Martina Perin, 24 anni, esordio letterario con “Le rose blu”. «Un sogno che si realizza»

Il romanzo ha per protagonista un giovane storico e archeologo, è ambientato a Ravenna e sfiora la storia della famiglia Rasponi a cui sono dedicate strade e palazzi.

A soli 24 anni Martina Perin ha realizzato il sogno di pubblicare il suo primo romanzo che si intitola “Le rose blu”, da qualche giorno disponibile in versione cartacea ed ebook in tutte le librerie o nei principali store online.

Il suo è un libro che parla anche di Ravenna, ambientato proprio nell’ex capitale bizantina, la città in cui l’autrice è cresciuta, benché sia nata in Puglia e il cognome riveli origini venete. «Mi sono trasferita in città con i genitori, una settimana dopo la mia nascita», rivela. Fin da bambina si fa notare per la sua spiccata fantasia e passione per la lettura. Dopo vari tentativi, è arrivata all’esordio letterario.

Martina, partendo dal romanzo: il protagonista è un giovane storico e archeologo. Può svelare qualcosa in più?

«Si chiama Tommaso De Lucia e ha ereditato dal nonno Armando, appassionato di misteri ed enigmi, l’interesse per l’archeologia e tutto ciò va scoperto. Sulle indicazioni ereditate dal nonno, inizia così una caccia al tesoro per ritrovare un antico medaglione dalla fattura stupefacente: il gioiello Rasponi. Più le ricerche avanzano e più Tommaso scopre le sfaccettature di una storia abominevole. Al lettore il compito di scoprire qual è il crudele segreto che racchiude l’antico monile rasponiano e che coinvolgerà il giovane archeologo in una miriade di colpi di scena».

E qui si ‘sfiora’ la storia ravennate: il gioiello rasponiano, però, è sua invenzione?

«Sì, perché avevo bisogno di un tesoro da far cercare al protagonista. Ho tratto comunque spunto dallo storico stemma araldico della famiglia Rasponi. Le due branche di leone recise e disposte a croce di Sant’Andrea sono state, infatti, riportate nel romanzo e sulla copertina in veste di ornamento a un medaglione antico e andato disperso per secoli… una mia specifica fantasia che ho voluto mostrare anche ai lettori».

Cosa c’è invece di realistico e come si è documentata sulla famiglia Rasponi, molto conosciuta a Ravenna?

«Nel romanzo ho inserito caratteri storici, legati a personalità dei Rasponi realmente esistite e caratteristiche del paesaggio che, inevitabilmente, andavano riportate quasi fedelmente. Inizialmente ho ricercato sul web, poi sono andata in biblioteca e anche in alcune librerie dell’usato, quando ho avuto bisogno di dettagli e informazioni più precise, come il nome di una certa strada in un determinato anno la tipologia di fondamenta di un palazzo. Ho anche visitato più volte alcune residenze per poterle descrivere meglio nelle varie scene. Una ricerca lunga e minuziosa ma entusiasmante».

In ogni romanzo che si rispetti, c’è sempre qualcosa di autobiografico. In questo caso?

«La porzione più grande della storia è composta dall’immaginazione ma alcuni dettagli sui protagonisti, come alcuni nomi o abitudini, e sul contesto sono legate alla mia vita e alle mie esperienze personali. Preferisco però non entrare troppo nei dettagli».

Quando ha scoperto l’amore per la scrittura?

«Già a quattro anni mi divertivo a raccontare storie di pura fantasia, con familiari e amici. Ho cominciato a scrivere verso i dodici anni, più che altro racconti. Ma non mi sentivo mai soddisfatta del risultato. Ci è voluto del tempo, molta pazienza, per trovare la giusta ispirazione».

Ricorda cosa in particolare l’ha ispirata per questa sua prima prova letteraria?

«La storia stessa di Ravenna. Ecco perché l’ho ambientato in città. Ricordo che nel febbraio 2021, avevo finito la sessione invernale di esami universitari e cercavo qualcosa per svagare la mente. Senza un vero perché mi sono messa a cercare informazioni sulla storia di Ravenna e, all’improvviso, mi si è accesa una lampadina e ho iniziato a buttare giù il progetto».

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