Oggi è il D-Day per il Museo Nazionale di Ravenna che ha aperto al pubblico sette nuove saleal primo piano: quattro dedicate alla pittura, due alle ceramiche e una agli oggetti devozionali. Ieri, invece, si è tenuto il taglio ufficiale del nastro alla presenza delle principali autorità cittadine.Per il direttore regionale dei Musei Emilia Romagna, Giorgio Cozzolino, è stata l’occasione di ricordare quanto sia stato prezioso il lavoro in rete sul territorio, per portare a termine l’ultima fase del restyling, iniziato nel 2016. «Questo ampliamento arricchisce enormemente la città – afferma –, è stato possibile grazie a un bel lavoro in rete sul territorio. Dopo l’arrivo in gennaio, grazie al progetto del ministero della Cultura 100 opere tornano a casa, del dipinto di Nicolò Rondinelli San Giovanni Evangelista appare a galla Placidia, proveniente dalla Pinacoteca di Brera di Milano, abbiamo pensato a circondarlo di altre opere. E non escluso che, in futuro, non ne arrivino altre. In un momento così delicato, a causa della guerra in Ucraina, l’arte può aiutare a superare tante angosce. Da parte nostra continueremo a lavorare nella convinzione che impegnarsi per la collettività e la cultura abbia anche un significato internazionale di avvicinamento».La vera ‘anima’ del progetto è Emanuela Fiori, direttrice del Museo Nazionale che, con passione, ha messo a frutto tutte le sue competenze e chiamato a collaborare tutti i colleghi conosciuti in 43 anni di carriera. «Per me è una grande gioia – rivela –, ora posso andare in pensione (ndr, fra dieci mesi) più tranquilla. Quest’ultima fase del restyling è stata particolarmente complicata perché si trattava di gestire in modo razionale una mole importante di dipinti e ceramiche che altrimenti il pubblico non avrebbe potuto apprezzare. L’arrivo a Ravenna della pala di Rondinelli è stata l’occasione per fare uno sforzo in più, per non lasciarla isolata».Il primo passo è stato il contatto con la Pinacoteca nazionale di Bologna per avere dei dipinti per avviare un percorso di arte cinquecentesca. Detto e fatto, tra quelli arrivati vi è la Resurrezione di Luca Longhi. Tutti sono stati attentamente restaurati e poi collocati nelle sale adeguatamente rinnovate, anche dal punto di vista dell’illuminazione, importante per valorizzarli al meglio. «Paola Novara – ricorda ancora la direttrice Fiori – è stata infaticabile nel lavoro di ricerca sulle ceramiche. Lei ha fatto una prima cernita, in modo da suddividere poi nelle vetrine le ceramiche da collezione da quelle da scavo. Sempre Novara ha poi individuato un nucleo di maioliche appartenenti al nostro museo ma conservate al Museo delle Ceramiche di Faenza. La direttrice Claudia Casali ha accettato di restituirle. Infine, abbiamo chiesto e ottenuto dalla Sovrintendenza di Ravenna il deposito di ceramiche provenienti dallo scavo della chiesa di Santa Croce».