18 Mar 2024 11:30 - In evidenza
Miyajima store: un angolo di Giappone in via Antica Zecca
Marco Montalti: «Un viaggio che mi ha cambiato la vita. Il mio negozio? una casa per la diffusione della cultura nipponica»
di Roberta Lodisco
C’è un angolo di Giappone a Ravenna: è il Miyajima Store, in Via Antica Zecca, uno spazio in cui si respira serenità e tradizione. Fra ciotole del 1800 e Kimono in seta antica, trova posto il giovane e sorridente Marco Montalti, architetto e artigiano di Cervia ma dal cuore giapponese. Una passione nata da un viaggio all’altro capo del mondo che, oltre a un fortissimo amore per questa cultura, gli ha permesso di trovare una seconda famiglia di cui parla con grande affetto. Oggi Montalti è un paladino della cultura nipponica e racconta a Più Notizie la sua storia e quella del suo Miyajima.
Montalti, come nasce Miyajima?
«Questo negozio nasce dall’esigenza di trovare una “casa” per la diffusione della cultura giapponese, e più nello specifico, dell’arte del Kintsugi. Prima di aprire questo piccolo laboratorio con la mia collega Dalila Baldrati, effettuavo le lavorazioni da casa, vendendo principalmente online».
Cosa è il Kintsugi?
«L’arte giapponese del restauro delle ceramiche attraverso l’oro. Viene utilizzata per raccontare la bellezza delle imperfezioni e rappresenta la resilienza, ovvero la capacità di riprendersi dopo un trauma. Una pratica artigianale che tocca temi molto sensibili, che molto spesso sono il motivo per cui la gente sceglie di acquistare queste opere. In questo laboratorio ci occupiamo di affrontare sia la parte filosofica che quella tecnica, offrendo la possibilità di metterla in pratica».
In che modo?
«La nostra priorità è proporre ai nostri clienti un tuffo nella cultura giapponese, attraverso diversi laboratori, come i corsi di Kintsugi, per far vivere una vera e propria esperienza di restauro. Un corso di pittura con la seta giapponese, una tecnica che combina il ricamo, l’arte del mosaico e il disegno. Materia prima sono gli scampoli di seta provenienti da Kimono antichi recuperati, in una visione circolare del riciclo creativo. Svolgiamo anche un laboratorio di origami e diamo la possibilità di partecipare ad una tradizionale cerimonia del tè».
Come mai avete scelto di offrire esperienze nel vostro store?
«Sono fermamente convinto che l’idea di negozio si sta evolvendo con il tempo. Esistono diverse generazioni di attività: la prima generazione propone la vendita diretta, e di questi tempi sono attività un poco in difficoltà. La seconda generazione si è approcciata a internet e offre anche la vendita online. La terza generazione è quella che punta sulle esperienze. Questa, secondo me, è la chiave per far funzionare un negozio fisico nel 2024. Se c’è qualcosa che Internet non può sostituire è l’esperienza e il contatto, la possibilità non solo di leggere o ascoltare una storia, ma viverla direttamente, condividendola con altri».
E come mai secondo lei questo genere di attività oggi funzionano così bene?
«Ho notato, soprattutto dopo il Covid, l’interesse da parte della gente di praticare esperienze nuove e all’esterno della propria casa. A volte mi capita che non ci sia nemmeno un interesse specifico su una cosa, semplicemente si vuole provare un’attività pratica. Penso che in parte sia dovuto alla voglia di stare “fuori” e in compagnia, dall’altro lato credo che sia dovuto a un cambiamento delle priorità della vita. Dopo la quarantena molta gente ha cambiato il proprio modo di vivere, soprattutto gli adulti. Alcuni di loro hanno scelto una strada per sicurezza economica o in alcuni casi per imposizione ma, fermatisi a riflettere, hanno deciso di non rimandare più i propri interessi e hanno mollato il lavoro per dedicarsi completamente a quello che hanno sempre amato. Altri hanno cercato un compromesso, mantenendo i propri impegni ma dedicando ogni attimo del loro tempo libero a fare ciò che amano o a scoprire cose nuove. Storie di questo tipo qui mi sono capitate spesso, abbiamo tanti clienti affezionati».
La sua conoscenza della cultura giapponese nasce da una sua esperienza diretta?
«Sì, io sono laureato in architettura, ma durante gli studi ho avuto la possibilità di vivere per un periodo nel sud del Giappone, nella regione di Osaka, da una famiglia metà giapponese e metà americana. Era il 2015, gli serviva un fotografo per il loro negozio di antiquariato e avevano pubblicato un annuncio su un sito di interscambio. Non sapevo nulla di loro, alla fine sono diventati la mia seconda famiglia. Sono stato lì due mesi e poi sono rientrato in Italia, ma lasciando il cuore con loro. Dopo la laurea nel 2019 ho lavorato per un anno alle Hawaii da Karen, una delle mie tre “sorelle adottive”, facendo esperienza in uno studio di architettura. Nel 2020 sono rientrato in Italia e nell’estate 2021 ho abbandonato definitivamente la carriera da architetto per dedicarmi completamente al Kintsugi, iniziando a dare forma al progetto Miyajima store».
Come mai ha scelto il nome Miyajima per il suo negozio?
