Associazioni anti-abortiste nei consultori. Impellizzeri (PD): «Il Comune non deve autorizzarle»

Il commento arriva in seguito all'approvazione in Senato del decreto legge. La consigliera ha depositato un ordine del giorno contro il provvedimento

«Non è possibile che il governo Meloni consideri una sua priorità la limitazione progressiva delle libertà delle donne. Non è possibile che, nel considerare l’aumento della natalità una priorità, si presenti e si approvi una proposta, basata esclusivamente su un’ulteriore limitazione all’autodeterminazione delle donne». Così la consigliera del Partito Democratico Francesca Impellizzeri ha commentato l’approvazione in Senato dell’emendamento al decreto legge 2 marzo 2024 n 19 che prevede l’ingresso delle associazioni anti-abortiste nei consultori pubblici e ieri mattina ha depositato un ordine del giorno contro il provvedimento.

«È fondamentale – continua Impellizzeri – che l’amministrazione comunale esprima la sua posizione per rispetto delle donne della nostra città. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, l’assessore alla sanità e l’assessora alle pari opportunità si sono già espressi in tutela della legge 194 e della sua attuazione, assicurando che nei consultori pubblici della regione non verranno autorizzati gli ingressi delle associazioni anti-abortiste».

Molte regioni in Italia si sono espresse in favore della proposta del governo e si stanno muovendo per assicurare l’ingresso a queste realtà nei presidi sanitari. Nell’ordine del giorno che è stato depositato, dal titolo “Difendiamo l’autodeterminazione delle donne e sosteniamo la piena applicazione della legge 194”, viene sottolineato il ruolo fondamentale dei consultori pubblici in quanto presidi medici gratuiti e laici, nati al fine di garantire il benessere delle donne in tutte le fasi della loro vita.

«Se davvero si vuole dare piena attuazione alla legge 194 – conclude la consigliera – e anche ridurre i casi di aborti volontari come sostiene la premier Meloni, allora è necessario investire sui consultori pubblici. Luoghi dove l’ascolto non giudicante e la puntuale informazione sulle risorse presenti sul territorio vengono prontamente fornite dagli operatori e le operatrici, proprio per garantire alle donne una piena libertà di scelta, senza forzature in un senso o nell’altro, ma riconoscendo alla donna facoltà sul proprio corpo e sul proprio progetto di vita.»

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