Un “bel” titolo evocativo del nostro presente dai giornali di ieri: «Stangata sui ravennati. L’inflazione resta a doppia cifra e più alta della media italiana». Che Ravenna viva uno dei suoi momenti più pesanti, immersa fino al collo in una crisi che spinge verso la povertà ampie fasce della popolazione, lo denunciamo da tempo. Solo la Giunta non se ne accorge. Continua a fischiare nelle orecchie l’affermazione dell’Assessora al Bilancio che il mese scorso ha avuto il coraggio di sostenere senza far piega «che l’aumento dei prezzi a Ravenna non sia molto maggiore rispetto agli aumenti di altri territori». Con la conseguenza “logica” di fregarsene a nome della maggioranza: «Al momento in Giunta non abbiamo in previsione particolari approfondimenti su eventuali ragioni specifiche che causino l’inflazione ravennate». L’inflazione “fantasma” (solo per la Giunta de Pascale, purtroppo), rivela l’Istat, ha toccato in febbraio a Ravenna il 10,3 per cento, poco sotto il 10,8 di gennaio. L’inflazione non «molto maggiore rispetto agli aumenti di altri territori», in realtà, è l’indice più alto dell’Emilia-Romagna e il quarto in Italia. Anche in Romagna, di conseguenza, battiamo tutti: a Forlì Cesena è pari al 9,1%, a Rimini è sceso all’8,8%. In regione tra Ravenna e Parma, la città in cui l’inflazione di febbraio è più bassa (7,6%), sono quasi tre i punti percentuali di differenza.
Le cose vanno ancora peggio guardando alle conseguenze sulla spesa familiare. La classifica delle città più care d’Italia stilata dall’Unione Nazionale Consumatori vede Ravenna al terzo posto per la spesa aggiuntiva considerando il rincaro annuo previsto per una famiglia di 3 persone: fanno 3.137 euro in più da tirar fuori. Si capisce il perché dei record ravennati puntando l’attenzione sul carrello in uscita dal supermercato: gli abitanti della nostra provincia pagano un aumento dei prodotti alimentari del 14,5% in un anno. Né va meglio per i turisti. Negli alberghi e negli altri alloggi turistici da noi le tariffe sono infatti cresciute del 29,7% in un anno.
Come prevedibile (tranne che per la Giunta) il costo sociale è elevato. Ad oggi la Caritas ha preso in carico 700 famiglie ravennati. I dati dell’osservatorio statistico dell’Inps sul reddito e pensione di cittadinanza aggiornati a gennaio evidenziano che sono 2.249 i nuclei familiari percettori per un totale di 4.293 persone coinvolte. Cosa accadrà a breve quando il reddito di cittadinanza verrà soppresso dal Governo Meloni? Già i ravennati sono stati colpiti, comunque, dalla mancata conferma, per il 2023, del Fondo nazionale per il contributo affitto e morosità incolpevole. A Ravenna nel 2021 (ultimo anno di cui sono disponibili i dati, quelli del 2022 sono ancora in corso di elaborazione) le domande degli aventi diritto erano state 1.722, di cui 500 non accolte per incapienza del fondo. Come Ravenna in Comune abbiamo proposto l’attivazione del reddito di cittadinanza comunale, una misura che avevamo disegnato già nel 2016 nel nostro programma politico nelle more che venisse introdotto quello statale. Scomparendo quest’ultimo è urgente un’azione in questo senso da parte dell’Amministrazione Cittadina. Più correttamente, dovremmo dire che “sarebbe urgente”. Infatti, non solo come detto la
Giunta non si preoccupa dell’inflazione, ma ci mette anche del suo per aggravare la situazione spremendo la cittadinanza. Il Sindaco ha aumentato l’addizionale IRPEF ai livelli massimi, ha spostato in su l’IMU dove poteva, conta di far cassa sulla tassa di soggiorno e di far crescere il prelievo per l’occupazione di suolo pubblico. Tutto questo avrà come ulteriore naturale effetto un ulteriore balzo in avanti dell’inflazione e del costo delle nostre vite. Ravenna in Comune chiede che in sede di approvazione da parte del Consiglio Comunale, prevista a fine mese, il bilancio previsionale 2023 adottato dalla Giunta venga profondamente modificato. Se la Giunta continuerà a dimenticarsi dei ravennati la crisi diverrà presto del tutto insostenibile.
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