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Ravenna Festival, uno spettacolo dedicato a Bach, primo amore di Pasolini. Appuntamento al Teatro Rasi, il 2 giugno

Foto: Ermanna Montanari – Lidia Bagnara e Giuseppe Gibboni – PaoloBibiI Soli senza basso, cioè privi di accompagnamento, sono l’altra faccia di Bach: non il severo organista, ma il raffinato maestro dell’arco, capace di racchiudere in una voce unica, quella del violino, pensiero astratto e materialità, melodia e polifonia. La carne e il cielo, per dirla con Pasolini. A Bach e Pasolini è dedicato Il Johann Sebastian Bach di Pasolini, l’inedito spettacolo che Ravenna Festival ha costruito sul doppio binario di musica e parole, in scena giovedì 2 giugno alle 21 al Teatro Rasi. Da un lato il violino di Giuseppe Gibboni, vincitore dell’ultimo Premio Paganini, il concorso italiano più prestigioso dedicato a questo strumento: dal suo archetto prenderanno vita la Sonata n. 1, la Ciaccona dalla Partita n. 2 e Preludio, Loure e Gavotte en rondeau dalla Partita n. 3 per violino solo di Johann Sebastian Bach, ovvero la musica che si conficcò nell’immaginario di un giovanissimo Pier Paolo Pasolini grazie alla sua amica slovena Pina Kalč, conosciuta a Casarsa nel 1943. Accanto ai “Soli” di Bach la drammaturgia che Marco Martinelli ha costruito appositamente per questo spettacolo, basandosi su scritti pasoliniani affidati alla voce recitante di Ermanna Montanari. Un contrappunto per riportare Bach e Pasolini a dialogare insieme, come fecero per la prima volta a Casarsa.

 

L’amore di Pier Paolo Pasolini per la musica divampò grazie ai Soli per violino di Bach. Fu la violinista slovena Pina Kalč a farglieli conoscere durante il loro comune soggiorno a Casarsa, in Friuli, nel pieno della guerra. Era il febbraio 1943. «Aveva trent’anni ma pareva una giovinetta – scrisse di lei Pasolini – Magra, incolore, coi capelli selvaggi benché radi. Era sana, agile, parlava come una fanciulla. Subito dopo mi divenne necessaria per il suo violino (…) Le centinaia di sere che abbiamo trascorso insieme mi danno la solita disperazione dell’inesprimibile, del troppo unico». Grazie a lei, Pasolini fu accarezzato dall’idea di imparare a suonare il violino, ma desistette. Da quell’incontro nacquero però gli Studi sullo stile di Bach, scritto musicologico ispirato alle Sonate e Partite per violino. Quasi vent’anni dopo, Pasolini trascinò quella fascinazione bachiana nel cuore dei suoi film, da Accattone a Il Vangelo secondo Matteo. Pina Kalč, invece, lasciò Casarsa dopo la guerra e si trasferì nella nuova Jugoslavia, diventando primo violino nell’orchestra di Rijeka diretta da Lovro von Matačić. Nel 1985, a dieci anni dalla morte di Pasolini, visitò Casarsa per ricordare quell’irripetibile parentesi della sua vita.

 

Il “miracolo” delle Sonate e Partite di Bach, composte nel 1720, è tutto nella natura del violino: la struttura di questo strumento non permetterebbe di suonare più di due note alla volta perché l’archetto poggia al massimo su due corde; ma in questi capolavori Bach riesce a garantire la coesistenza di più voci tramite arpeggi di 3 o 4 note successive, o tramite l’espediente di un ostinato sulla medesima corda. In questo modo, anche senza altri strumenti di accompagnamento, Bach costruisce una polifonia a due, tre, perfino quattro voci, che diventano un banco di prova assoluto delle capacità interpretative di tutti i grandi violinisti.

 

«Giuseppe Gibboni è uno dei talenti più straordinari che abbia conosciuto. Possiede un’intonazione perfetta, una tecnica strabiliante in tutti i suoi aspetti, un suono molto affascinante e una musicalità sincera. Sono sicuro che avrà tutti i successi che merita». Quella di Salvatore Accardo è stata una vera profezia. Nell’ottobre 2021 Gibboni ha conquistato il 56º Premio Paganini di Genova, oltre al premio speciale per la miglior esecuzione del concerto di Paganini, il premio speciale per il maggior riconoscimento del pubblico e il premio speciale per la miglior interpretazione dei Capricci di Paganini. Una vittoria storica, festeggiata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che a novembre ha ricevuto al Quirinale il giovane violinista, uno dei soli quattro italiani ad aver conquistato il “Paganini” (l’ultima vittoria italiana risaliva al 1997). Gibboni, classe 2001, ha iniziato lo studio del violino a soli tre anni con il padre e a sei è stato ammesso per meriti straordinari al Conservatorio, diplomandosi alla precoce età di quindici anni.

 

Nel 1977 Ermanna Montanari sposa Marco Martinelli, drammaturgo e regista, e insieme cominciano il loro apprendistato teatrale a Ravenna. Nel 1983, insieme a Martinelli, Luigi Dadina e Marcella Nonni, fonda il Teatro delle Albe e lavora nella compagnia come autrice, attrice e scenografa, contribuendo all’originale percorso del gruppo che unisce ricerca e tradizione, nell’invenzione di un linguaggio scenico contemporaneo ponendo l’accento su un originale percorso vocale. Da allora il Teatro delle Albe si è affermato come una delle più importanti realtà teatrali. Nel 2013 vince il Premio Duse, l’unico premio italiano riservato all’attrice di teatro che si è distinta nel corso della stagione di prosa, per la sua interpretazione in Pantani. Per Ravenna Festival, dopo i premiati Inferno e Purgatorio, Ermanna Montanari e Marco Martinelli firmeranno dal 24 giugno all’8 luglio Paradiso, ultimo capitolo del Cantiere Dante, che ha raccolto la sfida di trasformare in teatro la Divina Commedia, prendendo a modelli la sacra rappresentazione medievale e il teatro di massa di Vladimir Majakovskij.

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