Si riapre il dibattito sulle due torri Hamon di Ravenna, situate nell’ex Sarom. Com’era inevitabile dopo l’annuncio, nel pomeriggio del 27 marzo, da parte del sindaco Michele De Pascale sulla loro prossima demolizione. Eni, infatti, ha presentato al Comune di Ravenna la Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila). I motivi della demolizione delle torri di raffreddamento, alte 55 metri, sono la mancanza di sicurezza e la creazione di un impianto fotovoltaico dell’Autorità Portuale nel sito in cui sorgono. Francesca Santarella, presidente della sezione locale di Italia Nostra, che da anni è sensibile ai temi dei manufatti di architettura industriale, non ci sta.
«Chiederemo i documenti prodotti – dice Santarella – e soprattutto che le torri vengano tutelate, perché fanno parte del dello skyline di Ravenna, del passato industriale e sono oggettivamente dei manufatti. Da anni sono un oggetto prediletto per fotografi, studiosi e appassionati. Poi di fatto non hanno mai inquinato, perché qui si recuperavano acque bollenti».
Basti pensare che le torri sono protagoniste di “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni, capolavoro che portò sullo schermo l’industria ravennate. Ma, più recentemente, appaiono nel videoclip della canzone “L’Alba” di Jovanotti.
«Già in passato era stato detto che sarebbero state tutelate – continua -, o comunque era stato chiesto. Oggi non si capisce perché un progetto, che è di fatto di tipo abitativo o industriale dell’area, non possa comprenderla. Si tratta solo della posa di un campo fotovoltaico, non capisco perché non se ne possa conservare almeno una delle due».
A poche ore dall’annuncio, sui social network c’è già chi le ricorda con nostalgia e chi fa il paragone con Marghera, dove le torri Hamon sono state conservate e riqualificate. Già tra il 2014 e il 2015, quando Ravenna si era candidata a ‘Capitale della Cultura’ per il 2019, Italia Nostra aveva lanciato un presidio per le torri e per il ‘Sigarone’, di cui era stato paventato un possibile abbattimento.
«Si parlava di riqualificazione della zona della Darsena di città – spiega Santarella – e allora abbiamo indetto una manifestazione nell’area delle torri Hamon, poiché si parlava di demolirle. Sono venute tantissime persone e siamo entrati nelle torri. Dall’interno sono mozzafiato e l’iniziativa è stata un successo. Purtroppo oggi la logica è quella di buttare giù e rifare, seguendo il mercato e senza curarsi di tutto ciò che è preesistente e fa parte del nostro paesaggio».
Simile alla questione delle torri Hamon è quella dei capanni balneari, che dovevano essere abbattuti entro il 30 aprile, ma su cui il Comune ad oggi ha fatto parzialmente marcia indietro, rimandando a dopo l’estate. Purtroppo molti capannisti avevano già provveduto a smontare il proprio manufatto. I capanni, così come le torri, sono un simbolo della città, del suo passato, sono parte del paesaggio e andrebbero tutelate. «Speriamo che Ravenna non si pieghi a chi è qui unicamente per fare i propri affari, senza curarsi del nostro patrimonio storico culturale più recente», conclude Santarella.
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