Costantini: «Nessuno vuole relegare i capanni a Casalborsetti». Al via una valutazione ambientale

L'idea è quella di istituire un bando pubblico per affidare a un'associazione la gestione dei capanni e la salvaguardia dell'ambiente circostante. Questi però dovranno essere posizionati in aree compatibili con la normativa vigente. La paura dei capannisti è quella di essere «ghettizzati»

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La famiglia Menghi manifesta di fronte al suo capanno (24 febbraio)

Nel pomeriggio di oggi, 27 febbraio, si è svolto in Consiglio Comunale il question-time sui capanni balneari, dopo che a inizio febbraio ai proprietari era arrivata una comunicazione da parte del Comune che li invitava a rimuoverli entro 90 giorni. L’Associazione Capannisti Balneari, formata da 94 soci di cui 74 con capanno, nei giorni scorsi ha manifestato a Marina di Ravenna e si è riunita in assemblea per discutere del futuro delle storiche casette in legno.

L’obiettivo dichiarato dall’assessore al Turismo e Demanio Giacomo Costantini è «valorizzare e nel contempo attualizzare la situazione dei capanni balneari storici, trovando nuove forme di salvaguardia con modalità innovative, diverse rispetto a quelle del passato, nella consapevolezza che oggi non sono più legittime».

Nella seduta del Consiglio Comunale, è stata infatti approvata la delibera per effettuare una valutazione dell’incidenza ambientale allo scopo di individuare le posizioni che possano andare in concessione ai capannisti, in base alle normative e con nulla osta di tutti gli enti che hanno competenza sul demanio marittimo.

Il bando pubblico. Costantini: «Nessuno vuole relegare i capanni a Calsalborsetti»

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Foto dall’assemblea dei Capannisti Balneari (26 febbraio)

L’idea è quella di istituire un bando pubblico per individuare un’associazione che mantenga viva la tradizione dei capanni balneari e si impegni in iniziative sociali e culturali, come ad esempio la divulgazione di buone pratiche per la tutela e conservazione delle pinete, delle dune e delle spiagge ed eventi dedicati alla cura e pulizia di questi luoghi.

Del bando si era già parlato in un incontro tra Comune e Associazione Capannisti Balneari, al termine del quale però a questi ultimi era stata mostrata la futura ricollocazione, che prevedeva di trasferire tutti i capanni in zone non protette a Casalborsetti, nei pressi del parcheggio. Come ha ribadito il presidente dei capannisti Giorgio De Lorenzi in assemblea si tratta di un vero e proprio «ghetto», una proposta inaccettabile.

Per questo, a fine gennaio, il Comune avrebbe dovuto inviare all’associazione una nuova cartina con ulteriori proposte di posizionamento. Ad oggi, però, ancora non è arrivato nulla, se non l’invito a rimuovere i capanni.

«Nessuno vuole relegare i capanni a Calsalborsetti – ha sostenuto Costantini in Consiglio -. Ci sono zone del parco dove si può stare, altre no. Nei prossimi giorni ci incontreremo e avremo un’interlocuzione con la Capitaneria di Porto». Non resta che attendere la valutazione ambientale per individuare le nuove zone di destinazione, anche se molti capannisti sono convinti che, al momento della rimozione, i capanni più longevi si romperanno e sarà impossibile rimontarli altrove.

Il paradosso: sono lì da prima che il Parco fosse istituito

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Alcuni capanni – circa una decina – si trovano infatti nella cosiddetta ‘zona B’ del Parco del Delta del Po, zona di riserva naturale su cui sarebbe in vigore anche il divieto di calpestio. Si tratta principalmente dei capanni di fronte alla ex colonia di Marina di Ravenna, dopo il Bagno Ruvido.

Secondo i capannisti, però, nella narrazione del Comune c’è un paradosso. Come ha ricordato una socia in assemblea: «Quei capanni sono lì dal 1964 ed è stata la Capitaneria di Porto a farceli collocare in quel punto; prima eravamo a Punta Marina. I capanni sono in quella zona da prima che venne istituito il Parco. Per di più, quando sono stati collocati, non c’erano le dune. Sono stati proprio i capanni, creando un riparo, a fare sì che si formasse quell’ambiente naturalistico delle dune».

Lo ha confermato anche la Famiglia Menghi, proprietaria del capanno con il disegno di Paperino: «Lo abbiamo dai tempi dei nostri nonni, poi è passato ai nostri genitori e oggi è a noi. È incomprensibile l’idea di cambiare modo di fare spiaggia. I capanni sono storia. Lo dimostra il fatto che il nostro, vicino al Bagno Ruvido, è finito sulle copertine di molti libri e cartoline. Perfino nella serie tv di Netflix “Summertime“. Una volta non c’erano lettini e ombrelloni, ma solo i capanni: la spiaggia ne era piena. Oggi ne sono rimasti così pochi e li vogliono perfino togliere. È inaccettabile».

L’ordinanza di rimozione è arrivata nonostante – come ha ricordato anche l’Assessore Costantini in Consiglio – l’ordine del giorno approvato all’unanimità il 19 settembre scorso, ha riconosciuto «nei capanni balneari storici del litorale ravennate un patrimonio culturale di Ravenna e della Romagna di documentato valore storico-testimoniale».

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