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Cnr-Cai, nasce la rete dei rifugi sentinelle del clima

ROMA (ITALPRESS) – Con l’individuazione di diciannove siti osservativi, quindici Rifugi CAI e quattro Osservatori CNR, nasce una rete che sarà dedicata al monitoraggio meteo-climatico lungo tutta la penisola, dalle Alpi al centro del Bacino del Mediterraneo, al fine di ottenere un quadro reale sullo stato del clima e dell’ambiente sulle nostre montagne e sul nostro territorio. Questa rete nasce a seguito dell’Accordo firmato dai Presidenti CNR e CAI l’11 dicembre 2019 Giornata internazionale della montagna, e grazie all’attività del Comitato di indirizzo CNR-CAI.
La messa a sistema di una simile rete che percorre tutta la penisola, vede l’apertura dei Rifugi CAI al monitoraggio dei principali parametri meteorologici ed all’attività scientifica, unitamente a quella già in essere negli Osservatori climatici CNR. Questo permetterà innanzitutto di ottimizzare risorse ed infrastrutture in aree particolarmente significative e sensibili per lo studio del clima, permettendo di ampliare la base osservativa volta a studi che il CNR già esegue nei quattro Osservatori montani presenti sul nostro territorio, rafforzando la possibilità di una migliore sorveglianza dell’ambiente d’alta quota e delle aree interne del Paese.
Dove possibile si avvieranno studi a scala locale su aspetti correlati non solo alla meteorologia, ma anche al clima, alla composizione dell’atmosfera, alle analisi ambientali, geologiche e geomorfologiche e, nei siti idonei, alle aree glaciali e periglaciali.
Ciò permetterà di proporre i Rifugi montani, allargando la Rete di queste prime “Sentinelle” anche ad altri Rifugi, come luoghi di diffusione della cultura scientifica, anche progettando interventi divulgativi che coinvolgano gli enti di governo locali e i turisti della montagna.
Il bacino del Mediterraneo e le regioni montane di alta quota sono definiti “hot-spot climatici”, ovvero siti dove il clima sta mutando più velocemente che nelle altre aree. Questo programma si focalizza sugli ambienti di alta quota della nostra penisola, promuovendo osservazioni meteorologiche perchè i dati che saranno raccolti, insieme alle proiezioni elaborate dai modelli climatici, possano offrire negli anni la possibilità di tracciare lo stato presente e di produrre attendibili scenari evolutivi sul futuro delle montagne del nostro Paese.
Nel primo Report pubblicato sul sito https://rifugisentinella.cnr.it/ di cui una sintesi è presentata nel numero di gennaio della rivista CAI Montagne360, si riporta che “Le osservazioni di temperatura del Pianeta riferiscono che gli ultimi due decenni sono stati i più caldi dal 1850. Secondo Copernicus Climate Change Service – C3S (programma coordinato e gestito dalla Commissione europea) il 2020 a livello mondiale è stato circa 1,25 °C al di sopra del periodo preindustriale 1850-1900, alla pari del 2016, l’anno più caldo mai registrato. Anche per l’Europa il 2020 si è rivelato l’anno più caldo fin qui registrato, mentre in Italia, a partire dal 1800, è stato secondo solo al 2018, come rilevato dal CNR- ISAC. Questo innalzamento delle temperature si manifesta anche in alta quota, come rileva il Comitato Glaciologico Italiano. Si stima infatti che la superficie dei ghiacciai delle Alpi si sia ridotta mediamente negli ultimi 150 anni del 60%, con casi estremi, come la Marmolada, che ha perso in cent’anni un volume di circa il 90%”. “Il riscaldamento globale, ma anche la deposizione di particolato assorbente di origine antropica e naturale, sono tra i principali responsabili di quello che già oggi si configura come un disastro ambientale. A partire da questo scenario, se le tendenze climatiche rimangono invariate, si stima che nel 2050 gran parte dei ghiacciai sotto i 3000 m di quota saranno estinti. Nel 2100, sulle Alpi italiane, le aree glaciali saranno presenti solo alle quote più elevate dei massicci più imponenti. Gli ambienti proglaciali si espanderanno a scapito di quelli glaciali. L’ulteriore aumento delle temperature, previsto, se non si adotteranno apposite politiche di contenimento delle emissioni climalteranti, farà si che i processi di instabilità naturale aumenteranno ancora di più rispetto ad oggi, in frequenza e magnitudo, a causa della fusione delle masse glaciali e della degradazione del permafrost”, si legge ancora.
“Aumenterà la frequenza e l’entità dei problemi di approvvigionamento idrico e le sole acque meteoriche (pioggia e neve fusa) potrebbero non bastare a soddisfare i fabbisogni essenziali, quali la ricarica delle falde acquifere, dei laghi naturali e degli invasi artificiali, e il deflusso minimo vitale dei fiumi. Già oggi – conclude il report – alcuni Rifugi in alta quota hanno dovuto ridurre il periodo di apertura estiva per mancanza di acqua approvvigionata dai vicini nevai. Se non si adotteranno specifiche misure di salvaguardia per il clima e l’ambiente, già presentate nell’accordo di Parigi e nei recenti report dell’IPCC, queste problematiche rischiano di manifestarsi anche in tutti i settori produttivi che risentiranno di periodi siccitosi, mentre anche lo stato di salute di molte popolazioni sarà a rischio, come già avvenuto in questi ultimi anni per le ondate di calore, mai riscontrate in precedenza”.
(ITALPRESS).

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