10 motivi per leggere “Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

Baldini torna in libreria con un romanzo dedicato alla famiglia Magnani, 224 pagine ricche di misteri e colpi di scena fra le paludi romagnole

La paludosa Romagna fa da sfondo all’ultimo racconto del re del gotico rurale Eraldo Baldini con la storia della grande famiglia Magnani, nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. “Le lunghe ombre fredde” (Rizzoli, 2024) è un opera dal gusto dolce amaro che ci accompagna con le sue 224 pagine in un viaggio ricco di misteri e non solo. Ecco 10 motivi per cui vale la pena leggere questo libro.

La rinascita d’Italia

Il testo è ambientato nell’Italia post bellica. La liberazione dei campi di concentramento, il rientro a casa e la nascita a nuova vita dell’Italia e dei suoi abitanti. Un tempo presente che oscilla ancora fra passato e futuro, fra ricordi dolorosi e ricerca di un riscatto, ma qualcosa di oscuro stende ancora i suoi grandi artigli nella vita dei Magnani.

La palude della Romagna

La palude è lo scenario perfetto per una storia carica di mistero come questa. Ambientazioni di fango e acqua, con animali tipici delle paludi romagnole e una vegetazione ricca e selvaggia. Un luogo che esprime libertà e completo contatto della natura. Fra il fango e gli acquitrini spicca la dimora di famiglia detta anche “Forte Apache”:

Fort Apache non era un posto comodo in cui vivere. Una parte della casa stava sempre in ombra, per come era esposta al muoversi studiatamente sghembo degli astri e perché era vicina a un argine così fitto di alberi e di canne che pareva la schiena di un porcospino gigante: una enorme tenda verde che combatteva contro il sole e la luce un’eterna battaglia, vincendola.
I muri, da quel lato, erano fradici e corrosi come la pelle di un lebbroso. Si ammalavano di chiazze scure e bagnate al tatto, impregnate com’erano non solo d’acqua ma dell’umore stesso della palude, quella linfa vitale e melmosa che dava lo stesso odore pesante a tutto: alla terra, all’aria, alle foglie, alle cose, persino alle persone

“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

Il duplice volto dell’isolamento

Forte risalta – tra le righe di questo romanzo – il conflitto interno nascosto nella parola isolamento. A tratti vissuto come un’imposizione, un allontanamento della città non voluto e doloroso per i componenti della famiglia costretti a subirlo, in altri momenti vissuto come un ritiro spirituale, uno spazio silenzioso in cui cercare se stessi e trovare pace da pensieri opprimenti e momenti dolorosi. Un sentimento che varia con la crescita dei singoli personaggi, con il mutamento del loro essere e con le nuove e molteplici domande che riempiono il loro cuore.

L’elemento emotivo

Leggendo questo testo la prima cosa che salta all’occhio è il forte grado di sensibilità celato nella storia. Non è solo un racconto ricco di mistero, ma anche di dolcezza, di affetto e di sentimenti profondi. Baldini sa far sentire il lettore coinvolto emotivamente, come se lo invitasse ad immedesimarsi completamente nella storia.

Elga, in grado di darti e dirti tutto senza bisogno di parole. Bastavano l’espressione del suo viso e quell’aura di cui era circondata e che ti circondava a darti un conforto caldo e sicuro come quello del liquido amniotico. Lei era capace di essere sempre, senza che te ne accorgessi, là dove serviva, evanescente e allo stesso tempo roccia su cui potevi erigere un castello. Apparentemente anonima ma rara e preziosa, come lo è un secolo senza guerre. Cenerentola e principessa allo stesso tempo. Volutamente serva e balia, quando avrebbe potuto essere il sogno di ogni re.
Nessuno, credo, mi manca come lei, perché – mea culpa – me la sono fatta mancare anche quando c’era, incapace di accorgermi appieno della sua importanza, di capire che non esisteva un attimo della mia vita su cui non vegliasse.

“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

La famiglia

Una numerosa e articolata famiglia quella di Ulrico, in parte italiana e in parte tedesca, cresciuta bilingue e forse per questo non completamente integrata nel piccolo paese di provincia. Oltre ai due genitori scampati all’inferno in terra e alla dolce sorella maggiore Elga, c’era lo zio Livio: simpatico, cresciuto fra i libri, dalla parlantina facile e dai mille racconti fantasiosi. Hans, il fratello maggiore, indipendente, pratico e amante dei motori. La sorella minore Greta, schietta e capricciosa e che non la smetteva mai di parlare, al contrario del piccolo Walter detto Stilli, da der Stille “Il silenzioso”.

