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Pablo Trincia, il più famoso podcaster italiano, racconta il naufragio della Concordia a “ScrittuRa Festival” a Cotignola

Foto: Pablo TrinciaGiovedì 9 giugno ScrittuRa festival arriva al Teatro Binario di Cotignola con Pablo Trincia e Romanzo di un naufragio (Einaudi), (ore 21 ingresso gratuito).

 

Il più famoso podcaster italiano, autore di “Veleno” torna per narrare dal vivo La Costa Concordia, la più grande nave passeggeri ad aver mai fatto naufragio. Una vicenda gigantesca che racchiude centinaia di storie: storie di coraggio e di viltà, di vite spezzate e di imprevedibili nuovi inizi. Un secolo esatto dopo l’affondamento del Titanic, la punta di diamante della flotta di Costa Crociere percorre il Mediterraneo in senso antiorario. A bordo, più di quattromila persone di 64 nazionalità diverse. Ci sono coppie in viaggio di nozze, famiglie riunite per una ricorrenza, persino un gruppo di parrucchieri che deve partecipare a un reality. E oltre mille membri dell’equipaggio, molti dei quali provenienti da Paesi poveri e lontani. La sera del 13 gennaio 2012 – quella in cui la Concordia urta degli scogli vicino all’isola del Giglio, finendo sotto gli occhi del mondo intero – ha segnato le esistenze di tutti loro. Pablo Trincia racconta lo splendore del divertimento a bordo e il trauma dell’impatto, lo smarrimento e la lotta per la sopravvivenza. Conflitti e alleanze generati da una tragedia ricostruita attraverso testimonianze uniche, come quella dei sommozzatori che si sono addentrati nei vani spettrali della nave, trovando un universo sommerso di valigie, scarpe, lenzuola, corpi. Come quella degli abitanti del Giglio, che hanno visto una folla di disperati riversarsi sul loro piccolo molo e, per accoglierla, hanno aperto senza esitazione le porte delle proprie case. «La balena d’acciaio dentro la quale camminavano si stava deformando e sembrava potesse collassare da un momento all’altro. Ogni ora che passava si assestava di qualche centimetro, come per ricordare a tutti che era ancora viva. Tuttavia le operazioni non potevano fermarsi, i sommozzatori dovevano spingersi sempre più dentro e scendere sempre più a fondo. Avevano i nervi tesi, le mascelle serrate, il cuore a mille, gli occhi pronti a individuare in ogni momento una via di fuga. Più avanzavano, più sapevano che scappare da lì avrebbe richiesto minuti interminabili. Un tempo che nessuno avrebbe avuto».

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