23 Giu 2024 09:53 - Il bello del territorio
Il solstizio d’estate e le tradizioni di San Giovanni in Romagna
Secondo le credenze rurali il periodo del solstizio d'estate è un momento di equilibrio precario tra la fase ascendente del ciclo solare, appena trascorsa, e quella discendente, che sta per iniziare. Un momento transitorio importante, celebrato con particolari riti apotropaici.
di Roberta Lodisco
Il 20 giugno del 2024 è stato il giorno più lungo dell’anno, chiamato anche solstizio d’estate, questa data da sempre simboleggia l’ingresso nella stagione più calda dell’anno e porta con se lunghe giornate di sole e notti brevi e anche le tradizioni di San Giovanni in Romagna.
L’equilibrio precario del solstizio
Il solstizio d’estate, in senso astronomico, è un momento preciso, un fenomeno che si verifica per il raggiungimento della massima l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al Sole, portando il polo nord il più vicino possibile ad esso. Tuttavia, l’influenza del solstizio si sente per alcune settimane prima e dopo l’evento.
Secondo le tradizioni rurali il periodo del solstizio d’estate è un momento di equilibrio precario tra la fase ascendente del ciclo solare, appena trascorsa, e quella discendente, che sta per iniziare. Dal giorno del solstizio in poi la luce inizierà a diminuire e le giornate torneranno ad accorciarsi lungo un percorso che raggiungerà il suo culmine il 21 dicembre con il giorno più corto dell’anno.
In Romagna, il potere vitale del solstizio d’estate viene festeggiato il 23 giugno, la notte anteriore al giorno di San Giovanni Battista, il 24 giugno. Questa ricorrenza, da sempre, combina momenti festosi e propiziatori con pratiche magiche legate al mondo dei defunti.
Falò e pani per scacciare il male
Secondo le credenze medievali, la notte di San Giovanni era una notte di particolare importanza per streghe e stregoni, che si incontravano per celebrare il Sabba e il loro patto con il diavolo. Proprio per questo motivo, nelle campagne romagnole, la notte del 23 giugno, vigilia di San Giovanni, era caratterizzata da diversi rituali apotropaici, per scacciare il maligno. Fra i più famosi l’accensione di falò. Questi fuochi simboleggiano la luce e il calore del sole, e avevano la funzione purificatrice e protettiva.
Inoltre, la notte di San Giovanni era essere considerata una “notte manistica”, simile alla notte del solstizio invernale, dove si riteneva che i morti potessero temporaneamente ritornare nel mondo dei vivi. In Romagna, ad esempio, si usava confezionare pani la sera della vigilia e porli sulle finestre come offerta per i defunti e come difesa personale.
L’acqua e la rugiada di San Giovanni
Importantissima anche la raccolta delle erbe, ancora oggi molto praticata a Casola Valsenio. Si pensava che durante la notte di San Giovanni, le erbe e i fiori sprigionassero particolari poteri magici e curativi.
Per questo motivo, prima della notte del 24 giugno, venivano raccolte e poste in acqua davanti casa, diverse piante fra cui: artemisia, lavanda, malva, rosmarino, fiori di iperico, menta e salvia, ma anche camomilla, papaveri, fiordalisi e l’iperico (particolare pianta perenne nota oggi per le sue qualità terapeutiche contro la de pressione, ai tempi chiamata Fugademonum). Questo acqua veniva poi usata per bagni purificatori e per ottenere benefici salutari e scacciare il malocchio, oggi è nota come “Acqua di San Giovanni”.
Molto nota anche la a tradizione raccogliere la rugiada caduta nella notte tra il 23 e 24 giugno “la gvaza ad San Zvan” che aveva gli stessi poteri dell’acqua magica appena citata. Essa veniva raccolta attraverso teli e lenzuola lasciate sui prati per tutta la notte e poi spremuti in recipienti.
Ancora oggi la notte di San Giovanni è molto importante per la cultura popolare, spesso nei comuni di campagna si organizzano grandi falò e spettacoli per celebrare questa antica ricorrenza e, forse ancora con un po’ di superstizione, tenersi al sicuro dalla cattiva sorte.