Adolfo De Stefani Cosentino, il ‘pellegrino’

Nei prossimi tre mesi sarà impegnato in un lungo viaggio, tanto desiderato: il Cammino di Santiago partendo da Lido di Dante, per fare un coast to coast dal mar Adriatico all’oceano Atlantico in Spagna. In tutto, percorrerà circa 2.700 chilometri a piedi con una media giornaliera di 27. Questa è la nuova sfida dell’imprenditore Adolfo De Stefani Cosentino (76 anni), dal 1981 alla guida della nota concessionaria-officina ravennate autorizzata Mercedes-Benz, Smart, MG, Nissan, Renault, Dacia con oltre un secolo di storia. Ha aspettato pazientemente di avere più tempo libero disponibile, visto che dal 26 marzo 2018 è stato anche impegnato a Roma come presidente di Federauto – Federazione italiana concessionaria auto, carica che gli è stata rinnovata nel 2021 e che ha portato a termine proprio il 26 marzo scorso.

De Stefani, come nasce la sua passione per i pellegrinaggi?

«In modo del tutto casuale. Sono sempre stato un buon camminatore e amante della montagna, dove andavo ogni anno con mia moglie e i miei figli, ma non avevo mai pensato di raggiungere a piedi un santuario. A spingermi è stata la collega Francesca C. che, nel 2015, mi ha coinvolto nel primo cammino da Leòn a Santiago de Campostela, 320 chilometri. Con una frase mi fulminò: “Se desideri farlo e se nella durata della tua vita non riesci a trovare 15 giorni tutti per te stesso, sei veramente messo male!”. Così, con un po’ di fatica ho trovato due settimane di tempo per farlo e ne sono rimasto ‘folgorato’ Ero accompagnato dallo spirito di mia moglie Patrizia e di mio figlio Filippo, purtroppo già venuti a mancare».

Così l’anno successivo, ha deciso di ritornare per compiere l’intero tragitto, fino all’Atlantico, 920 chilometri…

«Sì, e da quel momento non mi sono più fermato. Nel 2017, ho fatto un altro percorso di circa 1.030 chilometri, il cammino del nord. Ho percorso anche il cammino portoghese, il cammino primitivo e ripercorso il francese… Li chiamo i miei ‘ritiri spirituali’, perché camminare mi rilassa e mi aiuta a ragionare con la giusta tranquillità. Così mi è venuto spontaneo pensare di alzare ulteriormente l’asticella, partendo direttamente da dove abito, ma mi serviva tempo. Mi ero ripromesso che, appena lasciata la carica di Federauto, sarei subito partito: d’altra parte ho 76 anni e sono in buona salute, perché aspettare? Tornerò giusto in tempo per il compleanno di mio padre che il prossimo 31 luglio compirà 100 anni».

Lei ha raccontato questa sua esperienza di cammino spirituale in un diario. Può parlarne?

«Nel mio diario sono raccolti i pensieri, le emozioni e le cronache che, quotidianamente, alla fine di ogni tappa, ho annotato ‘a caldo’, trascrivendo nei miei appunti le sensazioni di un intenso, affascinante, itinerario di fede. Viaggio leggero con il caratteristico zaino, la ‘mochila’, con la conchiglia del pellegrino e sopra la bandiera italiana. La magia del cammino è poter stare in silenzio per molto tempo, intrattenere quattro chiacchiere con chi si incontra per un tratto. Grande poi è stata l’emozione di arrivare a Campostela, una gioia interiore che non è descrivibile, che annulla il sacrificio dei chilometri percorsi».

Come anticipato, l’occasione giusta di questo nuovo viaggio è stata la fine del suo secondo mandato come presidente di Federauto. Come sono stati gli anni vissuti ai vertici della Federazione italiana concessionaria auto?