«Ѐ una dedica alla mia “mamma adottiva” giapponese Carol. Lei è nata sull’isola di Miyajima, negli anni ’40. L’isola sorge nell’estremità nord-occidentale della Baia di Hiroshima, da piccola riuscì a sopravvivere all’atomica e si trasferì in America, dove conobbe un generale americano di cui si innamorò, suo marito Mark. Vissero alcuni anni negli Stati Uniti e poi tornarono in Giappone, dove aprirono questo negozio di antiquariato. Sono due persone splendide a cui sono molto affezionato e che ho deciso di celebrare in questa attività».
Come è nato l’interesse per quest’arte?
«Sono stati loro ad introdurmi a questo mondo, mi ha affascinato talmente tanto da decidere di provarla personalmente, una passione che è diventata un lavoro. Nel 2016 ho aperto il primo negozio online di Kintsugi che ho gestito contemporaneamente alla carriera da architetto. Poi, nel 2022 ho aperto i battenti del negozio, che non solo propone la tecnica del Kintsugi ma anche esperienze e tradizioni della cultura giapponese a 360°, dalle cerimonie del tè agli origami, compresa una collezione di circa 200 kimono».
Come mai la scelta di aprire a Ravenna?
«Io sono di Cervia e frequentavo Ravenna per lavoro, quindi ero legato alla città ancor prima di aprire l’attività. Cercavo un posto che fosse una via di mezzo fra uno studio e uno store, ho trovato questo locale e ho deciso di lanciarmi in questa esperienza. Ho rischiato – trattandosi di un negozio estremamente di nicchia e specializzato – e non ero certo che ai ravennati potesse piacere. Ma so anche che a Ravenna c’è una forte propensione per la qualità, il bello e le cose particolari».
Ha collaborato con altre realtà ravennati?
«Sì, mi piace creare rapporti con altre realtà locali. Ad esempio, ci sono dei dei ragazzi di Forlì originari di Ravenna, che hanno creato il brand IKIGAI. Attraverso il riuso di seta di kimono antichi, realizzano gioielli e portafogli. Tutti i materiali che usano sono vegan e riciclati. Si è creato anche un buon rapporto con i mosaicisti locali, abbiamo fatto degli “scambi di laboratorio”: noi siamo andati da loro a fare esperienza sull’arte del mosaico e loro sono venuti a trovarci per il laboratorio di Kintsugi».
A Myajima spesso ci sono eventi di beneficenza…
«Sono una persona che tiene molto alle tematiche sociali e femministe e quindi ogni volta che possiamo ci impegniamo, anche nel piccolo, a fare alcuni eventi di beneficenza. Le gru appese al nostro soffitto sono state realizzate durante la notte d’oro per un evento in collaborazione con AIL Ravenna. Abbiamo pensato di collegare l’antica tradizione giapponese Senbazuru in cui mille gru di carta vengono piegate e collegate insieme al fine di potere fare avverare un desiderio. Una giovane ragazza, Sadako Sasaki, affetta da leucemia da radiazioni atomiche, si impegnò a piegare mille gru nella speranza di guarire. Anche se non ci riuscì la sua storia è diventata un simbolo. Abbiamo pensato di riproporre la tradizione delle 1000 gru in questo evento di beneficenza nel quale, in cambio della piccola donazione, totalmente libera, si poteva venire qui, indossare un kimono tradizionale e piegare una gru».
Collaborate con la comunità giapponese ravennate?
«Assolutamente. La nostra cerimonia del tè viene eseguita da una maestra del tè giapponese, Miki. Originaria di Hokkaido, è venuta a vivere a Ravenna nel 2006, dopo aver sposato un ragazzo italiano. Esistono tanti tipi di temae (ndr. cerimonie) nel mondo del tè giapponese, e Miki propone il “Bonryaku Temae”: uno dei pochi tipi di Temae che può essere eseguito su un tavolo. Come lei cerchiamo sempre di dare spazio alla comunità giapponese nel nostro store per raccontarsi, per loro non deve essere semplice trasferirsi in luoghi con lingua e cultura diversa senza un posto in cui condividere con gli altri e raccontare la propria storia. Cerchiamo di essere quel posto per loro, di includerli nel contesto ravennate, dandogli la possibilità di continuare a praticare e diffondere le loro tradizioni».
Quali sono le lavorazioni che effettuate in negozio?
«In negozio proponiamo tre linee diverse: una linea tradizionale che corrisponde al restauro, attraverso l’arte del Kintsugi, degli oggetti di antiquariato giapponesi, con oro a 22 carati, lo stesso usato per i restauro dei grandi monumenti. Gli oggetti ci arrivano già danneggiati direttamente dal Giappone. Un secondo tipo di lavorazioni è legato ad oggetti comuni che rompiamo appositamente per il recupero, principalmente li usiamo per i nostri laboratori, per divertirci un pò di più ricreando il pattern che più ci aggrada. Infine, ci sono degli oggetti comuni che le persone ci portano da casa chiedendoci un restauro con la tecnica del Kintsugi».
Progetti per il futuro?
«Stiamo lavorando per aprire un nuovo punto vendita nel Bolognese. A Ravenna resterebbe la centrale operativa, ma ci piacerebbe spaziare un po’ alla scoperta di una città più grande, ricca di collezionisti e appassionati di arte. Inoltre, stiamo dando vita a due nuovi laboratori, uno di Ikebana, l’arte giapponese della disposizione dei fiori, e uno di scrittura Kanji, per imparare la calligrafia degli ideogrammi giapponesi. Ѐ un arte molto complessa, ma cercheremo, grazie a questa ragazza laureata alla Ca’ Foscari, di dare la possibilità ai nostri clienti di riprodurre alcuni ideogrammi, offrendo anche una spiegazione di questo tipo di arte».