Antonella Valletta sulla violenza alle donne: «Da ‘sopravvissuta’ do una mano a chi è in difficoltà»

Nel 2020 ha pubblicato il libro “Ho smesso di tremare”, diventato anche uno spettacolo. Con l'associazione Crisalide organizza corsi di autodifesa femminile e offre supporto alle persone. «Il 25 novembre è tutti giorni, non lasciamo spegnere il riflettore».

antonella valletta

Antonella Valletta è pugliese, ma da molti anni vive a Ravenna. Ha fondato ed è presidentessa dell’associazione Crisalide, impegnata nella sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne. Nel 2020 ha pubblicato il libro “Ho smesso di tremare” (Giraldi Editore), che raccoglie la sua esperienza di persona che ha subito violenza sessuale, psicologica e religiosa. Valletta ha “sentito l’odore della morte”, ma è riuscita a uscirne e vuole utilizzare la sua esperienza per dare supporto alle altre donne e in generale alle persone che subiscono violenza. Il libro, che continua a presentare in giro per l’Italia, è diventato anche uno spettacolo teatrale. Oggi Valletta continua nel suo impegno contro la violenza sulle donne lavorando su più fronti, anche attraverso corsi di autodifesa.

Valletta, si sta avvicinando il 25 novembre, la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, avrà un’agenda molto fitta. Quali sono i suoi prossimi appuntamenti?

«Martedì andrò in Sardegna a presentare il mio libro in due serate, 21 e 22 novembre. Poi il 25 invece sarò al Museo della Marineria a Cesenatico – con l’associazione, abbiamo una collaborazione aperta da due anni con il Comune – dove porterò la mia storia attraverso la rappresentazione teatrale tratta dal libro».

antonella valletta

Mi parli del suo libro

«Nel 2020 ho pubblicato “Ho smesso di tremare“, che va a testimoniare quello che mi è accaduto tantissimi anni fa. Ho dovuto scriverla prima per me stessa, per guarire e buttare fuori quello che mi portavo dentro da tanti anni, ma è anche un libro di rinascita. Da sopravvissuta, mi sento anche fortunata di essere viva e poterlo raccontare, sperando anche di essere uno spunto per qualche altra persona che ha subito o sta subendo violenza. Quindi si parla anche di rinascita e di come uscire da certe situazioni».

Dal libro poi è stato tratto uno spettacolo teatrale, qual è il riscontro nelle persone?

«Abbiamo creato lo spettacolo nel 2021, per poi portarlo in giro insieme alle presentazioni. Per avere un riscontro più diretto con le persone, nel tempo ci siamo inventati anche presentazioni più piccole. L’obiettivo è sensibilizzare le scuole, le famiglie, i giovani, la società in generale. I commenti sono stati belli da ascoltare, c’è stato un riscontro positivo. Un uomo ha detto che “è un pugno nello stomaco ma allo stesso tempo una carezza sul viso, perché si parla di speranza”».

Lei inoltre è la presidente dell’associazione Crisalide. Che cosa fate? Quali sono gli obiettivi?

«L’ho voluta fortemente perché, in passato, nessuno mi ha potuto ascoltare. Da sopravvissuta, sono passata da vittima a carnefice perché nessuno mi ha voluta credere in quel momento. Quindi so quanto sia importante dare voce e ascolto ai sopravvissuti, perché la persona si chiude, non riesce più a dialogare, si ammala e potrebbe arrivare perfino al suicidio. Credo che ascoltare e guardare negli occhi queste persone senza giudizio permetta loro di sentirsi più libere e di non vergognarsi. Una missione di Crisalide è questa e poi allo stesso tempo vogliamo creare eventi e avvicinare sempre più persone alla causa».

È anche un centro di ascolto?

«Ancora non abbiamo un vero e proprio centro di ascolto, ma ci stiamo lavorando. Però offriamo supporto a chi vuole parlare con noi e collaboriamo con professionisti come psicologi e avvocati, a seconda dei casi. Poi collaboriamo con altre associazioni e dove non arriviamo noi, possono arrivare loro. Quando una persona si avvicina a un’associazione è per affrontare un cambiamento e noi siamo pronte a offrire supporto. Abbiamo avuto un buon riscontro non solo da parte di donne ma anche di uomini. Anche gli uomini possono subire violenza».

