Italia Nostra: «Rimozione dei capanni? Manca la valutazione ambientale»

Ai capannisti inizialmente non è stato chiarito come effettuare la rimozione e, dal momento che non si può più parcheggiare negli stradelli, il rischio è quello di prendere un'ulteriore multa

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L’ordinanza di rimozione dei capanni balneari – in tutto 74 sul litorale da Casalborsetti a Lido di Classe – secondo Italia Nostra, «desta non poche perplessità». Si tratta di «uno dei pochi esempi superstiti in tutta Italia di “archeologia balenare” che il Comune di Ravenna sceglie di abbattere senza alcuna motivazione plausibile invece di tutelarli e valorizzarli come patrimonio culturale, storico ed etnoantropologico collettivo», commenta.

L’auspicio di Italia Nostra è che «la sconcertante vicenda giunga presto a chiarimento e che l’ordinanza di abbattimento venga immediatamente revocata. Altro modo non c’è per tutelare il nostro patrimonio se non impedirne la distruzione».

I capanni balneari sono all’interno del Parco del Delta del Po e il Comune intende ricollocarli. Ma prima devono essere rimossi, con il rischio che si rompano

I capanni si trovano sul suolo del demanio e dai primi anni 2000 ai loro proprietari non è stata rinnovata la concessione, nonostante abbiano continuato a pagare. I manufatti – alcuni dei quali si trovano all’interno del Parco del Delta del Po – sono dunque considerati abusivi e andranno rimossi, ma il Comune ha fatto sapere che intende ricollocarli in aree non protette.

Il problema è che, essendo in piedi da molti anni, i capannisti temono che al momento della rimozione si romperanno e sarà impossibile rimontarli. Allo stesso tempo, la prima proposta del Comune per la ricollocazione, vedeva tutti i capanni a Casalborsetti nei pressi di un parcheggio, ed era stata percepita come una sgradita “ghettizzazione”.

Italia Nostra solleva un punto sui vincoli ambientali legati al Parco del Delta. «Ancora, non si comprende perché sia stato scritto che in zona B del Parco del Delta del Po i capanni siano da rimuovere: dalle norme leggiamo che in dette zone (denominate “B DUN” nel “Piano di Stazione” del Parco, Norme Tecniche di Attuazione) è consentita “la demolizione degli immobili posti sulle formazioni dunose”. Consentita, non tassativamente obbligatoria», commenta. Va sottolineato che molti dei capanni sono lì da ben prima che venisse istituito il Parco.

Nessuna modalità per la rimozione dei capanni. Né è stata fatta una valutazione ambientale sulla demolizione

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Secondo Italia Nosta, inoltre, «non si comprende perché al momento non risulti emessa alcuna Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA) per le demolizioni». Infatti, dai nuovi adeguamenti di normativa, sulle aree tutelate dal punto di vista ambientale è necessario sottoporre a VIncA persino le giornate ecologiche di pulizia delle spiagge, per stabilire se siano compatibili o meno con la tutela dell’ambiente.

«Com’è possibile – si chiede Italia Nostra – che un’operazione di rimozione del genere avviene alla chetichella a carico dei concessionari senza valutazione, controlli, verifiche sulla sicurezza, sulle tempistiche e sugli smaltimenti dei materiali?»

Questa preoccupazione è condivisa anche dai capannisti, che si chiedono come arrivare nei pressi dei capanni per rimuoverli con automobili o camioncini, dal momento che non si può più parcheggiare all’interno degli stradelli. Oltre al danno di dover rimuovere i propri capanni, anche il rischio di prendere una multa per essersi avvicinati in auto.

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