Eugenio Baroncelli, il cultore delle parole. Ogni suo libro è uno scrigno

“Piena di vite”. Sarebbe questa la sezione in cui inserire il ritratto del re romagnolo delle micro-biografie, Eugenio Baroncelli. Autore tardivo ma dal ricco bottino di pubblicazioni, lega la sua vita al genere biografico e si approccia al foglio bianco con gli occhi ricchi di storie e la penna tagliente come una spada.

Nasce a Rimini il 3 giugno del 1944 ma sceglie Ravenna come casa. Nella città del mosaico esercita per tutta la vita come insegnante, dedicando parte del suo tempo alla critica e teoria cinematografica. Si tuffa nella scrittura superati i 60 anni e fa il suo esordio nel 2005 con “Outfolio” (Manni Editori), una piccola raccolta di “Storiette scivolate dal quaderno durante un trasloco”. Un punto di inizio di un percorso nel mondo della letteratura che gli spalancherà le porte della scrittura.  

La trilogia per Sellerio: biografie brevi per grandi esistenze, gli ultimi istanti di vita e una raccolta di filosofie

Dal 2008 entra a far parte del mondo degli scrittori ravennati diventa autore della casa editrice Sellerio pubblicando “Libro di candele. 267 vite in due o tre pose” (Sellerio). In questo romanzo racconta 267 vite di poeti, musicisti, scrittori, comandanti, filosofi, profeti e re, astronomi e imperatori, storici e santi, eroi. Suddivise in 16 sezioni legate a una loro particolare caratteristica, come gli amanti, i fumatori di sigaro, i diavoli, i maghi, gli scomparsi, i suicidi e molti altri. Ritratti brevi ma concisi, che con pochi tratti regalano al lettore un quadro chiaro del personaggio descritto.

Dopo il primo successo segue “Mosche d’inverno. 271 morti in due o tre pose” (Sellerio, 2010) delle tanatografie (ndr, scrittura di morte) che imprimono su pagina gli ultimi istanti di vita del soggetto. Un modo per offrire uno scorcio conclusivo di vita che spesso rappresenta così chiaramente l’esistenza del morente. Come la copertina di un libro. Anche in questo caso una serie di sezioni ci accompagnano nella lettura. Dai cari agli dei, ai morti di vecchiaia raccogliamo dalle pagine gli ultimi respiri di anime ormai scomparse. Grazie a questa opera Baroncelli consegue il Premio SuperMondello ed è finalista al Premio Chiara nel 2011.

“Falene. 237 vite quasi perfette” (Sellerio, 2012) finalista al Premio Bergamo è una raccolta di filosofie di vita di personaggi che hanno abitato i millenni di storia, concentrate in una sola pagina. Biografie di uomini e donne che hanno puntato a opere perfette ma coronate da un fallimento vengono proposte al lettore quasi come esempi di stoicismo.

Tiziano Vecellio, l’uomo che non sapeva morire

Lavora con mani che tremano a una Pietà per la Chiesa dei Frari. Dovrà farne un capolavoro, perché quella potrebbe essere la sua ultima opera, e lui vuol diventare immortale. Strano, perché sembra che la Morte, a quei tempi, si sia dimenticata di Venezia e dei suoi pittori. Giovanni Bellini arriva a 86 anni, Pietro Longhi a 83, il Guardi a 81. «Ecco il quadro. Domani sarà pronto», dice nel delirio la notte del 27 agosto 1576. Si addormentò per non svegliarsi più. Per finirlo si è dovuta scomodare la peste. Nel registro dei morti della parrocchia di San Cancian qualcuno ha annotato la sua età: «103 ». Completò il quadro, con reverenti pennellate, il veneziano Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, che sarebbe morto nel 1628, a 84 anni.

La micro-biografia di Tiziano Vecellio da “Falene. 237 vite quasi perfette”

Nelle ultime opere Eugenio Baroncelli parla anche dei libri che non ha mai scritto e di quelli che ha letto

La produzione di Baroncelli non conosce limiti.Con il libro “Pagine bianche. 55 libri che non ho mai scritto” (Sellerio, 2013), si dedica unicamente a sé stesso. Dopo anni di studi di vite passate, Baroncelli parla dei libri che non ha mai scritto. Ne raccoglie trame, incipit, prefazioni, epigrafie, recensioni, note ma bisogna rassegnarsi perché non si potrà mai leggerne il testo. Un gioco di pura finzione così magistralmente escogitato da sembrare reale. Un escamotage per offrire parte del suo essere, o dei mille sé che decide di interpretare, al lettore di questo libro.

Un sunto delle migliaia di pagine lette nella propria vita lo si ritrova in “Gli incantevoli scarti. Cento romanzi di cento parole” (Sellerio, 2014). Una biblioteca in miniatura che racconta cento titoli della letteratura in modo coinciso e essenziale, riassumendo il tutto in 100 parole. Niente fronzoli o orpelli, di un’opera solo l’essenza.

Inutile dire che il tema cardine di “Risvolti svelti. Breviario amoroso di vite altrui capitolate” (Sellerio, 2017) sono proprio i risvolti di copertina. Riassunti immaginati di testi inventati, presentazioni erudite di personaggi letterari. Un vero e proprio elogio a chi di lavoro legge centinaia di pagine per dar vita a un breve testo che dica tutto, ma in modo breve e accattivante.

In “Libro di furti. 301 vite rubate alla mia” (Sellerio, 2021) Baroncelli procede con il suo lavoro micro-biografico che con brevi tratti delinea il profilo di un personaggio. Bisogna saper tanto per descrivere con parole minuziose delle vite complesse. Nutrirsi delle lettere di Poe per conoscere le donne a cui si dichiara dopo la morte della moglie e la sua tendenza alla menzogna. Leggere molte opere della Ginzburg per parlare di bottini, baffi e scarpe rotte. Da Montale a Lolita nessuno sfugge all’attenta analisi di Baroncelli che tante vite ha donato ai comuni mortali che di vita ne vivono solamente una.

A chi gli chiede quale sia il suo libro più bello, risponde:

«Neanche a dirlo, quello che non si scrive. D’altra parte il vero scrittore è colui che non ha bisogno di scrivere».

Cresciuta a pane e libri porto il mio amore per la lettura su carta. Parlo di opere letterarie da scoprire e di cultura in ogni sua forma. Riduco a 10 ogni vostra domanda o curiosità. Per Più notizie mi occupo delle rubriche letterarie e delle bellezze del territorio.

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