Stefano Benazzi: «Una ricerca globale per capire perché è scomparso l’uomo di Neanderthal»

Il progetto coinvolge il Campus di Ravenna – Università di Bologna e gli atenei di Siena e Haifa. L’inizio è previsto l’1 giugno 2024, la durata stimata 6 anni. A disposizione 13 milioni di euro, con possibilità di assumere 34 fra ricercatori e dottoranti.

Stefano Benazzi e Francesco Berna

Indagare sui motivi per cui l’uomo di Neanderthal si è estinto. Un rompicapo che da tempo appassiona studiosi da tutto il mondo. Ora però c’è davvero l’occasione di andare a fondo grazie a una ricerca globale che coinvolge il Campus di Ravenna – Università di Bologna e gli atenei di Siena e Haifa (Israele). Inizierà ufficialmente l’1 giugno 2024. Per renderla possibile, il Consiglio europeo delle ricerche ha stanziato la ragguardevole cifra di 13 milioni di euro. Per l’Università felsinea è il primo Synergy Grant, ossia il primo finanziamento europeo per ricerche così ambiziose che richiedono un lavoro di squadra con più ’teste’ e lavoratori. A parlarne è il professor Stefano Benazzi del polo ravennate dell’Università di Bologna, direttore del Bones Lab

Può spiegare meglio come sarà condotta questa ricerca multidisciplinare? 

«Sono coinvolti i mondi della biologia, dell’archeologia e dell’analisi di paleoambienti. Per ogni settore è stato individuato un ‘principal investigator’, cioè un esperto. Io lo sono per la biologia in rappresentanza del Campus di Ravenna dell’Università di Bologna. Poi ci sono il collega Omry Barzilai dell’ateneo di Haifa per l’archeologia e Francesco Berna dell’università di Siena per i paleoambienti».

Il progetto “Last Neanderthals” parte da lontano? 

«Sì. La sua stesura ha richiesto circa cinque mesi e fa seguito a una serie di ricerche che portiamo avanti da anni. Tra il 2017 e il 2022 ho partecipato a un’esperienza analoga con l’obiettivo di far luce sull’arrivo dell’Homo Sapiens in Europa e, in particolare, in Italia circa 40-50mila anni fa. Subito dopo, nell’ottica di capire l’evoluzione della specie e chi siamo, è stato inevitabile interrogarsi sul perché siano scomparsi a un certo punto gli uomini di Neanderthal. Ricercatori di tutto il mondo hanno dato ben 12 risposte diverse nel tempo ma è arrivato il momento di saperne ancora di più».

In quale misura il nuovo progetto, che indagherà sulla specie umana precedente al sapiens che per 350mila anni ha popolato l’Europa e l’Asia occidentale, avrà davvero l’occasione di scavare più a fondo? 

«Per la prima volta, ci spingeremo in aree finora inesplorate. I Neanderthal hanno abitato in una vastissima area che va dal Portogallo alla Siberia. Il 90% delle informazioni finora raccolte hanno però riguardato solo l’Europa occidentale e l’Altai, ossia solo le periferie del loro habitat, non avendo quindi riscontri dall’Europa orientale e dall’Asia centrale e occidentale. Ecco perché abbiamo una prateria di potenziali scoperte davanti a noi». 

Su quali siti archeologici si concentreranno le nuove ricerche e su cosa indagherete maggiormente? 

«Andremo in oltre 30 siti, in Israele, Turchia, Ungheria, Croazia, Albania, Iran, Azerbaigian e Uzbekistan, solo per citarne alcuni. Cercheremo di capire se l’uomo di Neanderthal aveva già un culto dei morti, per esempio, oltre a concentrarci sugli aspetti in comune con i sapiens, cioè gli attuali esseri umani. Alcune caratteristiche che identificano gli europei – come capelli e occhi chiari, una tendenza all’accumulo di grasso corporeo e peluria più abbondante – potrebbero essere lasciti genetici dell’ibridazione con i Neanderthal, necessari per sopravvivere in climi rigidi».

Quando partirà il progetto e quanto durerà? 

«Ora c’è l’ufficialità: inizieremo l’1 giugno 2024. Il progetto avrà una durata di sei anni. Fino ad allora c’è da organizzare tutti i dettagli, firmando convenzioni e assumendo personale che si aggiungerà a quello già disponibile in loco. Avremo la grande opportunità di assumere almeno 34 tra ricercatori e dottoranti. Per il campus ravennate, si parla almeno di 11 nuove unità legate ai vari contesti individuati, in modo da poter poi portare avanti le ricerche nel tempo». 

È vero che il primo meeting per pianificare i lavori sul campo si svolgerà a Ravenna? 

«Sì, con molta probabilità il prossimo ottobre. Ci siamo dati circa tre mesi di tempo per organizzarlo al meglio. Nell’ex capitale bizantina si terrà il meeting iniziale, quello di mezzo a Cipro e quello finale a Siena». 

Ed è vero che al campus di Ravenna, proprio nel suo laboratorio, è attesa la prossima visita di Alberto Angela

«Non posso dire nulla ancora al riguardo. Ho conosciuto Angela un paio di anni fa quando mi ha chiesto una consulenza su una puntata dedicata all’Homo Sapiens del suo “Ulisse”, andata in onda nel maggio 2022. In quell’occasione, mi aveva detto che prima o poi sarebbe stato felice di venire a Ravenna per visitare i nostri laboratori. Lo aspettiamo a braccia aperte».

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