Auguri a Milena Vukotic che festeggia in Romagna i suoi 89 anni sul palco

Ha scelto di passare il suo compleanno in Romagna, Milena Vukotic, 89 anni passati fra cinema, teatro e televisione. Un compleanno allietato dalla notizia che fra pochi giorni riceverà il David di Donatello alla carriera. In questi giorni è al Teatro Masini di Faenza, dove mette in scena “A spasso con Daisy”, opera teatrale di Alfred Uhry, divenuta famosa nella versione cinematografica del 1989 con la grande interpretazione di Jessica Tandy e Morgan Freeman, e lo fa insieme a Salvatore Marino e Maximilian Nisi.

E a proposito di quest’ultimo, con questa rappresentazione si celebra anche il suo primo ritorno professionale nella sua città natale. Più Notizie li inLi incontriamo all’evento oramai tradizionalmente celebrato da Paolo Gambi, il poeta e scrittore ravennate che da un decennio organizza con Accademia Perduta-Romagna Teatri gli incontri con gli attori al ridotto del Masini, dove non si sa mai quello che può accadere.

Milena Vucotic e la passione per il suo lavoro

Milena Vukotic oltre a festeggiare il compleanno sul palco qui in Romagna riceverà a breve il David di Donatello alla Carriera, come la fa sentire questo traguardo?

«È un fatto cosi importante che quasi non sono sicura che sia vero. Spero di non perdere l’equilibrio perché si rischia di diventare persone che si prendono sul serio. Non lo vedo come un traguardo ma un modo per proseguire. Dare continuamente calore a quello che facciamo e amiamo! Questo lavoro non lo si può portare avanti se non si sente profondamente. Ci vuole non solo la passione ma anche lo studio e la follia altrimenti certe scelte non si fanno non si sperimentano».

Qual è il ricordo della carriera che si porta sul palco?

«Non ho un ricordo specifico, perché ogni lavoro è un viaggio diverso, sia nel cinema che nel teatro anzi nel teatro con più sbandamenti che poi magnificamente generano momenti di grande ispirazione. Come in questo spettacolo “A spasso con Daisy”, dove si racconta la vita di tre persone, tre diverse direzioni: una donna che affronta la solitudine, un uomo che lotta per le difficoltà pratiche della vita e di un figlio che deve tenere l’equilibrio in una società rigida».

Maximilian Pierdamiano Nisi: «Ho sposato il teatro».

Maximiliam Pierdamiano Nisi 53 anni, con un nome così maestoso non era possibile un’altra carriera! La vediamo in tante altre opere accanto alla Vukotic, e ha ricevuto numerosi premi che rimarcano un’importante maturità artistica. Lei è sicuramente un devoto del teatro. Può spiegare meglio le origini di questa scelta?

«Nasco con Giorgio Strehler nel ’90 e ho sposato il teatro… il mio lavoro! Il teatro mi permette di rimanere fedele a me stesso, amo mettermi a servizio di un autore di un testo. Il teatro il mio posto giusto. Ho sperimentato tutto. Il cinema produce poco e si occupa di personaggi, la tv è basata sull’intrattenimento dove “devi” essere personaggio e non interpretarlo. Per cui il mio orientamento professionale mi porta a fare queste scelte. Poi il privilegio di lavorare con Milena, mi piace la sua magia, un’artista che ha tanto da donare che per me è un nutrimento. Sono sempre incantato da come “danza” sul palco e la sua capacità di dare il taglio cinematografico alla recitazione, rende lo spettacolo fluido».

Salvatore Marino

Salvatore Marino attore affascinante “ibrido”, essendo Italo-eritreo e per la grande capacità di aver coniugato nel suo percorso artistico il filone comico con quello più impegnativo del reale della vita. Questa sua grande capacità la vediamo manifesta proprio in questo spettacolo attraverso il suo personaggio, Hook, saggio uomo di colore dotato di grande pazienza e umorismo, nel sopportare le intemperanze verbali di Daisy (Milena Vukotic). Si nota un certo parallelismo tra l’amicizia che viene raccontata sul palco e l’intesa che c’è tra voi nel reale. Lo può confermare?

«Certo! Il nostro lavoro ci porta a essere colleghi ma anche amici, l’intesa e la complicità aiutano a realizzare sul palco un “gioco” e come fanno i bambini che quando giocano, fanno sul serio. La complicità e il bene che ci vogliamo nella vita privata la viviamo come un “gioco” nel teatro».

Entrando nello specifico dello spettacolo, qual è il tema portante su cui si muove la narrazione?

«Lo spettacolo racconta esattamente il periodo delle discriminazioni raziali di una società in cui gli afroamericani e gli ebrei erano messi al margine, problematiche che poi renderanno i due protagonisti complici. Una situazione di diversità sociale, in un percorso di emancipazione, dove al centro ci sono un’ebrea e un nero che si scontrano continuamente, si conoscono e nel percorso che non è solo un viaggio in macchina ma un vero “andare avanti” dove il sentimento dell’amore fa da carburante. Quando parlo di amore intendo un amore nel senso più trasversale e puro del termine, che è più di un’amicizia è un prendersi cura e ricevere le cose più difficili e brutte dell’altro e capire il perché. Capire con coraggio l’altro. Questa è la vera sfida anche di oggi».

Questa sua bellissima sensibilità e capacità di analisi dell’uomo è anche frutto della sua storia personale?

«Assolutamente. Il colorito della mia pelle dice tutto… è dato da mia madre che era nerissima, mi sento un mezzo e mezzo. Ho sempre affrontato il problema dell’accettazione, ho lavorato molto su questo sui temi del razzismo e della diversità usando una chiave ironica. Ci ho scherzato molto soprattutto quando noi neri eravamo mosche bianche».

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