12 Ago 2024 16:45 - In evidenza
Adriano Fava, eros e materia. Tra pittura, ceramica e scultura
Intervista a Adriano Fava attraverso gli occhi e le parole della nipote Cristiana Zama
di Cristiana Zama
Adriano Fava non ama le interviste. Come non ama essere fotografato. Dimostra con i fatti chi è come artista e cosa esprimono le sue opere. Pertanto questa non è un’intervista nel senso classico, piuttosto il frutto di dialoghi del maestro con me, sua nipote, figlia di sua sorella maggiore e autrice di questo articolo che nasce a seguito del mio impegno per realizzare una mostra personale dedicata a Fava in corso al Private Banking de La Cassa a Ravenna, fino al 20 agosto.
La vita di Adriano Fava
Adriano Fava nasce a Russi, città nella quale vive e opera tuttora. La sua formazione artistica è avvenuta all’Istituto Statale d’Arte per la ceramica Gaetano Ballardini di Faenza, dove nel 1961 ha conseguito il diploma di maestro d’arte. Successivamente, si è perfezionato all’annesso Corso di Magistero, ottenendo a conclusione degli studi nel 1963 un premio di profitto e merito. Fin dagli esordi pittura, ceramica e scultura vengono condotte insieme.
Dopo il 1970 Adriano Fava si fa conoscere in ambito nazionale con personali a Firenze, Padova, Milano e Mestre. Nel 1975 una sua mostra viene organizzata a New York, alla Modern Art Gallery, tanto da essere segnalato quale pittore in un repertorio d’arte internazionale di rilievo come AMP International Catalogue of Modern Art (1977-1978).
L’incontro con De Angelis, direttore artistico della Galleria Arte Nostra di Padova, che apprezza incoraggia il suo lavoro, favorisce l’ingresso di Fava nel mercato dell’arte contemporanea in Italia, con le numerose occasioni espositive che seguono, tra il 1980 e il 1985, e la sua presenza in cataloghi di collezionismo d’arte, come ad esempio Bolaffi Arte, e in riviste specializzate.
Segna un momento cruciale nella carriera dell’artista l’incontro con Mario Marescalchi, titolare dell’omonima Galleria d’Arte a Bologna e a Cortina d’Ampezzo, che avviene in occasione della mostra retrospettiva di Mario Tozzi, allestita nella sede bolognese nel 1985.
Una vita dedicata all’arte
Come è nata la passione per la ceramica e la pittura?
«Disegnare era un’esigenza, una spinta più forte di tutto. Da bambino, tornato da scuola, non salivo in casa neanche a pranzare. Mi fermavo di sotto a disegnare dove mi trovavano i miei genitori o mio fratello e mia sorella per convincermi ad andare a mangiare. Fu l’insegnante di disegno della scuola di avviamento professionale di Russi a consigliare ai miei genitori di mandarmi alla scuola di ceramica di Faenza iscrivendomi lei stessa».
La tua formazione artistica all’Istituto statale d’arte per la ceramica di Faenza è costellata da personalità di grande rilievo, soprattutto il tuo maestro Angelo Biancini. Cosa ti ha trasmesso in particolare?
«Biancini è stato un artista di indubbio talento che io stimavo e che ha influenzato in qualche modo tutti i suoi allievi. Entrambi avevamo due caratteri particolari, affini. Era protettivo nei miei confronti, apprezzando le mie capacità, e accettava, cercando di mediare, le mie intemperanze. Ricordo che un giorno nel saltare giù da una scala mi sono ritrovato a cavalcioni sul suo collo»!
Scrive Marilena Pasquali, storica e critica d’arte, che Fava ha ereditato da Biancini «l’amore per le figure intense», ma è lo stesso maestro che definisce il suo allievo connotandolo nel contesto da dove proviene: «La bassa Romagna, la sua terra, lo saluta con reverenza, lo guarda attentamente, sa che è un suo figlio degno del più profondo rispetto. La bassa Romagna ha i suoi tratti particolari, lui li incide, li graffisce nelle varie materie, ama Picasso e ancor di più Mario Tozzi alla sua maniera primitiva, un poeta che canta solo con se stesso, coi suoi passi lividi lascia una traccia profonda, quasi un solco, e li semina senza scomporre tutto quello che la bassa Romagna gli ha donato. C’è sempre tanta nebbia, ma lui sa creare luce o colore in qualunque atmosfera».
La piena coscienza del tuo talento e delle capacità e tecnica acquisite si sono espresse in una prima sfida proprio in occasione della realizzazione dell’opera al termine del tuo percorso di studi. Ci puoi raccontare questo aneddoto?
«Mi ero messo in testa di realizzare una riproduzione in ceramica de La Fuga in Egitto di Giotto. I miei maestri hanno cercato di dissuadermi affermando che non ne sarei stato capace. Ciò mi ha spinto maggiormente a provarci. Ci sono riuscito e ho sorpreso tutti tanto che volevano tenerla ed esporla, ma io mi sono opposto».
L’opera ha anche, nascosto in un particolare decorativo, un divertissement dell’artista che non rivelerò e che lascerò scoprire a chi avrà l’opportunità di vederla. Fava convinse mio padre a comprare l’opera consapevole del valore di un simile lavoro che è davvero sorprendente. La pagò 30.000 lire, quanto serviva alla mia famiglia per mantenersi un mese. Si trova ancora a casa di mia madre, ma sicuramente il suo posto sarebbe in un museo per essere ammirata da tutti.
Cosa ti ha influenzato maggiormente nella tua ricerca artistica?
