Il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Ravenna ha arrestato un magazziniere colto in flagranza di reato, un 35enne ravennate con l’accusa di furto aggravato, ricettazione, esercizio abusivo della professione medica e cessione di sostanze stupefacenti.
L’uomo, già gravato da un Avviso Orale ed un provvedimento DASPO, impiegato in qualità di magazziniere presso un deposito farmaceutico del capoluogo ravennate, dall’inizio del 2024 si è reso protagonista, all’interno del luogo di lavoro, di comportamenti anomali che hanno insospettito i datori di lavoro i quali, anche in considerazione della particolarità dei farmaci stoccati nel deposito, si sono immediatamente rivolti agli investigatori del Comando Provinciale.
Dopo le prime immediate interlocuzioni con l’Autorità Giudiziaria, è stata intrapresa una attività di indagine classica (pedinamenti, osservazioni) e di tipo tecnico (tra cui diverse telecamere dedicate per monitorare il soggetto), che hanno permesso di acclarare numerosi episodi nei quali l’indagato ha sottratto prodotti di vario genere dal magazzino farmaceutico per venderli poi a terzi soggetti.
La tipologia di prodotti sottratti hanno determinato anche una differenziazione dei vari titoli di reato contestati: in riferimento al furto di prodotti di libera vendita si è individuato l’ipotesi di reato furto aggravato, mentre per alcuni farmaci di particolare delicatezza ( prodotti contenenti ormoni e simili) si è ipotizzato il reato di cessione di sostanze stupefacenti – rientrando determinati farmaci nella tabella ministeriale sulle sostanze stupefacenti – o di esercizio abusivo della professione medica, in relazione all’assenza di prescrizioni mediche per altri medicinali prima rubati e poi ceduti a terzi.
Durante l’attività di investigazione sono stati acclarati anche dei casi di furti di piccole somme di denaro all’interno dello spogliatoio del magazzino, alcune cessione di dosi di hashish nei confronti di cittadini ravennati da parte dell’arrestato, indagato anche per truffa poiché avrebbe fruito indebitamente, in più di 20 circostanze, dei c.d. buoni pasto forniti dal datore di lavoro.
Giova ricordare che la posizione dell’indagato è al vaglio dell’Autorità Giudiziaria e che lo stesso non possono essere considerate colpevole sino alla eventuale pronunzia di una sentenza di condanna definitiva.
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