Non pietra, mattone o acciaio: i ponti che Ravenna Festival costruisce dal 1997 con “Le vie dell’Amicizia” sono quelli che la musica, solo linguaggio universale, può creare.
Invisibili ma non meno reali o necessari, quei ponti sono un invito al dialogo, un’offerta di conforto, un’immagine di speranza. E a volte, lungo le rotte dell’Amicizia, si scopre che un ponte già esiste: quello, per esempio, edificato dalla generosità del popolo giordano, che nell’ultimo decennio ha accolto centinaia di migliaia di profughi siriani (e non solo).
A questo straordinario spirito di fratellanza rende omaggio il concerto che Riccardo Muti dirigerà domenica 9 luglio a Jerash, nel teatro romano della “Pompei d’Oriente”. Non a caso, dopo il debutto al Pala De André di Ravenna il 7 luglio e l’appuntamento in Giordania, “Le vie dell’Amicizia” raggiungerà il Teatro Grande dell’antica Pompei, martedì 11 luglio.
Nell’anno in cui il Festival ha colto l’occasione del centenario della nascita di Calvino per intitolare la propria XXXIV edizione Le città invisibili, il fil rouge del comune passato romano e del patrimonio archeologico lega due città a lungo sepolte – l’una dalla cenere del Vesuvio, l’altra dalle sabbie del deserto – a Ravenna, il cui porto di Classe l’imperatore Augusto scelse per la flotta del Mediterraneo orientale.
Su tutti e tre i palcoscenici, la direzione di Muti unirà l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e il Coro Cremona Antiqua a musicisti giordani nel II atto da Orfeo ed Euridice di Gluck, in arie e cori dalla Norma di Bellini (fra cui “Casta diva”) e nel Canto del destino di Brahms.
In Giordania, Ravenna Festival visiterà anche il campo rifugiati di Za’atari, al confine con la Siria, per un momento musicale con artisti siriani della diaspora e musicisti residenti nel campo, a cui saranno portati in dono nuovi strumenti.
Ne La Repubblica Platone traccia il profilo della città ideale, l’utopia di uno stato guidato da principi filosofici; fondamentale nella formazione dei suoi cittadini è la musica, che educa l’anima attraverso la bellezza.
Ed è l’etica del fare musica insieme – con orchestre e cori italiani che accolgono fra le proprie fila musicisti delle città meta del viaggio – la stella polare che brilla sulle “Vie dell’Amicizia”, sin da quando giunse la chiamata da Sarajevo nel 1997 e poi di anno in anno, senza interruzioni, con indimenticabili appuntamenti in tutto il mondo, sempre con la guida di Riccardo Muti.
La XXVII edizione del progetto raggiunge la Giordania, un Paese che non solo assicura sostegno ai campi profughi entro i propri confini, al fianco dell’Agenzia ONU per i Rifugiati e delle organizzazioni internazionali, ma ha saputo accogliere e integrare nelle proprie comunità, nelle città e nei villaggi, la maggior parte delle quasi settecentomila persone arrivate dalla Siria e da altri territori feriti quali Iraq e Palestina.
«Svaniscono, cadono / i poveri uomini, […] come l’acqua da un masso / all’altro precipitato / in fondo all’ignoto»: lo Schicksalslied op. 54 che Brahms modellò sui versi di Hölderlin era stato parte del programma dell’ormai storico primo concerto dell’Amicizia a Sarajevo e sarà riproposto quest’anno.
Meditazione sul destino dell’uomo, sul rapporto con il divino e sul mistero della morte, il Canto del destino è il dubbio insolubile che si fa musica. Lo stesso dubbio che nella partitura dell’Orfeo ed Euridice di Gluck, per la quale sarà in scena anche il controtenore Filippo Mineccia, il protagonista prova a sciogliere, sfidando le Furie e varcando il confine oltre la morte per riportare a sé l’amata; lo stesso dubbio che attraversa la preghiera di Norma alla luna, la sua invocazione alla pace, nell’opera di Bellini (per la quale sono coinvolti il soprano Monica Conesa e il basso Riccardo Zanellato). Una risposta si leva forse nell’estatica luce che chiude il canto di Brahms, quasi un messaggio di redenzione e di speranza.
Il dialogo fra Italia e Giordania si compie anche nel segno del mosaico, attraverso lo scambio intessuto dal Comune di Ravenna con la città giordana di Madaba, dove si conservano straordinari mosaici bizantini e omayyadi; un’altra preziosa tessera del viaggio che parte dal Pala De André, dove l’evento è sostenuto da La Cassa di Ravenna Spa.
Il concerto a Jerash è reso possibile dal sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (che, in linea con la strategia di rafforzamento della cooperazione culturale tra Italia e Giordania, aprirà ad Amman un nuovo Istituto Italiano di Cultura) e dal supporto dell’Ambasciata d’Italia ad Amman, dal sostegno della Regione Emilia-Romagna e in collaborazione con il Jordan Italian Forum for Cooperation. L’appuntamento presso l’antica città di Pompei – organizzato grazie alla collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei e con RAI 1, che riprenderà il concerto – è interamente finanziato da Caruso, A Belmond Hotel di Ravello.
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