Scandalo mascherine. «L’Ausl Romagna va subito commissariata»

In merito allo scandalo mascherine, la Pigna di Ravenna chiede il commissariamento immediato dell’Ausl Romagna e la nomina di un commissario straordinario, e di far luce sui rapporti tra l’ex parlamentare leghista Gianluca Pini e l’allora procuratore capo della Repubblica di Ravenna, Alessandro Mancini, contro il quale preannuncia inoltre un esposto al Consiglio superiore della magistratura al Ministro. Questo, in sintesi, quanto espresso dalla lista civica nel corso della conferenza stampa di questa mattina in Municipio sull’inchiesta che sta tenendo banco da diversi giorni su tutti gli organi di informazione locali e nazionali.

Nei prossimi giorni, un esposto contro de Pascale e Bonaccini

In apertura, la capogruppo in consiglio comunale Veronica Verlicchi, ci ha tenuto a rivendicare a sé e alla Pigna il merito di aver denunciato, per prima e da sola, la anomala operazione di fornitura delle mascherine al centro – oggi – di gravi accuse per vari reati penali. «Alle nostre denunce – ricorda Verlicchi –, sostenute anche in pubblici dibattiti, sia la dirigenza dell’Ausl che il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, che è anche presidente della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, che il presidente della Regione Stefano Bonaccini, a cui era stata indirizzata una precisa segnalazione di irregolarità, hanno preferito tacere e voltare la testa dall’altra parte. Per questo motivo, nei prossimi giorni, presenteremo un esposto circostanziato contro di loro alla Procura della Repubblica di Forlì. Era loro compito vigilare e intervenire per verificare l’esistenza di eventuali irregolarità…».

I dubbi sulla Codice Srl, la società di Gianluca Pini

Di seguito la Pigna ha riassunto i dubbi, già a suo tempo sollevati, sulla Codice Srl, la società con cui l’ex parlamentare Gianluca Pini si è aggiudicato la fornitura di mascherine. Il primo riguarda l’accordo economico, doppio rispetto al valore di mercato. Il secondo, il tipo di fornitore: la Codice Srl era un’azienda attiva nella ristorazione che non aveva mai trattato mascherine. Il terzo, il capitale sociale, di appena una decina di migliaia di euro, a fronte di una commissione di mascherine per ben 6 milioni di euro (una fornitura, dunque, pari a 630 volte il suo capitale sociale e pari a 35 volte il suo fatturato). Il quarto, un contratto sostanzialmente senza garanzie per l’Ausl Romagna. Il quinto, le tempistiche: il lockdown il 9 marzo, la firma del contratto il 16 marzo, ma la determina dirigenziale per l’accordo siglata solo due giorni dopo, in un periodo in cui gli abituali fornitori di mascherine non riuscivano a reperire il prodotto sul mercato. In ultimo, le mascherine restituite a un certo per aggiungere pittogrammi in corrispondenza delle nuove norme sull’Iva, e le perplessità sulle certificazioni che si sono poi rivelate false.

«Gianluca Pini ha lucrato sulla pandemia e a disprezzo della salute pubblica. Condividiamo quanto espresso dal giudice per le indagini preliminari di Forlì nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Pini», conclude la Pigna. Una vicenda intricata su cui le acque si manterranno a lungo molto agitate.

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