Quando la Geo Barents si affaccia al largo del Terminal Crociere di Porto Corsini, il cielo è pieno di cormorani, piove e sono le prime luci dell’alba. Dalla nave sono 134 i migranti a sbarcare: il primo ha un’infezione a una gamba e gli viene predisposta una sedia a rotelle. Ciò che colpisce di più è la storia di una famiglia siriana, con tre bambini, che ha tentato per 6 volte la traversata: ha subito cinque respingimenti e un naufragio. Si tratta dell’ottavo sbarco migranti a Ravenna.
Come di consueto, i medici dell’Usmaf, gli infermieri del 118 e i volontari della Croce Rossa salgono a bordo della nave per i controlli igienico-sanitari. Le visite più approfondite e gli adempimenti di polizia avvengono al Circolo Canottieri della Standiana, dove i migranti sono accompagnati sui pulmini e pullman della Croce Rossa. A inceppare leggermente le operazioni è proprio il pullman che deve trasportarli, arrivato sulla banchina all’ultimo secondo.
Una volta riempita con uomini e minori non accompagnati, tutti maschi, la prima navetta parte per la Standiana. Si deve attendere il suo ritorno per proseguire lo sbarco. In un momento di distensione, scende dalla nave qualche membro del personale di Medici Senza Frontiere. Dentro, spiegano, il personale della Ong è composto da 20 persone, accompagnate da un equipaggio di 16, più tre giornalisti.
«Tra le persone a bordo c’è una storia in particolare che colpisce – racconta Fulvia Conte, responsabile di ricerca e soccorso della Geo Barents -. Si tratta di una famiglia siriana, composta da genitori con tre bambini abbastanza piccoli. Sono scappati prima dalla Siria, poi dal Libano a bordo di un barchino verso la Grecia: sono stati respinti in acque internazionali da una milizia libica, che li ha riportati in Libia, nonostante non fossero partiti da lì».
«In Libia – continua Conte – hanno subito violenze, torture e abusi: il padre ha quasi perso un occhio per le violenze, ricevute anche di fronte alla moglie e ai figli. Hanno provato a scappare altre cinque volte e sono stati respinti. Una di queste cinque volte sono stati vittime di un naufragio. Il padre ha raccontato che non riusciva a trovare i bambini in mare e il terzo lo ha ritrovato dopo tre giorni; per fortuna era stato soccorso da altri. Finalmente, dopo altri mesi nei centri di detenzione, presi dalle milizie, rapiti e spostati in altri centri, sono riusciti a fuggire».
I 134 migranti sono stati recuperati il 5 febbraio nel Mediterraneo Centrale, in acque internazionali a ovest di Tripoli, a 30/40 miglia dalla costa. Erano a bordo di un’imbarcazione a due livelli in legno sovraffollata. La Geo Barents, nave di Medici Senza Frontiere, è riuscita a individuarli grazie alla segnalazione dell’Ong Alarm Phone.
«Quando li abbiamo soccorsi – racconta Fulvia Conte – la prua del barchino si stava aprendo. Uno di loro, un neurologo dalla Siria, se n’era accorto. Stava iniziando a entrare acqua. Per non generare il panico, però, ha deciso di tenerlo per sé e ha cercato di tappare il più possibile. Per fortuna siamo riusciti ad arrivare in tempo».
I migranti della Geo Barents sono 87 uomini, 13 donne e 34 minori di cui 15 non accompagnati. Tra loro ci sono 12 nuclei familiari provenienti dalla Siria, con anche due bambini di 2 anni. Gli altri minori hanno un’età compresa tra i 4 e i 17 anni. La persona più anziana ha oltre settant’anni.
La maggior parte di loro proviene dalla Siria (90), una buona parte anche dall’Egitto (26), poi Pakistan (10), Etiopia (5), Bangladesh (1), Eritrea (1), Palestina (1).
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