«Difficili ma belli, anche perché questi ultimi anni sono stati anni complicati tra pandemia, crisi economiche e guerre. Come dico sempre con ironia: “Più che un bravo presidente, serve un presidente fortunato”. Per essere certo di non essere rieletto, ho fatto cambiare lo statuto imponendo un massimo di due mandati. E non è bastato perché c’è chi lo voleva ricambiare per consentirmi di restare. Ma ritengo che un ricambio sia necessario, il nuovo presidente (ndr, Massimo Artusi), farà certamente bene: ha 23 anni meno di me, due lauree e un’azienda con 350 dipendenti che ha sede a Roma. Per me è stato faticoso andare anche due volte a settimana nella capitale».

Quali sono i risultati di cui va più orgoglioso come presidente di Federauto?

«Anzitutto, la Federazione è diventata un punto di riferimento per i governanti, per il governo e i ministri ed è riuscita a ottenere incentivi per l’automotive e la legge 108 che tutela la categoria dei concessionari in Italia, entrata in vigore nell’agosto 2022. Quest’ultima ha infatti introdotto il vincolo di 5 anni per i contratti dei concessionari con le case automobilistiche e un equo indennizzo in caso di recesso anticipato da parte della casa madre. La nostra azione di lobbying ha dunque prodotto qualcosa di importante che anche i francesi e i tedeschi ci invidiano. Siamo inoltre riusciti a ristabilire il contatto e a collaborare con UNRAE, l’associazione delle case automobilistiche estere che operano in Italia nella distribuzione e commercializzazione di autoveicoli e con ANFIA che pubblica periodicamente dati del settore. Presentarci uniti alle istituzioni ci ha consentito di dare alle nostre richieste un peso maggiore».

Com’è attualmente il mercato dell’auto?

«Il settore sta attraversando una transizione complicata e difficile. Si è voluto puntare sul passaggio dall’endotermico all’elettrico ma ormai è chiaro che entro il 2035, la scadenza fissata dall’Europa, non si riuscirà ad avere solo auto elettriche. La situazione è di grande incertezza e qualcosa potrebbe cambiare con il nuovo parlamento europeo. Da un lato le grandi case automobilistiche hanno investito nell’elettrico e a livello di componentistica, ora tornare indietro è difficile. Dall’altro lato però si sta comprendendo come l’elettrico non sia la soluzione a tutti i problemi di inquinamento. E poi c’è la grande paura della Cina…».

Come si sta muovendo la Cina nel mercato dell’automotive?

«In modo molto aggressivo. La verità è che ormai è tardi, il colosso asiatico ha vinto la partita. Basti pensare quello che sta facendo in Russia dove, approfittando dei problemi interni per via della guerra in Ucraina, in pratica ha riversato a prezzi stracciati la sua sovraproduzione. In Russia il 50% delle auto è ormai cinese. La Cina ha un grande interesse a che la guerra duri all’infinito, ne ha approfittato per comprare in Russia le catene produttive di case automobilistiche occidentali a prezzi irrisori, così come ha fatto prima con il petrolio russo. Quindi i cinesi hanno tutte le materie prime, una produttività altissima, sono molto organizzati e sanno copiare bene e in fretta. In più, avendo mandato le nuove generazioni a studiare in Occidente, conoscono molto bene la nostra mentalità e sono pronti a fregarci meglio. Per noi invece sono una incognita».

Tornando al suo viaggio, ha già pensato cosa farà al suo ritorno a Ravenna?

«Sì. Manterrò un controllo di gestione sulla De Stefani Group, ma a portare avanti l’azienda sono ormai i miei due nipoti – la quarta generazione dal 1910 – che sono cresciuti velocemente, soprattutto nel mio periodo di presidenza Federauto. La mia famiglia ha sempre avuto la ‘mania’ del mattone, per cui dovrò occuparmi di questo patrimonio. Poi c’è un altro progetto che mi sta a cuore: portare avanti una delle attività di don Ugo Salvatori, una grande figura carismatica, che ho sempre considerato un amico e un padre spirituale. Mi sono già impegnato a seguire la Fondazione San Rocco al mio rientro. Mi piacerebbe infine riuscire a far intitolare a don Ugo l’attuale via Castel San Pietro. Sarà necessario aspettare il 2030, i dieci anni dalla sua morte, ma sono già pronto. L’anima del borgo San Rocco è lui!». (ADV)

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