05 Mag 2023 02:13 - Il bello del territorio
Palazzo San Giacomo di Russi: la ‘Versailles’ della famiglia Rasponi
Unavilla rustica in età imperiale e castrum in età medioevale, contiene un’imponente residenza costruita nel corso del tempo dalla nobile casata dei conti Rasponi.
di Redazione
Russi, un territorio pianeggiante di tipo alluvionale, lambito dalle acque del fiume Lamone a ovest e il Montone a est, sorto prima come insediamento sparso (vicus) in età preromana, poi villa rustica in età imperiale e castrum in età medioevale, contiene un’imponente residenza costruita nel corso del tempo dalla nobile casata dei conti Rasponi.
Il Palazzo, fondato sulle tracce di un castrum altomedioevale più volte distrutto a causa della continua lotta tra Faenza e Ravenna che aveva posto la sua roccaforte in questo luogo, fu acquistato nel 1664 dall’imprenditore Guido Carlo Rasponi, dietro il pagamento di una ingente somma di denaro (29.500 scudi) ai Canonici di Santa Maria in Porto, per farne non solo un luogo di villeggiatura primaverile-estivo ma anche una tenuta agricola, poiché circondata da fertili terreni dediti alla coltivazione cerealicola e alla risicoltura. Per portare l’acqua ai suoi terreni e abbellire i suoi giardini Guido Carlo aveva realizzato un canale ottenuto dal fiume Lamone e costruito un mulino nei pressi di Traversara che sfruttava la forza motrice dell’acqua per macinare il grano.
L’edificio del passato
L’edificio si presentava diverso da come lo vediamo oggi. Si trattava di una lunga struttura, a cui erano annessi ambienti di servizio (stalle, scuderie, cucine, magazzini di stoccaggio), preceduta da un porticato che si apriva su una corte absidale proiettata verso il fiume Lamone sulla falsariga delle ville venete, da dove arrivavano a bordo di una grossa imbarcazione da parata i conti Rasponi. Attorno sorgeva una variegata commistione di boschi e giardini all’italiana decorati da fontane, una serra per agrumi, colombaie, ghiacciaie e l’abitazione del fattore.
A partire dal 1700, con il passaggio del palazzo al figlio Filippo l’ingresso del palazzo è collocato verso la via Faentina, aperto sul Carrarone, un viale alberato costituito da 130 pioppi, in seguito venduti, e poi ripristinato negli anni Settanta come appare oggi. La struttura si allunga, la cosiddetta manica lunga a tre piani, e viene cinta da due torri con cinque piani ciascuna, un modello architettonico che trova vicini riscontri con il palazzo di Colorno dei Farnese a Parma.
Nella facciata al centro è posto il portone d’ingresso, composto da bozze in pietra d’Istria, opera di lapicidi veneziani, che attraverso cinque mensole, di cui una elegantemente scolpita con un putto in posa acrobatica di derivazione dalmata, sorregge un balcone con panciuta ringhiera. Qui si apriva una porta finestra inquadrata da due colonne binate in stile ionico su cui poggia un’arcata a tutto sesto ornata a dentelli in pietra con lo stemma della famiglia, due zampe leonine incrociate con testa di Moro: da qui, il nome Rasponi e dalle Teste. Al di sopra campeggiava un orologio all’interno di una cimasa mistilinea, che scandiva le ore della giornata per i lavori agricoli poi rimosso agli inizi del Novecento.
Dall’ingresso partiva uno scalone monumentale a quattro rampe, opera dell’architetto romano Antonio Soratini, che conduceva al piano nobile, l’appartamento dei proprietari nonché luogo di ospitalità per i membri del patriziato locale o prelati e ai mezzanini. Al secondo piano c’erano le stanze degli ospiti e per le attività ricreative quali il gioco del bigliardo e il teatro nella seconda metà del 1700 con Cesare Rasponi, figlio maschio di Filippo. All’interno, si presenta con un piano terra, recentemente restaurato a livello strutturale per cedimenti postbellici e legati alla forte umidità, che era adibito ad ambiente di ristoro con cucine, forni , pasticceria. La decorazione del soffitto con motivi vegetali e “a boschereccia” nella torre nord risale all’800.
Le decorazioni pittoriche
La decorazione più ricca e fastosa è al piano nobile con un’enfilade di stanze comunicanti, secondo il modello costruttivo barocco, che rappresentano il mondo mitologico classico attraverso i segni zodiacali o costellazioni e pianeti o giorni della settimana. Salendo le scale d’accesso poste nella torre nord, aggiunte di recente, si giunge a una galleria, un tempo dipinta a pergola che conduce alla stanza dei Gemelli (l’Ariete e il Toro non più visibili appartenevano alla fase antica) con la volta a padiglione dipinta col motivo dei figli gemelli di Zeus, i Dioscuri, che cavalcano sui loro cavalli bianchi, protettori dei naviganti, fari nella notte. Queste opere sono il frutto di un’équipe di pittori della capitale (1697-98), chiamati da Filippo che aveva vissuto a lungo a Roma e conosceva gli ambienti artistici. Ci sono pittori di figura quali l’austriaco Jacob Wonrdle, il quadraturista Giuliano Roncalli con il suo spazio architettonico d’effetto e movimentato, la bellezza dei fiori e piante di Artur Kindermann e il paesaggista con cieli al tramonto e verzure Ercole Sangiorgi.