«Le donne e un viaggio alle Seychelles, isole che amo molto, dove sono tornato diverse volte e dove avevo anche pensato di trasferirmi. Quella natura selvaggia e incontaminata è ritratta in diverse mie opere, alcune esposte nella mostra al Private Banking».
La tua ostinata determinazione ti ha permesso di perseguire la scelta di essere un artista rinunciando all’insegnamento. Una scelta che ti ha portato grandi soddisfazioni come la presenza su cataloghi internazionali, quali Arte Mercato, Bolaffi Arte, e AMP International Catalogue of Modern Art, e mostre in Italia e all’estero tra cui alla Flanders Expo a Gand (Belgio) e alla Modern Art Gallery a New York. Cosa ricordi più volentieri di queste conquiste?
«Ho vissuto del mio lavoro come pittore e ceramista e nell’arte non è da tutti. Non mi sono troppo preoccupato di promuovere le mie opere, non è un aspetto che mi è mai interessato, ma ho colto le opportunità anche grazie a chi mi è stato accanto».
L’incontro con De Angelis, direttore artistico della galleria arte nostra di Padova, e poi l’incontro con il noto gallerista bolognese Mario Marescalchi hanno segnato il tuo percorso artistico introducendoti nel ristretto manipolo degli artisti emergenti entrando anche in contatto con il pittore Mario Tozzi. Come ricordi quelle esperienze?
«Stimavo Mario Tozzi e leggere in una sua lettera che per lui meritavo il successo mi ha fatto piacere. Ricordo in particolare che in occasione di una mostra a Cortina ho conosciuto il principe Alberto II di Monaco che si trovava lì per una gara di bob. Si è interessato alle mie opere e gli ho donato un dipinto di donna che è ritratto anche nella copertina di un libro».
Fava fa riferimento a “è brava, ma… donne nella Cgil 1944-1962” a cura di Simona Lunadei, Lucia Motti e Maria Luisa Righi, edito dalla casa editrice Futura e pubblicato nel 1999.
La chiusura della bottega di ceramica per motivi di salute ti ha portato quasi esclusivamente verso la pittura dove sondi la possibilità della materia in quest’arte. Come si è evoluta questa ricerca?
«Non mi piace definirmi, parlare di quello che faccio. Lo lascio fare agli altri».
E ci è riuscito benissimo il noto scultore e ceramista faentino Carlo Zauli: «Adriano Fava vive nell’epoca picassiana e le sue allusioni al modello del grande pittore spagnolo risultano evidenti di primo acchito, in special modo nell’intuizione dei contrasti del maestro barcellonese, che Fava ha saputo splendidamente cogliere e trasformare alle sue esigenze. Attraverso un costruttivismo culturale e morfologico ed un preziosismo materico che chiaramente va al di là del proprio tempo, il giovane pittore ravennate compone la sua ricercatezza emotiva che si evidenzia con copia nella trasfigurazione della donna adolescente. La compostezza figurale e la rigorosità cromatica sono supporto ad una intensa creatività emotiva, estrinsecata in una ricerca di formale costruttivismo post-villanoviano innestate in un dovizioso materismo che accompagna un timbro originale e mai falso. In definitiva, possiamo salutare Adriano Fava un sicuro artista ed un uomo cosciente dei propri mezzi. Nella pittura di Adriano Fava è chiaro l’alternarsi, ora istintivo, ora meditassimo, ma sempre completo al flusso vivo, vero, di una matrice colma di sensazioni, di ricordi e di valori umani, di vita chiara e di esperienze vissute. Il Suo linguaggio della figura, ora scomposto, ora ricostruito, è sempre diretto ad evidenziare il pungente senso della natura, nelle sue esaltazioni e nelle sue limitazioni. Il cromatismo solare e abbagliato, luminoso e ridente si eclissa e poi rinasce per sopravvivere in brevi guizzi di luce di una coscienza interamente rivolta ad una natura percepita come ricordo, o meglio come nostalgia. Questo vuol dire riconoscere nei segni, nei toni, negli spazi, tutte le ansie e le emozioni di un Suo mondo, vero e allo stesso tempo, irreale e fantastico».
Nella tua fase della tarda maturità hai abbandonato velleità di maggiore fama e successo per un’espressione più intima e rivolta agli estimatori consolidatisi negli anni. Cosa ti ha spinto ad esporre le tue opere al private banking de La Cassa?
«Non mi interessa più esporre le mie opere. Mia nipote Cristiana ha insistito e glielo ho lasciato fare aiutando lei e le altre mie due nipoti nella scelta dei quadri e delle ceramiche. Andrò comunque a vedere soprattutto perché tutte e tre ci tengono molto e sono curioso».
Il titolo di questo articolo è ripreso dal titolo di un testo di Giorgio Ruggeri, autore di testi d’arte, pubblicato nel catalogo di una mostra di Fava a Cortina d’Ampezzo.
CRISTIANA ZAMA
Diplomata Esperto in Relazioni Pubbliche presso l’Accademia di Comunicazione di Milano e Laureata in Sociologia con indirizzo in Comunicazione e Mass Media presso l’Università di Urbino, ha lavorato per importanti realtà nazionali e internazionali. Giornalista pubblicista, è anche guida turistica, accompagnatore turistico, interprete turistico e animatore turistico, Ha curato alcune pubblicazioni, tra cui Incontro a Dante – Percorsi guidati alla scoperta della Ravenna del Sommo Poeta, SBC Edizioni, 2020. Ama viaggiare, perché la cultura e l’arte arricchiscono lo spirito e aprono la mente, e mostrare Ravenna ai visitatori di ogni dove condividendo il suo sapere con entusiasmo e professionalità.