Il 9 maggio 2024 l’Ordine degli Architetti PPC di Ravenna scrive all’Amministrazione Comunale, Settore Turismo e Ufficio Demanio, chiedendo di garantire che nel bando pubblico – in corso di definizione da parte del servizio Sportello Unico Attività produttive Ufficio Demanio per la gestione dei capanni balneari sul litorale ravennate (delibera del 27/02/2024) – sia inserito il vincolo di salvaguardia, non alterazione e mantenimento della posizione attuale di tutti i 74 attuali capanni.
Venuto a conoscenza dell’ordinanza di demolizione indirizzata all’Associazione Capannisti Balneari, l’Ordine degli Architetti PPC di Ravenna esprime la sua massima preoccupazione per la tutela di questi manufatti di alto valore storico-testimoniale, identitario e paesaggistico, come si evince dalla relazione “I capanni balneari del litorale ravennate. Un patrimonio paesaggistico da tutelare” a firma dell’arch. Donatella Eusebi e dell’ing. Riccardo Baruzzi, e dalla relazione “Dune naturali e capanni: i capanni balneari a garanzia della tutela ambientale e della rinaturalizzazione di ambiti costieri” a firma di Francesca Santarella, presidente di Italia Nostra Ravenna.
Nella stessa lettera, l’Ordine degli Architetti sollecita l’amministrazione a tutelare non solo pochi capanni, quasi si intendesse così “museizzarli”, ma tutti i capanni quali corpus testimoniale nel loro aspetto diffuso sul litorale, che possano ancora essere fruiti da chi frequenta le spiagge e valorizzati nella loro presenza paesaggistica.
Come si evince dalla relazione Eusebi-Baruzzi, si fa risalire alla seconda metà dell’Ottocento la nascita nel nostro paese del turismo balneare, legato soprattutto alla diffusione di terapie curative basate sull’acqua di mare, sul clima marino e sull’esposizione al sole. Con il primo stabilimento balneare di Porto Corsini del 1872, i ravennati cominciano ad approfittare di questa possibilità in alternativa alle cure termali. Quando poi negli anni Venti del Novecento sorgono le frazioni di Casalborsetti e Punta Marina, quella che era una consuetudine a scopo curativo evolve in una pratica turistica. Ma è l’attuazione del Piano Regolatore della spiaggia di Marina, nel 1930, a prevedere la costruzione e le modalità di edificazione di “capanne private”, al fine di “raggiungere la completa valorizzazione della spiaggia”.
Si legge nella relazione a firma Eusebi-Baruzzi che manufatti come questi erano già visibili in svariate località balneari del nostro paese e non solo, e che oggi per il litorale ravennate essi sono testimonianza di un turismo di prossimità, accessibile a tutti, anche a chi all’epoca non aveva come mezzo di trasporto che la bicicletta, e per questo frequentati soprattutto da ceti meno abbienti che non potevano permettersi il costo dello stabilimento balneare. I capanni erano umili costruzioni in legno, spesso dipinte di colori vivi, mai più grandi di 2 metri x 2 e con un’altezza di 2 metri e mezzo, a volte dotate di piccole verande o finestre.
Una pratica turistica di questo tipo, che costituiva per i bagnanti ravennati un’alternativa più “leggera” di quella delle spiagge attrezzate, andò avanti con nuove costruzioni di capanni fino agli anni Settanta quando fu progressivamente abbandonata. Ma ciò che è di rilevanza è che, come si legge sempre nella relazione, se in altre località si può affermare che i capanni di questo tipo siano oggi scomparsi, sulle spiagge di Ravenna fino a pochi mesi fa si conservavano e venivano ancora utilizzati 84 capanni, oggi purtroppo solo 74 in seguito all’ordinanza dell’Amministrazione comunale. Indubbio è dunque il loro valore di testimonianza di un diverso modo di godere dei benefici delle spiagge e del mare, meno invasivo, che fino a oggi solo nel ravennate può dirsi tramandato.
La relazione Eusebi-Baruzzi fa notare che il codice dei beni culturali e del paesaggio considera di notevole interesse pubblico “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici”. La regione Emilia-Romagna considera le tracce e le testimonianze dell’evoluzione dell’uso del territorio come parte integrante del paesaggio: “…i paesaggi antropizzati, cioè la quasi totalità dei paesaggi italiani, sono frutto di sovrapposizioni che aiutano, fra l’altro, a dare una lettura compiuta delle epoche precedenti.”
Tale valore paesaggistico è rimarcato anche dalla presenza dei capanni balneari nell’arte, quali soggetti ritratti in opere pittoriche e fotografiche di artisti locali e nazionali: da Giovanni Fattori a Carlo Carrà, da Walter Lazzaro a Ottone Rosai fino a Luigi Ghirri.
La conservazione dei capanni porta inoltre un beneficio di carattere ambientale come spiega la relazione a firma di Francesca Santarella, che con esempi descrive come la presenza dei capanni abbia “di fatto costituito il via per la formazione di una porzione di cordone dunale non trascurabile (viste anche le dimensioni e gli habitat sviluppati). Lo stesso, con tutta evidenza, non sarebbe potuto accadere se al posto di questa forma di fruizione balneare puntiforme, sporadica e “leggera” fosse stato realizzato uno stabilimento balneare.” Aggiungendo infine che “il sito […] è luogo di sosta e svernamento per l’avifauna, e di nidificazione della specie Charadrius alexandrinus (fratino)” che è specie protettadalla Direttiva “Uccelli” e a rischio estinzione in Italia.
Concludendo, l’Ordine ricorda inoltre all’Amministrazione che nella seduta del 19/09/2023, Il Consiglio Comunale ha giustamente approvato all’unanimità un ordine del giorno per riconoscere e valorizzare i capanni balneari storici quale patrimonio culturale di Ravenna e della Romagna. La salvaguardia senza alterazione né movimentazione, che gli architetti e le architette chiedono a gran voce, è dunque per il nostro Comune un importante e coerente gesto di conservazione della memoria storica del suo litorale e dei modi in cui si sono evoluti lo stile di vita e le pratiche di fruizione delle spiagge.
Chi si aggiudicherà la gestione dei capanni, che sarà chiamato a mantenerne viva la tradizione, organizzando iniziative sociali e culturali come la divulgazione di buone pratiche per la conservazione delle pinete, delle dune e delle spiagge, dovrà necessariamente partire dalla tutela dei capanni stessi, che la conservazione delle spiagge ravennati in questa forma e con queste qualità paesaggistiche e ambientali hanno contribuito a costruire.
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