The Doormen è un gruppo ravennate che, con le sonorità britanniche post punk e new wave, ha conquistato la scena underground italiana affacciandosi poi anche sulla scena internazionale. Nati nel 2009, il primo album del 2011 è stato prodotto da Paolo Mauri, produttore tra gli altri di Afterhours, Le Luci della Centrale Elettrica e La Crus. Il disco di esordio li ha portati sui palchi in apertura di concerti di grandi artisti come Subsonica, Ministri, The Vaselines e Tre Allegri Ragazzi Morti. Da lì, il percorso è tutto in discesa: con “Black Clouds” nel 2013 si esibiscono in locali inglesi e aprono lo show di Paul Weller e The Charlatans all’Umbria Rock Festival, nel 2015 intraprendono un tour francese e si esibiscono al “Beaches Brew Festival” di Marina di Ravenna e allo “Sherwood Festival” di Padova. Dopo due anni di forzato stop a causa della pandemia, The Doormen tornano a esibirsi dal vivo al “Woodstock Beach Festival” che si svolgerà tra il 15 e il 18 agosto al Finisterre Beach di Marina di Ravenna. Per l’occasione presenteranno qualche nuovo brano, anteprima del disco che uscirà l’anno prossimo. Luca Malatesta, qualche anticipazione sul nuovo disco?
«Nel corso degli anni la nostra musicalità è cambiata anche se è rimasta sempre vicina al sound britannico contaminandosi un po’ con quello statunitense negli ultimi due album. Nel nuovo disco, stiamo cercando di conservare l’impatto live e di limitare il più possibile le stratificazioni da studio. Le nove tracce sono il risultato del vissuto degli ultimi due anni e i testi fanno riferimento a particolari situazioni restituendone più un’immagine che un significato in senso stretto. Non è difficile trovare anche alcune citazioni di grandi film come quelli di Nanni Moretti. Le sonorità sono diverse tra loro: alcuni brani sono più riflessivi e caratterizzati da una base acustica, mentre altri hanno maggiore tensione emotiva e ricalcano il sound a cui siamo abituati»
Come nascono i vostri brani?
«I testi delle canzoni nascono nel momento in cui componiamo la musica. Generalmente il giro armonico è la prima fase, sui cui poi adattiamo la melodia e costruiamo il testo. Solo successivamente incorporiamo il basso e la batteria».
[vc_single_image image=”18504″ img_size=”full”]I concerti dal vivo sono stati un tasto dolente negli ultimi due anni. Come avete affrontato il duro periodo della pandemia?
«Non è stato facile per noi, come per altri. Abbiamo continuato a scrivere e a comporre canzoni dando vita all’ultimo album. Anche quando non potevamo incontrarci, abbiamo cercato di continuare a suonare. Durante il lockdown, ad esempio, abbiamo registrato dalle nostre case un video in cui abbiamo suonato “The Killing Moon” degli Echo & The Bunnymen, colonna sonora del film Donnie Darko. Successivamente lo abbiamo condiviso sui social ed è stato proprio il gruppo britannico a ricondividerlo tra le storie di Instagram. È stata una grande soddisfazione!».Come è stato ritornare sul palco?
«Il ritorno sul palco è stato molto emozionante. È un luogo fondamentale per instaurare un rapporto con il pubblico e per la scena underground lo è ancora di più perché dà la possibilità di farsi conoscere. Siamo stati fortunati a riuscire a promuovere il quarto album in tempo prima del lockdown con un tour di 38 date. Siamo consapevoli che per molti non è stato affatto così lasciando gli album non abbastanza valorizzati. Tornare a girare per le città ci ha dato la possibilità di apprezzare anche le piccole cose come ad esempio montare e smontare la strumentazione: prima era un’operazione noiosa ora, anche se sempre molto faticosa, è bello poter farlo perché significa che continueremo a suonare».Avete suonato in apertura di concerti di grandi artisti. Può raccontare un aneddoto?
«Più che un aneddoto, mi piace ricordare un episodio che ci ha dato grande soddisfazione. Abbiamo suonato in apertura del concerto dei Subsonica alla Festa dell’Unità a Ravenna nel 2011. Avevamo un palco più piccolo, a differenza del principale riservato alla band torinese, e un pubblico composto da tantissime persone. Quando abbiamo iniziato a suonare, abbiamo notato che Ninja e Max Casacci ci stavano ascoltando con molto interesse. All’inizio non ci sembrava vero ma poi a fine concerto sono venuti a complimentarsi per la musica e per il live».[vc_single_image image=”18505″ img_size=”full”]In passato, avete già suonato al Finisterre. Come’è tornare su quel palco?
«Il “Woodstock Beach Festival” è un evento organizzato da un paio di anni in cui si esibiscono artisti di un certo calibro, come Federico Poggipollini, chitarrista dei Litfiba e Ligabue, e Omar Pedrini. La programmazione dà spazio al circuito underground e a noi fa molto piacere avere la possibilità di poter suonare al fianco di nomi importanti. Quest’anno suoneremo il 17 agosto alle 21 con i Bengala Fire, terzi classificati all’edizione 2021 di “X Factor”».