Due sale in questa parte sono dedicate a Cesare Rasponi, il cardinale fratello di Guido Carlo, con un variopinto camerino con i quattro continenti in cui risiedono le immagini di quattro donne: Europa simbolo di guerra e cristianità, Asia con le sue pregiate stoffe e incensi, Africa simbolo di ricchezza per grano e oro e l’America nella visione europea dei Nativi e dei loro sanguinosi culti. Anticamera di essa è una stanza quadrangolare che omaggia la salita alla carica ecclesiastica con le virtù cardinali del vescovo Cesare Rasponi.
Si apre poi un’ampia sala di ricevimento decorata con motivi marini, molto danneggiata, che era legata alla costellazione del cacciatore Orione, figlio di Poseidone. Seguono la stanza del Sagittario con il centauro Croto su sgargianti colori dal sapore barocco, la sala Capricorno con la mutazione incerta del dio Pan che da capra si muta in pesce per sfuggire all’ira del gigante Tifone, sala dell’Acquario rappresentato dal ratto di Ganimede e i Pesci che Venere consegna a Giove. Si entra così entra nella pittura locale ai tempi di Cesare, in piena Arcadia neoclassica dove la pennellata si fa più tenue e l’atmosfera è rarefatta.
Iniziano quindi le sale dedicate ai pianeti, la Luna con Diana che gira con il suo carro di notte per ammirare il bel pastore Endimione, Marte svolazzante armato di tutto punto, per finire nella stanza dell’alcova con Giove ed Ebe suo coppiere e la bella Venere con Amore adagiata su una soffice nube, simbolo dell’amore spirituale e carnale. Una piccola stanza da toeletta nella torre sud porta da Saturno che divora i figli per timore di essere spodestato, il tempo consuma ciò che ha creato. In opposizione il ninfeo dedicato a Mercurio con il caduceo e le ali ai piedi per tornare verso la torre nord, andando a ritroso nel tempo si ritorna allo Zodiaco con il Cancro nella rappresentazione di Ercole che lotta contro l’Idra e viene punto da un gambero o granchio che poi uccide; il Leone con Ercole nella sue prima fatica uccidendo il terribile felino di Nemea, dove un’elegante caminiera di stucco colorato adorna la sala; la sala della Vergine con il dramma di Erigone per la perdita del padre posta in cielo come vergine; la Bilancia con Dike che fugge in cielo poiché sulla terra domina la follia violenta degli uomini e della natura. Una piccola stanza quadrangolare ricavata nella torre nord, mostra l’allegoria rinascimentale della nascita dell’amore con una donna che raccoglie con una lente i raggi del sole per accendere una favilla.
Adiacente al sontuoso palazzo si trova la chiesa palatina dedicata al santo del luogo, San Giacomo, progettata da Cesare Rasponi su disegni di Nicola Salvi, architetto di Roma della fontana di Trevi ma eseguita dopo la sua morte dall’architetto Cosimo Morelli. Una volta a vele con motivi floreali dipinti e lucernaio, matronei con balconata e gigantesche colonne con capitelli stuccati di tipo ionico, insieme a tre pale d’altare con soggetto religioso di tipo devozionale di fattura romana costituiscono gli aspetti peculiari della sua decorazione. La cappella fu usata come cripta da Federico Rasponi e i suoi discendenti, che ricevette con diritto di prelazione la tenuta alla morte di Cesare, poiché il fato non gli concesse una progenie.
Manuela Guerra
La sua formazione archeologica acquisita con gli studi universitari le ha permesso di cogliere l’arte nelle sue molteplici forme come creazione unica dello spirito umano. Nel 2005 ha conseguito l’abilitazione come guida turistica per la città di Ravenna. Con il conseguimento dell’abilitazione linguistica alla lingua spagnola nel 2009 ha organizzato tour per gruppi in lingua spagnola; altresì ha realizzato visite guidate legate a varie tematiche inerenti esposizioni temporanee di opere appartenenti a differenti generi artistici del territorio regionale. Recentemente il suo interesse per l’ambiente naturale, ecosistema ricco di biodiversità, le ha permesso di svolgere ricerche nel seguente ambito e l’ha portata a diventare nel 2022 guida ambientale-escursionistica regionale AIGAE.