Sabato 23 marzo, Mattia Gallamini, 22enne allenatore dei pulcini del Mezzano Calcio, è stato colpito con una testata dal padre di un suo allievo per averlo sostituito – a causa di un paio di scarpe troppo larghe che davano fastidio al bambino – mentre la madre inveiva verbalmente contro di lui. Purtroppo episodi di violenza nel mondo dello sport sono all’ordine del giorno, ma che fatti gravi come questo possano accadere a una partita di bambini tra gli 8 e gli 11 anni è sconcertante.
Negli stadi una certa esuberanza degli ultras è tutto sommato tollerata e capita che gli atteggiamenti violenti si riflettano anche nei settori giovanili, complice una nuova generazione di genitori fin troppo presente e che fa fatica a riconoscere l’autorevolezza di figure educative diverse da loro stessi.
«Quello che mi dispiace di più – racconta mister Gallamini – è aver visto il trauma negli occhi dei bambini, molti dei quali piangevano disperatamente. Ho cercato di mantenere il sorriso e la calma, ho scelto di far andare avanti la partita, cercando di imbastirla come insegnamento per tutti quelli che sono rimasti. Dando anche qualche parola di conforto».
L’allenatore fortunatamente ha riportato solo una frattura a un dito e sarebbe già pronto a tornare in campo, ma probabilmente si attenderà fino a dopo Pasqua, affinché «le acque si calmino». Nel frattempo, è scattata la denuncia alla Digos verso i due genitori e la società del Mezzano sta valutando se costituirsi parte civile.
«Purtroppo – continua Gallamini – la famiglia era già nota per aver avuto altri diverbi con la società. Hanno infatti altri figli che giocano e hanno giocato nel Mezzano. Possiamo dire che fossero molto presenti, anche a tutti gli allenamenti. Abbiamo sempre cercato di trovare un confronto con loro, ma evidentemente non è bastato. Credo che uno dei motivi per cui è scattata la violenza, sia la mia giovane età: se invece di un ragazzo di 22 anni, si fosse trovato davanti magari un omone di 50 anni, il padre ci avrebbe pensato due volte. Allo stesso tempo, abbiamo la sfortuna di avere uno dei pochi campi non recintati: quindi per loro è stato molto semplice aggredirci».
Oltre ad allenare, Mattia Gallamini insegna all’Itis Nullo Baldini di Ravenna (e studia Ingegneria Civile), perciò ha a che fare ogni giorno con le problematiche dell’educazione e con gli adolescenti, da cui – ha sottolineato – in questi giorni ha ricevuto solo parole di vicinanza e solidarietà.
«Quello che è successo – continua il mister – è un caso limite e forse sarebbe servito un intervento più pervasivo da parte dei servizi sociali o un allontanamento preventivo dal campo della famiglia in questione; ma di sicuro oggi c’è un approccio un po’ apprensivo alla genitorialità. Ad esempio, un giorno che aveva piovuto, ho fatto fare ai bimbi la scivolata nel fango. Quando avevo la loro età, era una cosa che amavo e che mi faceva divertire molto, insomma un classico per bambini. Purtroppo, al giorno d’oggi, la maggior parte dei genitori è terrorizzata all’idea che il figlio si possa ammalare e non le abbiamo più potute fare».
A sottolineare che la presenza delle famiglie negli spalti può essere motivo di ansia per giovani atleti o bambini è anche lo psicologo esperto di sport e bullismo Michele Piga.
«Molto spesso i genitori – spiega – non capiscono che specialmente le categorie più giovani delle squadre si dovrebbero approcciare allo sport come attività ludica. Senza il peso dell’ansia da prestazione e del dover competere anche con gli stessi compagni di squadra per chi viene schierato e chi non viene schierato. Dovrebbe essere un luogo di crescita e divertimento».
«Insomma – continua – molte famiglie tendono a fare un iperinvestimento nei confronti del percorso sportivo ma anche scolastico dei ragazzi, orientato quasi esclusivamente all’eccellenza. In questo modo si perde il valore di queste esperienze, come momento di crescita personale da curare e ripulire da tutta questa carica ansiogena».
Allo stesso tempo, però, lo psicologo – che lavora a contatto con alcune società sportive del Ravennate – sottolinea l’importanza di una formazione in ottica di risoluzione non violenta dei conflitti ed educativa per tutti gli allenatori sportivi. I mister sono a tutti gli effetti delle figure educative con cui bambini e adolescenti hanno un contatto continuativo.
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