Capanni balneari. «Il ghetto a Casalborsetti è inaccettabile». Ci sarà un incontro in Comune

Un modulo in cui ognuno deve indicare la data entro cui smonterà il suo capanno. Così si è conclusa l’assemblea dell’Associazione Capannisti Balneari del 26 febbraio alla Sala Buzzi di via Berlinguer a Ravenna. E se allo scadere dei 90 giorni – cioè il 30 aprile – ci sarà anche solo uno dei capanni balneari in piedi, il presidente Giorgio De Lorenzi si dimetterà e come lui anche il resto del consiglio.

Il 9 febbraio scorso infatti la giunta ha comunicato all’Associazione – che conta in tutto 94 soci, di cui 74 capannisti e 20 sostenitori – un invito affinché i proprietari rimuovano i capanni non in regola con la concessione. Il tutto entro 90 giorni.

Il paradosso è che, nonostante i soci continuino a pagare al Comune il canone di occupazione, le concessioni non sono state rinnovate dai primi anni 2000. Senza un chiaro motivo e senza una comunicazione. Sono dunque 74 i capanni che dovranno essere rimossi da Casalborsetti a Lido di Classe, alcuni dei quali già smontati. Già sabato 24 febbraio i capannisti hanno manifestato sulla spiaggia di Marina di Ravenna, ma la soluzione non sembra essere vicina.

Ricorso al Tar? Non finché i capanni sono sull’arenile

Fino al 26 febbraio i capannisti sono rimasti inascoltati e le proposte del Comune sono sembrate inadeguate a gestire la precaria situazione di questi manufatti di importante valore storico culturale. Al momento, dunque, l’unica opzione percorribile secondo l’associazione è quella di rimuovere i capanni e poi eventualmente procedere per vie legali. In modo da tutelare i singoli soci e l’associazione stessa.

«Io come presidente – si espone Giorgio De Lorenzi all’inizio della riunione – sarò contrario a qualsiasi azione legale, che sia un ricorso al Tar o quant’altro, fintato che ci sarà anche solo un capanno sull’arenile. Questo perché come associazione non siamo in grado di stimare le sanzioni che potranno pervenirci, né sappiamo se arriveranno all’associazione o ai singoli. Se il capanno di un singolo sarà ancora nell’arenile, finirà infatti nel penale e il proprietario potrebbe incorrere in una multa sopra i diecimila euro. Io sono per fidarmi dell’amministrazione e aspettare il famoso bando».

La lettera del sindaco de Pascale ai capannisti

Sono un centinaio le persone presenti in una Sala Buzzi gremita. Tra i soci c’è chi non accetta di smontare il capanno e propone un’azione legale congiunta, come ad esempio la combattiva famiglia Menghi, proprietaria del noto capanno con disegnato Paperino vicino al Bagno Ruvido. C’è anche chi se ne va gridando di ribellarsi – Francesca Santarella di Italia Viva – e chi, come il consigliere di Lista Per Ravenna, Alvaro Ancisi, suggerisce di prendere tempo: «L’ordinanza non doveva essere inviata all’associazione, ma ai soci. È un errore, usatelo».

L’unico faro concreto a cui aggrapparsi, però, è un nuovo incontro con l’Amministrazione. Poche ore prima dell’Assemblea, infatti, è arrivata una lettera da parte del Comune, a firma del sindaco Michele de Pascale e dell’assessore al Turismo Giacomo Costantini, entrambi invitati ma assenti all’incontro.

Tuttavia, oltre a dirsi disponibile per un nuovo incontro, la Giunta ricorda che «ci sono alcuni capanni collocati illegittimamente in zone del demanio in cui vi è un divieto per vincoli ambientali». «Non è facoltà del Comune derogare in tal senso – continua -. Il demanio è un ambito statale in cui il Comune opera secondo le leggi dello Stato».

I capanni devono essere tolti per vincoli ambientali sulle aree protette del Parco del Delta Del Po

Alcuni capanni – circa una decina – si trovano infatti nella cosiddetta ‘zona B’ del Parco del Delta del Po, zona di riserva naturale su cui sarebbe in vigore anche il divieto di calpestio. Si tratta principalmente dei capanni di fronte alla ex colonia di Marina di Ravenna, dopo il Bagno Ruvido.

Il paradosso – come ricorda una capannista – è che «quei capanni sono lì dal 1964 ed è stata la Capitaneria di Porto a farceli collocare in quel punto; prima eravamo a Punta Marina. I capanni sono in quella zona da prima dell’istituzione del Parco. Per di più, quando sono stati collocati, non c’erano le dune. Sono stati proprio i capanni, creando un riparo, a fare sì che si creasse quell’ambiente naturalistico».

Tutti gli altri capanni si trovano principalmente nella zona individuata come ‘Rete Natura 2000’, su cui non ci sono particolari vincoli. Il 13 gennaio i capannisti hanno incontrato il direttore del Parco del Delta del Po: per mantenere i capanni nelle aree ‘Rete Natura 2000’ e nella ‘zona B’ serve il parere favorevole del Parco, che attesti che le strutture non ostacolano gli animali. Secondo i membri del consiglio, il Parco sarebbe disponibile a fornire questo parere positivo, ma dovrebbe essere il Comune a richiederlo.

La proposta del Comune: bando pubblico e ‘ghetto’ a Casalborsetti

Richiesta che il Comune non sembra intenzionato a fare. La proposta della Giunta, infatti, è quella di creare un bando pubblico per le associazioni che si propongano di gestire i capanni con un patto per la pulizia e salvaguardia dell’arenile e delle dune. Fin qui tutto bene, ma la soluzione dell’Amministrazione prevede anche di trasferire tutti i capanni in zone non protette a Casalborsetti, nei pressi del parcheggio.

Secondo il presidente De Lorenzi e gli altri membri del consiglio si tratta di un vero e proprio «ghetto», una proposta inaccettabile. Per questo, a fine gennaio, il Comune avrebbe dovuto inviare all’associazione una nuova cartina con ulteriori proposte di posizionamento. Ad oggi, però, ancora non è arrivato nulla, se non l’invito a rimuovere i capanni. L’unica cosa certa, dunque, è che i capanni andranno smontati entro il 30 aprile e che, se i capanni nella ‘zona B’ verranno rimossi, non sarà in alcun modo possibile riposizionarli nello stesso punto.

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