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Ombre imbarazzanti sull’arresto di Pini

Le notizie diffuse in queste ore da vari organi di stampa locali e nazionali, circa gli sviluppi di un’indagine promossa dalla Squadra mobile di Forlì nel gennaio 2020 e poi condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, suscitano scalpore in sé, ma soprattutto per le relazioni pericolose intrattenute dall’ex parlamentare Pini, uno degli arrestati, con importanti ambienti e personaggi istituzionali della città.

L’inizio delle indagini

L’indagine sorta da un esposto sulla fornitura di mascherine, in periodo Covid, presentato alla Procura di Forlì dalla lista civica ravennate La Pigna, è poi sfociata, a seguito di varie intercettazioni telefoniche compromettenti, in un’inchiesta su traffico internazionale di droga, col sequestro di 28 Kg di cocaina. Nella giornata odierna è stato eseguito l’arresto di 34 persone tra cui : esponenti politici nazionali, come l’ex parlamentare leghista Gianluca Pini, poi trader di successo di mascherine, durante il Covid; un alto Dirigente statale di fede pentastellata, come Marcello Minenna, già Direttore delle Dogane e Monopoli nei governi Conte, poi entrato in politica col Movimento Cinque Stelle, e attuale assessore regionale della giunta della Regione Calabria; un funzionario della Prefettura di Ravenna e funzionari dell’Ausl Romagna.

Tra le più compromettenti intercettazioni effettuate sul cellulare di Pini, vi furono quelle, che, come è noto, ebbero la conseguenza di provocare la rimozione, da parte del plenum del CSM, dell’ex sostituto Procuratore di Forlì e poi Procuratore capo di Ravenna Alessandro Mancini, dall’incarico di Procuratore Generale de L’ Aquila, per incompatibilità ambientale e funzionale.

La relazione di Di Matteo

Il relatore della prima commissione del Csm, Nino Di Matteo, noto magistrato antimafia, ne sostenne la rimozione dall’incarico con molta energia. Secondo Di Matteo, dalla lettura delle chat oggetto di acquisizione nel procedimento “emergeva che il dott. Mancini, almeno dal 31.1.2019 fino al 25.12.2020, aveva intrattenuto conversazioni tramite l’applicativo whatsapp con Gianluca Pini, già deputato nella XV, XVI e XVII legislatura, più volte indagato dalla Procura della repubblica di Forlì, ufficio presso cui il dott. Mancini aveva prestato servizio fino al 7.11.2013”.

Secondo Di Matteo dalle chat si evinceva un rapporto di consolidata amicizia e frequentazione tra il dott. Mancini ed il Pini, e non di mera conoscenza e occasionale convivialità, con il conseguente coinvolgimento di Pini in vicende extrafamiliari quali l’organizzazione di un incontro tra il Mancini stesso con l’onorevole Cosimo Ferri, cui successivamente il Pini raccomandava di adoperarsi (…adesso che si è chiusa la pratica romana, ricordati per favore di Alessandro [l’Aquila]….) per il buon esito della procedura per il conferimento dell’incarico direttivo di Procuratore generale presso la Corte di appello di L’Aquila, che si concluderà con la nomina del dott. Mancini.

Secondo Di Matteo emergeva che “il dott. Mancini aveva intrattenuto rapporti personali con il dott. Gianluca Pini, più volte indagato dalla Procura della repubblica di Forlì dall’anno 2012, anche al fine di conseguire specifiche utilità per sé e altri”.

In un’ intercettazione Pini si congratulava con Mancini per la nomina a procuratore Generale dell’Aquila, auspicandola come un passaggio intermedio verso la procura Generale di Bologna : “Carissimo Alessandro, ho saputo della proposta all’unanimità per l’Aquila. Lieto per te, mi auguro comunque sia solo un passaggio intermedio verso l’agognata Bologna”.

E’ evidente come l’arresto di Pini, nell’ambito di un’inchiesta per traffico internazionale di droga, coperta da connivenze istituzionali, pur essendo del tutto evidente la completa estraneità di

Mancini alla vicenda, getti oggettivamente un’ombra imbarazzante sul rapporto di familiarità tra i due.

Riguardo l’appalto delle mascherine

Così come altrettanto imbarazzante è l’ombra che la vicenda getta sulla famosa questione dell’appalto delle mascherine, pure oggetto di interpellanze in Consiglio comunale di Ravenna, su cui il Sindaco ha elegantemente glissato: un appalto di originari 6 milioni di euro, concesso, con affidamento diretto e senza garanzie dalla Ausl Romagna alla società Codice srl di Gianluca Pini.

In pieno Covid, la società di Pini, che operava ancora nel 2018 nel trading di prodotti alimentari, nel 2020 ricevette un appalto diretto di fornitura di mascherine, di circa 6 milioni di euro, pari un multiplo di 30 volte del fatturato 2018!

La Codice srl, in pieno Covid, venne miracolata: i ricavi, che nel 2018 erano ammontati ad € 180.201 e nel 2019 ad € 1.758.000 balzarono d’emblèe, nel 2020, ad € 7.150.000: il decuplo rispetto al 2018 e il quadruplo rispetto al 2019.

Ci furono irregolarità o complicità? Vedremo e seguiremo attentamente gli sviluppi della vicenda.

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