Villa Romana a Classe: gli ambientalisti chiedono il blocco al cantiere del rigassificatore

Il reperto è stato ritrovato durante le procedure per la realizzazione del metanodotto. Nonostante le proteste, probabilmente verrà coperta

Nei giorni scorsi è stata scoperta una villa romana a Classe, venuta alla luce durante i lavori di scavo per il rigassificatore di Snam.

La villa, risalente al primo secolo, periodo romano imperiale, ha un impianto termale, con un tunnel sotterrane, probabilmente utilizzato per la raccolta dell’acqua, le dimora per la servitù, spazi agricoli e per il bestiame. Una scoperta archeologica di inestimabile valore, che ha visto una seconda vita fra il V/VI secolo con una chiesa di cui sono state trovate tracce di abside e muri perimetrali.

L’opera è stata ritrovata durante le procedure di archeologia preventiva obbligatorie per la realizzazione di grandi opere, come lo è in questo caso il metanodotto Ravenna mare-Ravenna terra e il gasdotto di collegamento con la nave rigassificatrice di SNAM.

Proprio l’azienda SNAM sta finanziando gli scavi che in questo momento stanno interessando l’area, condotti dagli archeologi della Gea srl di Parma sotto la direzione di Sara Morsiani, della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna.

Al momento l’area dello scavo si estende per circa mille metri quadrati ma lo spazio di scavo potrebbe essere allargato seguendo i dati ad oggi emersi. Oltre alle splendide strutture sono stati recuperati anche importanti reperti come anfore, ampolle, travetti in legno ben mantenuti che andranno a occupare il loro spazio nelle teche del museo Classis.

E la villa? molto probabilmente verrà ricoperta dopo essere stata sottoposti a rilievo fotografico e attenti studi da parte del gruppo di archeologi.

La dichiarazione di “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Un risultato a cui non si rassegna il gruppo “Per il Clima – Fuori dal Fossile”:

«Noi crediamo che l’unica cosa saggia sarebbe, stabilire una moratoria, sia sui lavori collegati al rigassificatore sia sull’altra opera devastante che è il gasdotto Sestino–Minebio della Linea Adriatica, i cui cantieri qui da noi stanno procedendo alla velocità del suono, prima ancora di sapere se la parte più a sud verrà realmente costruita. Una moratoria è necessaria, perché le decisioni su che cosa fare di un ritrovamento archeologico di questa portata non possono certo essere prese in tutta fretta, ma anche e soprattutto perché bisogna avviare un ripensamento di fondo su tutto il settore dell’energia, che deve essere traslato dall’ambito del profitto a quello dei beni comuni». 

«Auspichiamo che la Soprintendenza attui tutto quanto in proprio potere per appoggiare questa richiesta di moratoria, e comunque esprima – con più decisione di quanto fatto fino ad ora – un parere nettamente negativo sul proseguimento della devastazione. Ma sarebbe necessario anche che Comune, Regione e Governo, smarcandosi dalla trappola della “urgenza e indifferibilità” con cui sono state decise e si stanno portando avanti queste opere, si sedessero attorno a più tavoli e avviassero una revisione complessiva. Farebbero solo bella figura, anche se questo farebbe arrabbiare i padroni del mondo estrattivo».

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