Walter non solo non parlava e non aveva ancora pronunciato una sillaba o un balbettio, ma, a differenza degli altri bambini di quell’età, si esimeva anche dal comunicare problemi e bisogni con lacrime e strilli. Se ne stava sempre zitto e fermo, come se fosse totalmente in pace col mondo o avesse scelto di manifestare eventuali disagi con la resa. Per questo avevamo già cominciato a chiamarlo Stilli. Sorrideva poco e di rado. Chissà se si sentiva confuso davanti a una realtà ancora tutta da decifrare e da conoscere, o se per qualche prodigio aveva già in sé la saggezza di un vecchio ormai distaccato dalle cose.

“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

Due linee temporali

A mantenere viva l’attenzione del lettore nel testo sono le due linee temporali in cui è diviso. Il racconto del piccolo Ulrico, detto Kleiner raccontato dalla stessa voce del giovane protagonista e i flashback del passato descritti da un narratore terzo che raccontano la storia di Fausto e Birgit, dalla liberazione di Mauthausen al rientro in Italia per dare vita alla loro nuova famiglia. Salti temporali posizionati sempre al punto e al momento giusto, come solo un mago della suspence è capace di fare, che sollecitano curiosità e attenzione nel lettore.

I campi di concentramento

Nella storia della famiglia ogni tanto fanno capolino dei ricordi del passato e di ciò che Fausto e Birgit avevano visto e affrontato nei campi di concentramento nazisti. Momenti dolorosi, spesso rievocati da una semplice parola o immagine, in grado di rabbuiare i genitori. L’autore è riuscito a narrare le terribili crudeltà del tempo in modo dosato e attento, senza allarmare quello il lettore più sensibile, ma allo stesso tempo invitandolo a conoscere e a non dimenticare gli orrori della guerra.

L’amore

L’amore è forte in questo libro: dal romantico al fraterno, dall’animale al familiare, è un profondo e importante fil rouge della storia. Ma l’amore vero, travolgente e unico si scorge nel legame fra Birgit e Fausto: un colpo di fulmine che si è nutrito con la voglia di ripartire e allo stesso tempo con la tragedia subita e condivisa.

Mi sono comunque chiesto più volte se l’esperienza che accomunava mio padre e mia madre fosse ciò che li aveva non solo fatti incontrare, ma tenuti uniti negli anni. Una risposta non ce l’ho, anche se ho spesso pensato che il loro legame derivasse soprattutto da quello e si basasse sul destino di avere condiviso la stessa tragedia, di esserle sopravvissuti e di avere provato a lasciarsela alle spalle dandosi forza l’uno con l’altra, in un percorso accidentato e mai concluso

“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

I ricordi

Tanti sono i pensieri e le riflessioni del piccolo Ulrico all’interno del testo. Un bambino sveglio. Fra le tante, una particolare considerazione colpisce, soprattutto a fronte delle vicende negative che negli ultimi anni hanno coinvolto la società, e cioè la tendenza dell’uomo a dimenticare le cose negative:

E l’infanzia è un incanto già di suo, anche se mentre la si vive si rischia di non accorgersene. Oppure, e non è escluso, è il contrario: ci appare un’età dell’oro solo quando siamo adulti e ci siamo in parte dimenticati di quegli anni. Può darsi che la mente e la memoria dell’essere umano siano fatte così: conservano le parti belle ed eliminano le brutte. Fanno una cernita per scaricare zavorra.

“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini

Questo profondo pensiero espresso da Baldini attraverso la voce di Ulrico ha ridestato tutti quei ricordi, ormai assopiti e vissuti come quasi lontani del periodo della pandemia; una simile riflessione la si ritrova nel pensiero di un altro autore romagnolo, Cristiano Cavina, che nel video “Nadèl de ’23” sull’alluvione parla dei “mali scordoni”, la capacità dell’uomo di ricordare ma in modo attenuato, andando oltre.

Il libro perfetto per un weekend di lettura

Quando inizi a leggere questo libro non riesci più a smettere, ogni capitolo è una spinta a leggere il successivo in un flusso di lettura difficile da interrompere. Un perfetto compagno per un weekend di riposo o per i pomeriggi al parco. La storia vi coinvolgerà così tanto che non riuscirete a staccarvi fino alla parola fine.

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