Federico Marchetti, il ravennate che ha fondato Yoox, è stato accolto da una Sala Corelli piena e calorosa che vedeva nel pubblico, oltre alla madre e al fratello dell’imprenditore, vecchi compagni di scuola, amici d’infanzia e addirittura una professoressa. Una trentina di persone sono rimaste in piedi e alcune non sono potute entrare perché si era raggiunta la capienza massima.
L’obiettivo della chiacchierata tra Federico Marchetti e Michele De Pascale – moderata da Valerio Baroncini, vicedirettore del Resto del Carlino – che si è tenuta il 19 ottobre a Ravenna è presentare l’autobiografia del fondatore del primo e-commerce di moda e del primo “unicorno” italiano, intitolata “Le avventure di un innovatore“. Il libro è edito da Longanesi e Marchetti è stato affiancato nella stesura dalla giornalista Daniela Hamaui.
Il tema da cui è iniziata la presentazione – poi rimasto fil rouge di tutta la chiacchierata – è il coraggio. «Il motivo principale per cui ho scritto questo libro – esordisce Marchetti, dopo aver ammesso la propria emozione – è che a volte ai giovani, ma anche a chiunque voglia cambiare vita o lanciarsi in un progetto o anche solo abbandonare il proprio lavoro manca il coraggio. A volte manca la voglia di rischiare. La mia idea era quella di dare una spinta, dare coraggio e ispirare le persone a buttarsi in quello che vogliono fare».
Marchetti, all’inizio, era solo un ragazzo di provincia, abituato a vivere a Ravenna, città che porta con sé una componente artistica e di bellezza. «Oggi per me Ravenna – ha detto Marchetti – è prima di tutto la città dove ci sono i miei amici e la mia mamma. In passato certamente da una lato ha rappresentato la bellezza. Essere esposto così facilmente al bello, ai mosaici, all’arte ha avuto un’influenza. Un mosaico d’altronde è come un progetto, deve essere portato avanti tesserina dopo tesserina. Dall’altro, però, avevo voglia di scappare, ero attratto dalle metropoli: prima Milano poi New York. Era un’ambizione sana, che mi ha spronato».
L’avventura dell’innovatore è iniziata proprio da Ravenna, per la precisione dalle spiagge di Punta Marina, racconta nel libro, dove da piccolo Marchetti vendeva i numeri di Topolino del fratello. «Essere romagnolo – ha continuato Marchetti – per me significa onestà, sincerità, essere diretto. Anche con Re Carlo (n.d.r. oggi Marchetti è presidente della Fashion Task Force della Sustainable Markets Initiative, fondata da Re Carlo III di Inghilterra) tutti hanno un po’ paura, ma io mi sono sempre sentito alla pari con tutti. Lo stesso vale per quando avevo a che fare con i pezzi grossi di Cartier o di Gucci: forse questo è l’estro romagnolo, quello di sentirsi di meno davanti a nessuno, poter sempre negoziare alla pari».
È una forma di negoziazione e di compromesso anche quella tra umanesimo e tecnologia, con cui Marchetti si è dovuto scontrare (o meglio incontrare) fin dagli albori di internet. «Avevo 29 anni, dopo aver lavorato in una banca d’affari, ero andato alla Columbia University a fare un Master. Inizialmente volevo rimanere negli Usa: lì c’è un’idea di futuro che in Italia purtroppo manca. Mi ero candidato per Disney, forse memore dei Topolino venduti in spiaggia, ma non mi avevano preso. Allora ho deciso di tornare in Italia e ho iniziato a lavorare in consulenza per Bain, ma mi trovavo malissimo; così ho iniziato il mio progetto».
«Non è stato un colpo di genio il mio – continua -, ho semplicemente messo insieme i punti. Ho pensato che l’Italia era un’eccellenza nella moda, che era appena nato Internet e che dopo qualche anno sarebbe esploso: l’unico mio merito è stato quello di farlo al momento giusto. Anche perché è stato uno dei pochi periodi nella storia in cui le banche davano finanziamenti anche a chi non aveva grandi mezzi».
Era il 1998/1999 quando Marchetti ebbe l’intuizione; Google era appena nato, Amazon vendeva qualche libro e Facebook sarebbe nato sei anni dopo, diffuso in Italia 10 anni dopo. Il nome Yoox nasce dal citato compromesso tra umanesimo e tecnologia. X e Y derivano dai cromosomi maschili e femminili; mentre lo 0 è il “dna” della tecnologia, cioè la base del codice binario.
Sul rapporto tra uomo e tecnologia Marchetti è ottimista. «La tecnologia – ha affermato Marchetti – è fatta da uomini, da programmatori da scienziati. Ci sarà chi spingerà l’asticella al massimo o magari c’è chi lo sta già facendo, ad esempio con l’intelligenza artificiale, ma le persone si stuferanno e tireranno il freno a mano. Saremo sempre in grado di tornare indietro».
Nel libro è anche raccontato il lato mondano della tecnologia. Marchetti, avendo lavorato a metà tra tecnologia e moda, ha frequentato entrambi gli ambienti. Uno dei momenti più memorabili è stato quando è stato invitato a una cena a casa di Bill Gates.
«Erano circa 50 uomini – ha raccontato Marchetti – sopra i 50 anni, ovvero nessuno lì dentro conosceva Yoox e nessuno mi considerava. Così ho iniziato a girare per la casa curiosando. A un certo punto in questo grande salone vedo un uomo e dopo un po’ capisco che è proprio Bill Gates che si è rifugiato a mangiare in santa pace. Non ho resistito e gli ho chiesto un selfie. Poi gli ho regalato un cofanetto di Amarcord, di cui avevo appena finanziato il restauro. Bill Gates sapeva tutto, sapeva dell’Oscar, sapeva in che anno era uscito. È un uomo di cultura a tutto tondo».
È con un altro “regalino” che Marchetti si è guadagnato la simpatia dell’allora Principe Carlo. Su un tabloid inglese scrivevano che Carlo si faceva addirittura spremere il dentifricio sullo spazzolino da un maggiordomo. Marchetti allora ha decise di rischiare tutto e, una volta che lo aveva invitato in Scozia, gli regalò uno spremi dentifricio comprato da un artigiano a Milano. «Carlo si mise a ridere – ha scherzato Marchetti – e apprezzò il gioco, allora capii che era una persona con cui si poteva ragionare. Andammo subito d’accordo. Col senno di poi non ci credo alla storia del maggiordomo che spreme il dentifricio, non è da lui».
Di fronte alla madre in prima fila, Marchetti conclude ringraziandola: «Da piccoli non ci si accorge del substrato di valori che i genitori ci trasmettono, loro insistono e tu magari non vuoi ascoltarli, ma alla fine li assorbi comunque. Grazie mamma».
Dopo la chiacchierata di un’ora, resta inesplorato il campo delle difficoltà, degli ostacoli e dei momenti di debolezza affrontati lungo il cammino, tra il momento in cui arriva l’idea e quello in cui ci si ritrova in mano un “unicorno”. Non resta che sperare di scoprire qualcosa in più dalla lettura. “Le avventure di un innovatore” è in libreria e online.
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