25 Apr 2024 09:37 - Il bello del territorio
Il 25 aprile a Ravenna: i suoi eroi e i luoghi del ricordo
Una passeggiata alla scoperta dei posti dedicati a chi, con coraggio, ha lottato ed è morto per la libertà della città.
di Roberta Lodisco
La Festa della Liberazione rappresenta un tassello fondamentale nella storia del popolo italiano. Ogni anno, nella data del 25 aprile, si festeggiano i principi di libertà ed uguaglianza e si ricordano uomini e donne che con coraggio hanno lottato contro il regime nazista e fascista durante la seconda guerra mondiale. Un simbolo di libertà e resilienza celebrato attraverso cerimonie istituzionali e appuntamenti culturali e all’aria aperta. Anche Ravenna conserva importanti storie e luoghi legati alla liberazione dal regime nazi-fascista, tra cui quelle che ricordiamo oggi.
I Vigili del fuoco trucidati in via dei Francesi
In via dei Francesi una lapide ricorda tre Vigili del fuoco del 69° Corpo di Ravenna che morirono negli ultimi mesi del conflitto. Il Corpo dei Vigili, si era ritirato in sedi decentrare e periferiche sia per evitare i bombardamenti alleati, sia per nascondere ai tedeschi automezzi e attrezzature che gli occupanti cercavano di requisire. Alcuni di questi intrepidi uomini, che collaboravano con la base partigiana del Distaccamento di Valle “Terzo Lori”, inviando alimenti, armi e notizie furono sorpresi dai tedeschi il 19 novembre del 1944.
I tre uomini arrestati furono condotti in Vicolo dei Francesi presso il comando germanico. In questa sede furono barbaramente trucidati all’alba del giorno dopo e i loro corpi ritrovati nella buca di un’esplosione solo successivamente. Due di loro erano regolarmente inquadrati come Vigili del fuoco: Otello Molducci di 33 anni ed Ezio Rambaldi di 30 anni, entrambi padri di famiglia. Il terzo uomo era Renato Melandri, un amico di Rambaldi che aveva abbandonato l’esercito dopo l’8 settembre ’43 e collaborava volontariamente coi pompieri nei momenti di necessità.
Tre operai trucidati in onore dello squadrista Tabanelli
Tre operai della Brigata Nera ravennate furono fucilati in via Belvedere all’alba del 31 luglio 1944. La loro morte è dovuta alla rappresaglia dei commilitoni di Primo Tabanelli, uno dei più odiati squadristi ravennati, ucciso da un Gap partigiano.
Per vendicare la sua morte i suoi amici, il 30 luglio verso mezzogiorno avviarono una retata. I tre operai in pausa, furono condotti in carcere; erano Francesco Zoli, birocciaio di 45 anni originario di Piangipane, Leonello Corniola di 35 anni e Ildo Melandri di 31 anni, entrambi di Lugo. Dopo una notte in carcere furono trucidati il giorno successivo all’arresto, davanti alla casa di Tabanelli. La loro colpa fu quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il monumento a Mario Pasi e Primo Sarti
Non solo resistenza locale ma fra i luoghi del ricordo a Ravenna anche un monumento per due coraggiosi uomini morti lontano da casa, ricordati con i busti in bronzo, dello scultore Angelo Biancini. I busti sono posizionati sotto il loggiato della Scuola Media Guido Novello fin dal 1964. Sono Mario Pasi in Trentino nel 1945 e il Sottotenente di Marina Primo Sarti nel Mar Tirreno nell’aprile 1944.
Mario Pasi lavorò come medico dal 1938 al 1943 all’Ospedale di S. Chiara di Trento, anche con la qualifica di Tenente colonnello degli Alpini, fra la stima dei colleghi e l’affetto dei pazienti. Ma quando assunse l’incarico di segretario della Federazione comunista del Trentino e fece uscire i primi giornali clandestini dell’antifascismo sentì di dover lasciare l’impegno medico, per passare alla lotta armata fra le montagne del Bellunese, ove fu Commissario politico di un gruppo affiliato alla Brigata Garibaldi “Nannetti”. Catturato per una delazione nel dicembre del ’44, dopo aver affrontato eroicamente mesi di orribili torture, fu impiccato dalle S.S. tedesche al Bosco dei Castagni (BL) il 10 marzo del 1945.
Primo Sarti era ufficiale di Marina che si era già guadagnato una medaglia d’Argento e una di Bronzo al V.M. durante il conflitto, raggiungendo il grado di Tenente di Vascello e di Comandante della motonave Umanitas. Dopo l’armistizio era di stanza alla base della Maddalena quando nell’aprile del 1944 fu inviato a consegnare il MAS 505 alla Marina francese in Corsica. Ma alcuni marinai, rimasti fedeli al fascismo, si ammutinarono, uccidendo il capitano ed un Sottotenente prima di scontrarsi con Primo Sarti che si batté contro di loro fino alla morte per non consegnare l’imbarcazione ai tedeschi.
L’eccidio al ponte degli Allocchi
Il 18 agosto 1944 il giovane gappista Umberto Ricci, soprannominato Napoleone, aveva atteso su quel ponte il passaggio di Leonida Bedeschi, un feroce brigatista nero soprannominato Cattiveria, Ricci in quell’occasione gli sparò e lo uccise, ma subito dopo, fu arrestato dai tedeschi che lo consegnarono alla Brigata Nera “Ettore Muti” che si vendicò brutalmente.
Il 25 agosto 1944, all’allora Ponte degli Allocchi, oggi Ponte dei Martiri, furono uccisi dodici partigiani e patrioti. Per rappresaglia furono fucilati Augusto Graziani, Domenico Di Janni, Michele Pascoli, Raniero Ranieri, Aristodemo Sangiorgi, Valsano Sirilli, Edmondo Toschi, Giordano Valicelli, Pietro Zotti, Mario Montanari, mentre furono impiccati Umberto Ricci e Natalina Vacchi. Al primo fu conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare e alla seconda la Medaglia di Bronzo.
In quel luogo, all’incrocio fra via Nullo Baldini, via Piave e via Mura di Porta Gaza, dal 1980 c’è il complesso monumentale “Ponte dei Martiri – omaggio alla Resistenza a Ravenna”, realizzato dallo scultore Giò Pomodoro.
L’annuncio della liberazione in Piazza del Popolo
La liberazione di Ravenna arrivò con il freddo inverno: il 4 dicembre del 1944 in Piazza del Popolo fu annunciata ufficialmente la liberazione con l’arrivo delle truppe britanniche e canadesi intorno alle 14.30 seguiti dai partigiani della 28a Brigata Garibaldi, con prigionieri tedeschi al seguito. Fu proprio a seguito della Liberazione che alla piazza fu attribuito il nome attuale, infatti prima di allora fu chiamata Piazza del Pubblico, del Comune o Piazza Maggiore, e al tempo del fascismo e della guerra si chiamava Piazza Vittorio Emanuele II.