Mirko Betti (Coop. Acquacheta): «Coi migranti, dobbiamo investire sulla formazione»

Sono più di 100mila i migranti che nell’ultimo anno hanno raggiunto le coste Italiane, raddoppiando i numeri del 2022. Terribile il quantitativo di morti in mare: secondi i dati diffusi dal Missing migrants project dell’Oim, sono circa 2mila dall’inizio dell’anno. Nel 2023 il maggior numero di migranti è arrivato dalla Guinea (11.637), seguita dalla Costa d’Avorio (11.572), poi Egitto (7.814) e Tunisia (7.022). Le regioni con più approdi sono quelle meridionali, con il numero più alto la Sicilia con 78.122 arrivi (35.126 nel 2022), seguita da Calabria con 9.084, Puglia (2.510) e Toscana (962). Ma in questo anno anche Ravenna ha dato il suo contributo accogliendo 4 navi ong per un totale di 294 migranti. L’ultimo sbarco la settimana scorsa, quello della “Life Support” con 28 migranti a bordo ,che sono stati accolti dalla Cooperativa Sociale Acquacheta e dalle suore domenicane di Fognano. Mirko Betti, presidente della Cooperativa racconta a Più Notizie l’accoglienza dei migranti e cosa è possibile fare per migliorare la situazione.

Come è andata l’accoglienza dei migranti?

«È andata bene. Dopo l’incarico affidato dalla prefettura, con le suore abbiamo preparato le stanze e in un paio di giorni era tutto pronto. Sono arrivati la sera intorno alle 22.30, li abbiamo divisi per nuclei familiari nelle loro stanze con asciugamani e i prodotti utili all’igiene personale e poi abbiamo preparato a tutti la cena a base di riso».

Il paese, come ha affrontato il loro arrivo?

«Il paese è piccolo e c’era della diffidenza, ma l’amministrazione è stata utilissima e gentilissima,  ha analizzato la situazione, dato la giusta informazione senza allarmare, come anche la prefettura e i 28 ospiti sono sempre stati gentili e tranquilli».

Lo sbarco dei migranti dalla Life Support

Sospettavate una loro partenza?

«Il giorno dopo il loro arrivo abbiamo parlato con loro grazie al nostro mediatore di lingua araba e abbiamo capito che puntavano ad arrivare nel Nord Europa tramite reti parentali».

Vi hanno raccontato la loro storia?

«Sì, sono scappati da un campo di detenzione, hanno patito la fame, mancanza di acqua e hanno affrontato un viaggio lungo». 

Cosa si può fare per migliorare la situazione?

«Dato che la maggior parte arriva qui per esigenze economiche, quello che possiamo fare è incrementare al meglio il sistema di formazione, sviluppando un percorso di inserimento lavorativo nei vari ambiti. Ovviamente serve la collaborazione dell’Europa, non possiamo fare tutto da soli. Io ho tanti ragazzi che lavorano con me e sono bravissimi. Loro hanno bisogno del nostro aiuto e noi abbiamo bisogno del loro perché i giovani sono pochi e abbiamo poca mano d’opera e loro possono essere un apporto utile per la nostra economia. Diversi miei ex richiedenti asilo adesso lavorano in varie industrie, hanno voglia di fare e una fortissima propensione al lavoro. Rischiano la vita per arrivare qui, sono consapevoli delle difficoltà del loro viaggio, la fanno per costruirsi una vita migliore». 

La scuola quanto contribuisce?

«Direi che è fondamentale. I giovani a scuola imparano molto e di conseguenza trasmettono le conoscenze alla famiglia in un modo molto più naturale e meno forzato. La formazione è fondamentale sotto ogni aspetto, non solo per loro ma anche per noi per insegnare a tutti a coesistere».

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