Inoltre, organizzate dei corsi di autodifesa per donne, “Donna In-difesa”, che stanno avendo molte adesioni. Come avete iniziato?

«Il primo corso sperimentale si è svolto a Cesenatico, dove sta continuando, poi siamo arrivati a Ravenna e tantissime donne hanno aderito. Questo fa capire che le donne hanno paura e sono stufe. Se hanno risposto così in tante, significa che il problema nella società c’è. Durante il corso ci sono state delle richieste di aiuto. La cosa ci rende in un certo senso orgogliosi, perché significa che stiamo creando delle opportunità di aiuto, non solo di formazione. Le donne tra di loro stanno facendo amicizia e chi non ha mai avuto la forza perché si sentiva solo, in queste occasioni ci si rende conto che non si è soli».

antonella valletta

Quante persone avete a Ravenna?

«Al corso ci sono 92 donne, le richieste erano di più ma non potevamo essere troppe, altrimenti diventava difficile seguire. Ora stiamo lavorando per fare subito una nuova edizione».

Secondo lei un corso di questo tipo proposto 5 o 10 anni fa, avrebbe avuto lo stesso riscontro?

«Sicuramente i tempi sono cambiati. Da un lato, le donne dieci anni fa erano meno invogliate, magari si sentivano più controllate o minacciate dai compagni. Dall’altro, oggi c’è una paura maggiore, anche con le notizie che si sentono sui giornali. I tempi sono più cattivi e le donne iniziano a essere stufe».

Progetti futuri?

«Non gliene posso parlare, ma ne abbiamo molti in via di sviluppo. Certamente continueremo a seminare prevenzione e lottare contro la violenza, rivolgendoci anche di più ai giovani».

Le piacerebbe portarlo a scuola?

«Se le porta ci viene aperta, certamente. Noi ci proviamo e vedremo quale sarà la risposta. Sì, sono anche quelli i nostri progetti, arrivare direttamente ai giovani. Ovviamente sono situazioni da valutare e che richiedono tempo».

Lei dunque è riuscita a trasformare la sua esperienza di violenza in una forma di aiuto per le altre donne. È importante parlare in prima persona per sensibilizzare e aiutare?

«Io sono del parere che qualsiasi cosa se non la si prova sulla propria pelle, non si può spiegare. Portando la mia esperienza, io credo che tanti dettagli vadano spiegati e anche bene. La prima cosa che si pensa è che la donna sia sempre consenziente, ma non è così. Io ad esempio ho sentito l’odore della morte, ero convinta di morire, poi il mio violentatore ha deciso di lasciarmi viva. Anche per questo voglio dare voce alle sopravvissute e ai sopravvissuti, perché solo loro possono spiegare quel brivido, quella sensazione».

Quanto è importante riuscire a parlare per una persona che ha subito violenza?

«Io personalmente e il mio staff di Crisalide cerchiamo di spiegare alle donne che bisogna denunciare già al primo schiaffo. Diciamo di non voler fare le crocerossine o credere che prima o poi l’aggressore cambierà; no, il primo schiaffo è già un segnale. Se non c’è la possibilità di denunciare, è importante cercare un altro tipo di aiuto e va fatto velocemente. Si sa, prima arriva uno schiaffo, poi una parola, cioè violenza verbale, poi quella psicologica, che è la più fatale. Quando arriva quella, sei ‘fottuto’. Prima si reagisce e prima si capisce che non si è soli, ci sono tantissime associazioni pronte ad ascoltarci, le forze dell’ordine. È importante tenere i riflettori sempre accessi su questo tema e fare in modo che la candela non si spenga, se vogliamo ottenere risultati più duraturi nel futuro e aiutare altre persone. Il 25 novembre purtroppo è tutti i giorni e bisogna parlarne tutti i giorni».

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