La scrittrice Linda Traversi è nata a Cecina ma ormai da molti anni, dopo la sua laurea in Traduzione vive e lavora a Ravenna. Ha pubblicato il suo primo romanzo “Esco un Attimo” (LuoghInteriori, 2018) dopo essersi classificata seconda alla decima edizione del Premio Letterario Città di Castello. Ha inoltre scritto diversi racconti apparsi in alcune antologie e riviste letterarie. Oggi è fra i venti finalisti per il premio letterario “Bancarellino”, dedicato alla narrativa per ragazzi con il suo libro “La panchina delle cose difficili”.
Traversi, come è nato il suo amore per la scrittura?
«Non saprei indicare un evento preciso. Ho sempre letto tanto, poi qualche anno fa ho iniziato a scrivere e non ho più smesso. Anche se non ne siamo consapevoli, sono convinta che storie e personaggi popolino sempre il nostro immaginario. E sono profondamente grata che ci siano lettori disposti ad accogliere il mio, e a condividerlo con me».
Come si è sentita dopo aver saputo di essere fra i 20 finalisti per il premio “Bancarellino”?
«Sono felicissima! Lo ero già quando ho saputo che Edizioni EL-Einaudi Ragazzi aveva deciso di candidare al “Bancarellino” proprio il mio romanzo, dal momento che pubblicano autori tutti molto bravi. Essere addirittura fra i venti selezionati è un grande riconoscimento, per me è la conferma che sto andando nella direzione giusta».
Ci parli del suo libro “La panchina delle cose difficili”…
«È la storia di Stella, una tredicenne con una grande passione per l’arte e una malformazione alla mano che tenta sempre di nascondere, perché è convinta che la renda diversa. A scuola viene presa in giro e in famiglia non si sente compresa, è a suo agio solo quando disegna. Un giorno, nel parco condominiale, compare una panchina che una targa identifica come la ‘panchina delle cose difficili’. Stella la prova, è comoda. Ci torna più volte, e accanto a lei cominciano a sedersi alcuni vicini, ognuno con le proprie particolarità. Mentre le loro storie si intrecciano, Stella capirà cos’è l’amicizia, e scoprirà di avere una voce che merita di essere ascoltata».
Come è maturata la scelta di scrivere un libro per ragazzi?
«In realtà non l’ho scelto, è stata la storia che ho sentito di dover raccontare. E credo che anche gli adulti possano connettersi al percorso della protagonista, perché è capitato a tutti di sentirsi soli, diversi e sbagliati. Per questo sarebbe bello se in ogni parco ci fosse una ‘panchina delle cose difficili’, cioè uno spazio in cui spogliarsi dei pregiudizi verso gli altri e verso se stessi: è un grande atto di coraggio mostrarsi vulnerabili».
Questo è il suo secondo libro dopo “Esco un attimo”. Da cosa prende ispirazione per i suoi testi?
«Da quello che ci succede ogni giorno, dettagli piccoli e meravigliosi, grandi movimenti sociali che si riflettono nella nostra vita. Siamo così complessi che le possibilità sono infinite».
Lei è anche arrivata seconda alla decima edizione del premio letterario Città di Castello, è felice del suo percorso da scrittrice?
«Sì. Soprattutto perché mi sono riconciliata con la ragazzina in difficoltà che ero quando, crescendo, avevo in testa due sistemi linguistici in conflitto essendo mia madre americana. Adesso che scrivo in entrambe le lingue ho scoperto che ognuna ha una sua identità ben precisa. Ho ancora tanta, tantissima strada da fare, però non vedo l’ora di lavorarci a queste storie che mi aspettano. Mi sento davvero fortunata».
Che cosa consiglierebbe alle giovani menti che si approcciano al mondo della scrittura?
«Di leggere tantissimo, e di essere onesti nella scrittura. Credo che la magia di un testo nasca quando si riesce a essere sinceri con se stessi pur mantenendo la propria visione del mondo. Alla fine è già stato scritto tutto: la tua voce invece è soltanto tua».
Ha qualche progetto nel cassetto per il futuro?
«Al momento sto lavorando a un nuovo romanzo. Mi dite in bocca al lupo?»
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