Breve storia di come ho assaggiato il granchio blu. Una delle fortune di avere un gruppo di amici a prevalenza maschile, del tipo “uomini di una volta”, è la certezza di essere invitata a pranzo o a cena e di non dover mai alzare un dito. Nessuno può toglier loro il piacere di grigliare, friggere o pescare e nessuno può togliere a me il piacere di mangiare senza aver contribuito ad alcunché.
Per questo motivo, quando leggo il messaggio (ndr, riportato sopra), non esito nemmeno un secondo ad accettare l’invito. Già nella mia testa si figurano omini nudi fritti, sardoncini e pesce alla griglia.
Dopo essermi informata sull’orario del pranzo — alle 13.15 — mi offro di arrivare prima per “dare una mano” e mi viene detto che in realtà a quell’ora si inizierà semplicemente a cucinare. Decido, nel frattempo, di portare una bottiglia di prosecco e, per contrastare la fame, che sale ben prima delle 13.15, mangio un pezzo di pecorino stagionato. Attendo che si faccia l’ora giusta e mi avvio in bicicletta verso casa del mio amico.
Il mio amico, di nome Davide, è uno di quei pescatori amatoriali che la domenica decidono di svegliarsi alle 5 di mattina e andare al “capanno” per vedere cosa riescono a “tirar su”. È un atto di cui intuisco la bellezza e l’antico fascino, ma che non potrei mai praticare. Il capanno dove Davide va a pescare si trova alla Foce del Lamone, tra Marina Romea e Casalborsetti. Lui ha preso l’abitudine di pescare accompagnando il nonno fin da quando era bambino. Ora invece è più suo nonno Oscar, di 87 anni, ad accompagnare lui.
Davide e nonno Oscar quando decidono di andare a pescare, controllano con anticipo a che ora c’è l’innalzamento della marea, in genere intorno alle 5 del mattino, in modo da arrivare quando il livello dell’acqua si sta alzando e arriva più pesce. Generalmente tornano a casa per pranzo, in modo da potersi riposare.
Una volta arrivata a destinazione, scopro che l’oggetto del pranzo sarà il famigerato granchio blu, argomento prediletto del Governo (e della stampa) in questa calda estate italiana, per distrarre l’attenzione generale rispetto a ben altre questioni legate al nostro mare.
Devo ammettere che di fronte a questa notizia sono un po’ delusa. Da tempo ho in odio tutto ciò che va rotto, pulito o che richiede un minimo di sforzo per essere mangiato. Posso già immaginare come sarà la mia maglietta una volta tornata a casa. «Però dai, è pur sempre un’esperienza» mi dico mentre cerco di dissimulare.
Scopro anche che a cucinare non sarà Davide, ma un nostro amico comune, che peraltro compie gli anni. Lo chiameremo Filippo.
Nell’attesa che Filippo arrivi e metta su il granchio blu — perché va detto che è blu — noi commensali cominciamo a dare una mano. Io sbuccio l’aglio (ci tengo proprio a far vedere che sto dando un contributo), altri apparecchiano, altri ancora tagliano i pomodorini. Si mangeranno linguine con pomodorini e granchio, neanche a dirlo, blu.
Potrei qui soffermarmi a dire quanto abbia in odio anche le linguine, formato di pasta che per me può tranquillamente estinguersi, ma per amor di narrazione proseguirò.
Filippo arriva indossando un grembiule professionale (ve l’ho detto quant’è bello avere amici maschi) e mi spiega brevemente com’è la preparazione dei granchi blu. «Prima di pulirli, se non vuoi farti tagliare un dito, conviene metterli in congelatore una mezz’oretta, in modo che dopo siano storditi o addirittura morti». A questa operazione ha già pensato Davide, direttamente al capanno. Li ha puliti, staccato il carapace e rimosso l’apparato branchiale. Resta solo da spaccarlo a metà e soffriggerlo in padella. L’alternativa sarebbe bollirlo ma, secondo Filippo e Davide, così facendo si perde buona parte del gusto.
Il mio stomaco brontola e, mentre mi allieto pensando che si mangerà a breve, inizia una diatriba sulla quantità di aglio da utilizzare, che inevitabilmente ritarderà l’agognato pasto. Davide ne vuole metterne poco e tutto intero, «perché ad alcuni non piace», ma Filippo insiste per metterne almeno 4 spicchi tritati. Filippo, in quanto festeggiato, avrà la meglio. E aglio in quantità sia.
Torno da Davide, che nel frattempo si è spostato in giardino, contrariato dalla decisione finale sull’aglio (e sui nostri aliti). Mi spiega che al capanno principalmente prendono acquadelle, sardocini, sardoni, paganelli, triglie e pesci più piccoli, anche se non in grandi quantità.
Il granchio blu, mi dice, lo trovano da 4 anni abbondanti. A quel tempo se ne vedeva solo qualcuno, ma era già noto che fosse una specie aliena e invasiva. «Abbiamo aspettato – mi dice Davide con un po’ di amarezza – che invadesse quasi completamente le nostre acque, prima di renderlo commerciabile. Questo anche se si potevano già immaginare i danni. Ci abbiamo messo troppo a fare la cosa più sensata.»
«Quest’anno – mi spiega – soprattutto nel mese di agosto, nella rete ce n’erano veramente tanti, di cui molti piccoli. Per ogni tirata in media ci sono due o tre granchi grandi, di quelli che vale la pena mangiare. Quelli piccoli non si possono nemmeno lasciare nella rete, altrimenti la ritrovi tutta bucata.»
Nel frattempo che finiamo la conversazione, arriva Filippo con la padella piena di linguine, verso cui il mio odio inizia già a venir meno.
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