Ravenna sul New York Times per il progetto ENI sulla captazione della CO2

Ravenna approda sul New York Times e lo fa grazie al nuovo progetto ENI – “Ravenna CCS” – che punta a una transizione energetica green, attraverso la captazione del CO2. Una sperimentazione locale che aveva visto la firma di collaborazione con SNAM nel 2023, un test di mercato a inizio febbraio per vedere la luce della prima fase proprio quest’anno. Se presenterà risultati positivi, potrebbe rappresentare un piccolo mattone utile, a livello internazionale, nella crescita di nuove imprese sostenibili.

Il progetto e le nuove opportunità

Il progetto Ravenna CCS consiste nella realizzazione di una infrastruttura di stoccaggio CO₂ (Carbon Capture and Storage – CCS) in cui l’anidride carbonica emessa verrà catturata all’origine, trasportata e immagazzinata nei giacimenti a gas esauriti dell’Adriatico. L’obiettivo è contribuire alla riduzione delle emissioni dei distretti industriali per renderli più sostenibili e più competitivi sul mercato, creando le condizioni per nuove opportunità di crescita economica attraverso la decarbonizzazione.

IL processo di cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO₂

Il progetto prevede che l’anidride carbonica venga catturata direttamente dai camini industriali, separata dal resto dei fumi e trasportata, tramite tubazioni interrate, alla futura stazione di pompaggio di Casal Borsetti. Attualmente la centrale riceve e tratta il gas naturale dei giacimenti offshore e verrà convertita al nuovo scopo. Da qui, la CO₂ verrà spedita in pressione verso le piattaforme offshore dove riutilizzando pozzi esistenti, verrà iniettata nei giacimenti esauriti riconvertiti a siti di stoccaggio permanente. 

Una volta raggiunti gli strati profondi del sottosuolo, a oltre 2.500 metri sotto il fondale marino, la CO₂ terminerà il suo percorso, rimanendo bloccata nella stessa trappola geologica che aveva consentito l’accumulo di gas naturale per milioni di anni. Dal punto di vista scientifico, d’altra parte, l’anidride carbonica altro non è se non la componente carbonica del metano e degli altri gas estratti negli anni passati. Dopo essere stati riconvertiti a questo nuovo utilizzo, i giacimenti non saranno più sfruttabili per alcun ciclo produttivo. Per il trasporto della CO₂, un gas inerte che non è né infiammabile né esplosivo, verranno in massima parte riutilizzate le condotte già esistenti, opportunamente modificate e rinnovate.

I numeri del progetto

Sfruttando la grande capacità dei giacimenti a gas esauriti dell’Adriatico, l’hub di Ravenna sarà uno dei siti più grandi al mondo per lo stoccaggio della CO₂ ed il principale del Mediterraneo.

Il progetto prevede una Fase iniziale, che verrà avviata nel 2024, con l’obiettivo di catturare 25mila tonnellate di CO₂  dalla centrale Eni di trattamento di gas naturale di Casalborsetti (Ravenna). Una volta catturata, la CO₂  sarà convogliata verso la piattaforma di Porto Corsini Mare Ovest e infine iniettatanell’omonimo giacimento a gas esaurito, nell’offshore ravennate.  

Nella Fase industriale, dal 2027, si prevede lo stoccaggio di 4 milioni di tonnellate di CO₂  per contribuire alla decarbonizzazione delle industrie settori “hard to abate” presenti nell’area di Ravenna e del Nord Italia.

Dal 2030 in poi, la grande capacità dei giacimenti, permetterà di incrementare la portata a 16 o più milioni di tonnellate all’anno in base alle richieste proveniente dal mercato.

Un’opportunità unica al mondo

Il progetto Ravenna CCS si propone di diventare uno dei più importanti centri al mondo per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, con una capacità totale di oltre 500 Milioni di tonnellate (Mton). I grandi volumi dei giacimenti esauriti dell’Adriatico permetteranno di aumentare progressivamente la capacità di stoccaggio: da 4 Milioni di tonnellate all’anno (Mtpa) dal 2027, data prevista per l’inizio delle operazioni, oltre 16 Mtpa dopo il 2030, permettendo di decarbonizzare un numero più ampio di attività industriali.

Una volta avviato, il progetto sarà in grado di abbattere da subito fino al 90% delle emissioni industriali di CO₂ del distretto ravennate e dell’industria italiana come, ad esempio, quelle delle centrali termoelettriche o dei settori produttivi definiti “hard to abate” e cioè quelli per cui, ad oggi, non sono disponibili tecnologie per la decarbonizzazione che siano realmente applicabili ed efficaci (cemento, siderurgia, industria chimica e petrolchimica etc.).

In tutto il mondo, si stanno sviluppando sul fronte della cattura delle emissioni, si potranno riconvertire a una nuova funzione i campi a gas ormai esauriti dell’Adriatico per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dell’Italia e dell’Europa. Nel frattempo, a prescindere da questo nuovo progetto industriale, la produzione di gas naturale terminerà completamente entro alcuni anni, come già previsto dai piani di abbandono concordati con le autorità competenti.

Il rilancio del distretto ravennate

Da Eni sottolineano come questo progetto potrebbe rappresentare una grande occasione di rilancio economico per tutte le imprese del distretto produttivo del porto. Le competenze professionali di tecnici e operatori, riconosciute e apprezzate in tutto il mondo, potranno essere recuperate e riqualificate.

La dinamicità tipica del territorio, verrà reimpiegata in un nuovo settore. Nel frattempo, la produzione di gas terminerà completamente entro alcuni anni. Solo una minima parte degli impianti verrà riutilizzata per lo stoccaggio della CO₂. Il riuso degli asset in un’ottica di economia circolare, d’altra parte, permetterà di realizzare questo grande progetto di decarbonizzazione a costi contenuti e in tempi rapidi. L’industria locale avrà a disposizione una soluzione efficace per decarbonizzare le proprie attività senza causare conseguenze sul territorio.

Ravenna CCS potrà stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro in un settore fortemente innovativo, orientato alla sostenibilità e strettamente connesso al mondo della ricerca e sviluppo. Al contempo, verranno valorizzate e riqualificate le competenze e le capacità realizzative già presenti nel Paese.

In un suo report, il Politecnico di Milano ha calcolato che una infrastruttura di CCS in grado di catturare e stoccare 16 milioni di tonnellate di CO₂ per anno, a fronte di un costo a vita intera di 38,4 miliardi di euro (costi di investimento e operativi) potrebbe generare un impatto economico di 79 miliardi di euro in termini di ricadute dirette e indirette. Lo stesso studio evidenzia come la realizzazione di questa infrastruttura di decarbonizzazione, tra fase di costruzione e fase operativa, porterebbe alla creazione di 45.000 unità lavorative.

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