essere considerate allo stesso livello. Dobbiamo trasformarci in “Wonder woman” per poter sedere al tavolo degli uomini in diversi campi, lo si nota anche nei convegni o nelle assemblee. Siamo delle mosche bianche».

Pandemia, alluvione e una gravidanza: è stato faticoso gestire il tutto in questo mandato?

«Sono stata abituata all’idea che tutti i ruoli di una famiglia sono fondamentali. Mia figlia ha un padre, ho dei genitori, dei suoceri e un sistema familiare che mi ha dato un grande supporto; dei collaboratori fondamentali per il mio lavoro e nei confronti dei quali nutro grande fiducia. Parallelamente metto tutta me stessa nel mio lavoro».

L’uguaglianza fra mura domestiche favorisce la divisione dei compiti…

«Certamente. Tante volte mi sono sentita dire che mio marito fa il ‘Mammo’. Non sono d’accordo. Mio marito fa il padre, un ottimo padre aggiungerei, e svolge il suo ruolo, come io lo svolgo da madre. Non stiamo parlando di aiuto ma di un compito che dividiamo in parti uguali, poiché abbiamo scelto insieme di intraprendere questo percorso. L’equilibrio esiste perché a casa nostra tutti siamo uguali. Vale l’articolo 3 della Costituzione (ndr. l’uguaglianza) che, per quanto sia vecchio, ancora sembra non essere entrato nella testa di tutti».

Cosa si può fare per combattere la misoginia?

«Si dovrebbe partire dal non tacere in queste situazioni. Delegittimare non va bene. Mi ha fatto piacere che il comitato organizzatore dell’assemblea del 29 febbraio mi abbia contattata, cercando il confronto. In quella circostanza solo una donna del pubblico ha protestato in seguito alle parole di Miccoli, il quale ha però tenuto a precisare di “essere libero di fare tutte le allusioni che vuole”. Se non fosse stata solo la voce di una donna, ma una levata di scudi, forse ci troveremmo meno spesso ad affrontare cose del genere. Bisogna proseguire sulla via delle politiche educative, bisogna riuscire a far comprendere alla gente che “se ti giri dall’altra parte è anche colpa tua”. Non è sufficiente fare una ‘telefonata di sostegno privato’, bisogna imparare a schierarsi pubblicamente».

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