Matteo Gatta, tra teatro e cinema. In Bulgaria per girare il suo secondo film

Il giovane attore ravennate sarà il protagonista del film “Tornando a Est”, sequel di “Est – Dittatura Last Minute”. Ha studiato alla Scuola del Piccolo Teatro e il suo ultimo spettacolo (da regista) è “Gramsci Gay”. «Io sono innamorato del teatro: scrivo, penso e dirigo per il teatro».

Ravennate, classe 1996, Matteo Gatta sta girando “Tornando a Est”, suo secondo film da protagonista e sequel di “Est – Dittatura Last Minute”. Mentre il primo film raccontava il viaggio di tre amici nell’Europa dell’Est nel 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, il secondo racconta il ritorno dei tre amici nel 1991, la cui storia si intreccerà a quella – molto più grande di loro – di un popolo, con le sue speranze, le sue lotte e le sue ombre.

Gatta, inoltre, è reduce da una settimana di repliche dello spettacolo “Gramsci gay”, di cui ha curato la regia, al Teatro Elfo Puccini di Milano. Ama il teatro fin da piccolo grazie a laboratori, che poi lo hanno portato a scegliere di studiare alla nota Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Oggi, diviso tra Milano e Ravenna, respira e vive dentro l’ambiente teatro; ambiente di cui, però, non esita ad evidenziare i limiti. 

Gatta, come stanno andando le riprese? 

«Bene, un periodo intenso, ma sono molto contento. Abbiamo iniziato il 6 maggio e saremo qui in Bulgaria per tutto il mese. Poi torneremo per girare qualche scena a Cesena e San Marino. La storia è basata sulle avventure reali di Maurizio Paganelli, ma, mentre il primo era molto fedele alla realtà, in questo sequel il racconto dei tre amici poi si intreccia a delle vicende più grandi di loro».

E invece com’è stata l’avventura di “Est”, il film precedente?

«Al tempo mi ero sentito molto fortunato, perché comunque si trattava del mio primo film e avere subito un ruolo da protagonista non è scontato. Era una produzione indipendente, ma con un buon budget. Poi con gli altri due attori, (ndr. Lodo Guenzi e Jacopo Costantini) si è creato un clima molto bello. Abbiamo portato il film in giro per qualche Festival.

La critica lo ha accolto molto positivamente, così come c’era interesse a distribuirlo. Poi purtroppo è arrivato il Covid, le sale erano chiuse. Perciò, il lancio del film è stato un po’ sghembo, prima è uscito online, poi è andato in sala. C’è stata un po’ di sfortuna, però adesso con questo nuovo film ci sono tutti i presupposti perché vada bene. In ogni caso siamo stati a Venezia e abbiamo ricevuto un Nastro d’Argento, che è stata una grande soddisfazione».

Si sente più attore di cinema o di teatro?

«Io sono innamorato del teatro: scrivo, penso e dirigo per il teatro. Il cinema è un’esperienza che non è paragonabile, sia per la presenza della troupe sia a livello remunerativo. Io ho studiato teatro e sicuramente mi sento più uomo di teatro. Per questo nuovo film ho fatto anche supervisione alla sceneggiatura ed è stata una bella esperienza. Però, in generale, il teatro ha un processo artistico che sento più mio».

Ha in cantiere qualcosa di nuovo per il teatro?

«Al momento, lo spettacolo “Gramsci gay” (ndr. scritto da Jacopo Gardelli e diretto da Gatta), che era autoprodotto, è stato rilevato da una produzione romagnola, Accademia Perduta, ed è stato una settimana in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano. Per noi è stato incredibile e quest’estate andremo anche al festival Primavera dei Teatri in Calabria. Poi, in cantiere ho uno spettacolo comico con la mia compagnia di Milano, Tristezza Ensemble. Racconta il mondo del Taoismo ed è recitato in buona parte in cinese assieme a due ragazzi italo-cinesi. Poi, mi piacerebbe lavorare a qualcosa su James Baldwin. Al momento però sono qua in Bulgaria a girare, perciò se ne riparlerà durante l’estate».

Quali sono le difficoltà che affrontano i giovani che, come lei, cercano di fare teatro?

«La questione è molto semplice: chi non fa teatro immagina che la vita di un attore under 35 sia fatta di molti provini per cercare di ottenere una parte. Nella realtà invece non è così. Ottenere un provino a teatro è sostanzialmente impossibile, perché le compagnie sono chiuse. L’unico modo è radunare 4-5 amici, mettere su uno spettacolo e cercare di vincere un bando. E poi vai a teatro e gli spettacoli sono brutti, perché li fanno sempre le stesse compagnie e non sempre sono ispirate».

Vede qualche soluzione?

«Noi nel nostro piccolo a Ravenna, che è un ambiente molto vivo, abbiamo creato un gruppo con tutti gli attori e teatranti della zona. Ci organizziamo per scambiarci idee, facciamo autoformazione e cerchiamo di fare cassa. Quello che manca al teatro è una presa di coscienza degli errori del sistema e la volontà di ragionare con praticità su come risolverli. In generale manca un po’ la risoluzione pratica dei problemi, si tende a parlare molto in senso astratto».

Com’è nata la sua passione per il teatro?

«Ricordo come se fosse ieri che ero in parrocchia al Redentore, dove facevo catechismo, ed era venuto Mario Battaglia a farci un laboratorio di teatro. Per me è stato folgorante, ho perso subito interesse per il catechismo e iniziato ad amare il teatro. Poi, in realtà, recentemente ho trovato un lavoro che avevo fatto da piccolo, una sorta di carta d’identità disegnata. Già lì sotto la voce lavoro avevo scritto “Attore”. Poi, durante le superiori ho partecipato alla Non-scuola del Teatro delle Albe e da lì è iniziato tutto».

Perché consiglierebbe ad un adolescente di seguire la non-scuola o in generale di fare un’esperienza teatrale?

«Innanzitutto, non credo ci sia un’età, consiglio a tutti di fare un laboratorio teatrale. Per un adolescente, però, quello diventa uno spazio in cui ci si può esprimere e si ha un adulto disposto ad ascoltare. Molti ragazzi quando iniziano pensano di non avere niente da dire, perché non sono abituati ad essere ascoltati o a esprimersi liberamente. Mentre invece poi vengono fuori elementi molto interessanti. La non-scuola o esperienze affini sono momenti in cui è possibile vivere la vita molto intensamente».

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