C’è un teatro di parenti, amici, nonne, zie e “dade” a rendere vitale e rumoroso il ricettario – che solo ricettario non è – di Federica Donati, intitolato “Una boccata di famiglia”.
Edito da Il Ponte Vecchio, il libro ha come sottotitolo “Ricettario di ricordi e sentimenti tra Veneto e Romagna”. Le due terre, con i loro sapori, odori, paesaggi e personaggi sono le vere protagoniste del libro: è un viaggio alla ricerca delle radici, che l’autrice propone attraverso le ricette tradizionali della sua famiglia.
«Le prime ricette di famiglia provengono da una vecchia agenda ormai segnata dal tempo, ingiallita e senza copertina, in cui la nonna Lucia aveva annotato in modo casuale, con la sua calligrafia aguzza, le pietanze di casa. Si tratta di note espresse in modo sintetico, dove la preparazione va dritta al punto senza perdersi nei dettagli.»
Federica Donati, “Una boccata di famiglia”
Prima di iniziare il vero e proprio ricettario, l’autrice descrive i luoghi e i personaggi della sua infanzia.
Durante l’infanzia Federica Donati e la sua famiglia vivono a Mestre, separati da una striscia di terra e acqua da Venezia. Abitano in una casa moderna, segnata dal raffinato gusto della madre, dove a volte però il design si scontra con la praticità.
«La cucina, contrariamente a tutti i canoni tradizionali, era la stanza più avveniristica della casa. Non c’era un tavolo da pranzo perché secondo la mamma lì non si doveva mangiare ma solo fare la colazione. Vi era perciò una mensola stretta e lunga a cui erano saldate quattro sedie girevoli di plastica rossa. Per mia sorella e per me era uno spasso. Facevamo delle piroette incredibili sulle seggiole aspettando che la mamma finisse di cucinare.»
Federica Donati, “Una boccata di famiglia”
Alla vita quotidiana, si alternano a volte i viaggi in Romagna a trovare i nonni a Russi o le “dade” a Sant’Agata sul Santerno, luoghi dove riscoprire la vita contadina e i sapori semplici.
«Appoggiato alla parete di ingresso si trovava un grande tavolo rettangolare dove la nonna faceva la pasta fresca. Sacchi di farina da venticinque chili e dozzine di uova di gallina erano in bella mostra. Sotto canovacci si trovano tagliatelle, cappelletti e pasta imbottita preparati appositamente per il nostro arrivo. La pasta della nonna era un po’ come le sue mani, spessa e ruvida e tirata con il matterello. Vederla lavorare la sfoglia di circa un metro di diametro trasmetteva un’energia incredibile e ai nostri occhi, la nonna appariva una sorta di prestigiatore.»
Federica Donati, “Una boccata di famiglia”
In Romagna l’autrice trascorre anche le vacanze estive: tra le valli e le spiagge di Marina Romea. È una riviera che suscita un po’ di nostalgia, la si può immaginare con i colori sbiaditi e i granelli di una macchinetta fotografica analogica. C’è il cinema all’aperto dove guardare “Un mercoledì da leoni” e i tanti jukebox dove ascoltare i “Beach Boys”.
«Marina Romea significava anche andare fuori per mangiare al ristorante. Imperdibili i cappelletti e le tagliatelle al ragù dell’Edda al Bagno Susy, la carne ai ferri di Luciano, la piadina e la pizza fritta della Denise, i calamaretti fritti e il pesce ai ferri di Giumè.»
Federica Donati, “Una boccata di famiglia”
Dopo il racconto dei luoghi e personaggi della sua infanzia, sempre con un occhio di riguardo alla sfera gastronomica, l’autrice inizia il vero e proprio ricettario.
I due poli si alternano anche nel ricettario, proposte romagnole e proposte venete, dai cappelletti ai risi e bisi, dalla spoja lorda al radicchio tardivo. Ci sono primi (in brodo e non), risotti, carne, pesce e contorni, non possono mancare nemmeno i dolci della tradizione.
Alla fine della lettura, forse, ci si potrebbe però rendere conto che le due terre non sono poi così distanti. In buona parte i prodotti sono simili: entrambe sono caratterizzate da valli, lagune, pinete e dal Mar Adriatico.
Una tagliatella agli stridoli, in Veneto potrebbe essere semplicemente chiamata “ai carletti”, così come gli asparagi selvatici, che noi romagnoli andiamo a raccogliere proprio nelle pinete di Marina Romea care all’autrice, si trovano identici anche in Veneto, ma chiamati sparesina.
Risotto di carletti e buscandorli
«Per 4 persone: 1 litro e mezzo di acqua, 1 cipolla bianca, 1 carota, 1 costa di sedano, sale q.b., 320 grammi di riso Carnaroli, 1 mazzetto di bruscandoli, 1 mazzetto di carletti, 1 scalogna, 1 bicchiere di vino bianco per sfumare, 1 noce di burro, grana padano, oppure parmigiano q.b., olio EVO q.b., sale e pepe q.b.
Preparare un brodo vegetale, avendo l’accortezza di farlo molto delicato, in modo da non sovrastare il gusto delle erbe selvatiche. Tritare lo scalogno e soffriggerlo nell’olio, aggiungere i carletti, i bruscandoli tritati grossolanamente e cuocerli brevemente. Incorporare il riso e farlo tostare. Sfumare con il vino bianco. Versare il brodo e mescolare. Salare e continuare ad aggiungere il brodo, fino a cottura ultimata. Terminare mantecando il riso con una noce di burro e del formaggio grattugiato, oltre a un un tocco di pepe macinato.»
Federica Donati, “Una boccata di famiglia”
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