Federica Moschini: «Il lavoro è un diritto. Ragazzi, dite ‘No’ allo sfruttamento»

Problemi, possibilità e nuove dinamiche del mondo del lavoro: cosa va risolto e cosa bisogna combattere. Questi sono gli argomenti affrontati con l’assessora comunale Federica Moschini con delega al lavoro. Spiega gli obiettivi dell’amministrazione e come i giovani e le imprese ravennati affrontano il mondo del lavoro moderno.

Moschini, quali sono – secondo lei – i principali ‘nodi’ da affrontare oggi in materia di lavoro?

«Anzitutto quello della sicurezza: questo è un impegno che abbiamo assunto come amministrazione, sottoscrivendo un patto con la prefettura sulla sicurezza e la legalità. Per noi è un punto importante e stiamo cercando di diffondere questi principi partendo dalle scuole. Un altro problema è la tratta, ossia lo sfruttamento lavorativo e le difficoltà economiche che esso comporta. Su questo tema stiamo portando avanti un progetto, sempre con la collaborazione della Prefettura con cui abbiamo sottoscritto un protocollo. Lo scorso 18 ottobre, in occasione della giornata internazionale contro la tratta, abbiamo coinvolto le scuole per un ciclo di proiezioni dedicate al film “Io Capitano”, per spiegare ai più giovani le difficoltà che affrontano le persone che arrivano dall’estero senza reti familiari».

Quale è il modo migliore per aiutare i ragazzi a inserirsi nel mondo del lavoro?

«Noi ci siamo impegnati a organizzare dei “Job Days”, insieme all’assessora Randi, un modo corretto per far conoscere ai più giovani le opportunità lavorative. Inoltre, è importante dare spiegazioni sulle modalità di ricerca del lavoro, su come iscriversi ai centri per l’impiego e sulle offerte formative utili per ottenere delle professionalità specifiche in realtà come la Job Academy e la Scuola Pescarini Arte e Mestieri».

job industrial accademy

Avete notato risultati positivi dalle scuole professionalizzanti?

«Sì, ad esempio il 90% degli studenti iscritti alla Pescarini che acquisiscono un diploma, ottengono un lavoro nei sei mesi successivi». 

Quali sono i lavori più richiesti a Ravenna?

«I ragazzi che partecipano ai “Job Days” sono interessati principalmente ai lavori stagionali in agricoltura, nel settore turistico balneare o al parco di Mirabilandia. Abbiamo notato che lo stipendio è adeguato e superiore a un salario minimo».

Cosa è importante spiegare ai ragazzi?

«Noi ci preoccupiamo di dire ai ragazzi che si può anche dire di ‘No’. Devono rifiutare il lavoro nero, le attività lavorative prive dei criteri di sicurezza minimi. Il nostro obiettivo è dare loro la possibilità di conoscere l’ambiente di lavoro, allo stesso tempo offrire alle imprese la possibilità di presentarsi. Ma mettendo sempre in chiaro che ci sono dei diritti e che vanno rispettati».

Come è la situazione delle donne nel mondo lavorativo ravennate?

«Credo che ci sia una buona situazione. Chiaramente ci sono dei lavori che ancora oggi risultano prettamente maschili o femminili ma, come abbiamo visto alla Job Industrial Academy, le donne hanno conquistato il settore della saldatura. Non ci sono più delle separazioni di genere. Ad esempio avevamo istituti prettamente femminili come lo IAL o l’ENGIM, ma adesso le cose stanno cambiando».

Secondo lei esistono davvero dei lavori che i ragazzi non vogliono più fare?

«Alcuni lavori sì. Due settimane fa ero nella zona artigianale di Mezzano; mi è stato detto che il 95% dei dipendenti sono stranieri, perché in tanti ambienti come quello della saldatura e della verniciatura si fa fatica a reperire personale locale».

È dunque importante investire sulla formazione dei migranti?

«Sì, noi abbiamo molto a cuore questo argomento. Può essere una strada giusta da percorrere… Inoltre, stiamo anche spiegando alle aziende virtuose del territorio che investono sulla sicurezza che fare corsi unicamente in italiano è insufficiente. Se ci sono dei lavoratori stranieri e vengono date delle spiegazioni tecniche complesse si rischia di non far recepire a questi ragazzi le norme di sicurezza utili».

Si sente spesso dire che “non c’è lavoro” o che “il lavoro c’è ma non c’è personale”. La verità dove sta secondo lei?

«La verità secondo me sta sempre a metà. Il problema risiede nelle modalità lavorative proposte. Andare a lavorare per 3 euro all’ora è sfruttamento, ci sta che le persone inizino a dire di no. Questo non vuol dire che non c’è voglia di lavorare, ma che ci sono diritti che devono essere tutelati. Se ci si adegua ad accettare un lavoro con una retribuzione così bassa, come sfortunatamente capita ancora in alcune aree del nostro paese, questo è sfruttamento». 

Cosa possiamo fare a riguardo?

«Dobbiamo spiegare con forza ai nostri ragazzi e alle aziende che il lavoro è un diritto e che, come tale, va salvaguardato in tutti i suoi profili. Così troviamo lavoro più sano e ragazzi più interessati ad avere più autonomia. Noi siamo soddisfatti di tutte quelle aziende, fisse e stagionali, che oggi assumono con contratti di lavoro regolari, ma dobbiamo combattere tutte quelle realtà che non si comportano in questo modo».

Cresciuta a pane e libri porto il mio amore per la lettura su carta. Parlo di opere letterarie da scoprire e di cultura in ogni sua forma. Riduco a 10 ogni vostra domanda o curiosità. Per Più notizie mi occupo delle rubriche letterarie e delle bellezze del territorio.

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