Tanti appassionati e cultori d’arte ieri sera, venerdì 11 novembre, hanno seguito con interesse la conferenza incentrata sulle trasformazioni della scultura contemporanea, oltre il “campo espanso”, a cura del critico d’arte e docente Marco Tonelli, alla Fondazione Sabe per l’Arte di Ravenna. Si è trattato del primo evento collaterale della mostra “Anemoni” che è possibile visitare gratuitamente negli spazi della galleria di via Giovanni Pascoli 31, fino al prossimo 16 dicembre.
«La mostra mette insieme artisti che lavorano con linguaggi diversi, Renata Boero, Valentina D’Accardi e Alessandro Roma, ma che nella contemporaneità trovano un terreno comune. Da qui nasce il legame fra la mostra e l’incontro. Come Fondazione, sin dalla nascita nel 2021, crediamo in una scultura “espansa”, flessibile, declinata in vario modo», ricorda Pasquale Fameli, direttore artistico della Fondazione Sabe per l’Arte. «Il grosso interrogativo – spiega Tonelli, che insegna Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Venezia – è: quanto dobbiamo togliere all’arte senza correre il rischio di non avere più arte ma qualcosa di diverso? La storia della scultura contemporanea ha modificato a tal punto le coordinate spaziali, materiali, tecniche, filosofiche della scultura in genere da rappresentare molto meglio di tante altre forme d’arte le contraddizioni, le rivoluzioni, le criticità della nostra epoca».
La riflessione di Tonelli è partita dal racconto di molte opere che, negli anni passati, potevano essere scambiate per oggetti industriali. Oggi, tanti oggetti sono a pieno titolo considerati sculture. «La pittura bene o male è sempre pittura, la scultura non è detto che lo sia sempre stato – ricorda –. Per questo si parla di scultura fluida che scavalca le rigidità imposte dai codici formali, per un allargamento d’azione e di sguardo che crea inevitabili connessioni con altri ambiti disciplinari come l’architettura, la fotografia e la filosofia».
Il basamento per esempio, simbolo della scultura tradizionale, è stato abbandonato dalla scultura moderna, ma ricompare in alcuni casi in quella postmoderne e contemporanea, o i corpi, i processi materiali e immateriali, lo spazio stesso si fanno scultura. Tonelli cita la “Casa di Lucrezio” (1981) di Giulio Paolini in cui il basamento dà storicità alla scultura, così come i ritratti di Sophia Loren e di Kim Kardashian di Francesco Vezzoli realizzati nel 2011 e 2018, dove il piedistallo è costruito ancora con più attenzione della scultura stessa. Mino Trafeli ha realizzato disegni di scultura, mentre Juan Minoz ha incarnato il concetto di scultura nello spazio, con la figura che diventa parte integrante dell’opera. Con Anish Kapoor poi la scultura entra dentro lo spazio stesso.
«Molte sperimentazioni sono state fatte anche in rapporto al corpo, di cui gli scultori veri non possono fare a meno – aggiunge Tonelli –. Ispirandosi alle coreografie di Trisha Brown, Richard Serra ha sfidato la gravità con “House of cards” e i “Corner Books”, composti da lastre e blocchi di metallo che stanno su appoggiati gli uni agli altri. Matthew Barney ha invece progettato spazi in cui i personaggi si arrampicano».
Parlando di materia, esempi estremi di scultura sono le opere di Land Art, le opere di Tony Cragg con materiali di recupero, gli accostamenti di blocchi di cemento di Carl Andre, fino ad arrivare a Richard Long per cui anche le sue camminate sono sculture, grazie alle tracce, cambiando completamente le coordinate tradizionali.
Oltre il “campo espanso”, ci sono infine veri e propri sconfinamenti. Un esempio su tutti? La fotografia come scultura. I fratelli Becher sono stati premiati a Venezia nella sezione ‘Scultura’ con le fotografie “Sculture anonime” in cui sono state ritratte strutture industriali vere. Robert Mapplethorpe ha fatto fotografie pensando a sculture reali, come quella del culturista Arnold Schwarzenegger che ricalca un bozzetto di Auguste Rodin o di Susanne Sarandon che ricalca la Venere di Canova.
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