Dopo “La Bestia di Salvini” nel 2019, la bella e intraprendente giornalista ravennate Margherita Barbieri (35 anni) è tornata nelle librerie con “Fino a qui. Chiara Ferragni” (Edizioni Minerva), un libro che non è solo un must per chiunque voglia comprendere meglio le dinamiche del successo nell’era dei social media.
Attraverso una narrazione coinvolgente e una ricerca accurata, riesce a catturare l’essenza di Chiara Ferragni, offrendo ai lettori non solo una biografia, un vero e proprio manuale di empowerment e innovazione ma anche e soprattutto la natura di una donna che si è trovata a dover difendere sé stessa contro tutto e tutti. Un libro controcorrente in cui Barbieri celebra una donna che ha saputo reinventarsi e innovare continuamente, mostrando che il successo è alla portata di chi sa sognare in grande e lavorare con determinazione per realizzare quei sogni.
Margherita come mai, per il secondo libro, la scelta è caduta proprio sulla Ferragni?
«A un certo punto ho sentito la necessità di mettere in luce il lato di donna di questo personaggio giudicato e stracciato dai media. L’ho scelta in quanto donna. Se la conosci, la capisci. Da sempre mi incuriosiva, l’ho anche analizzata, trovando straordinario e originale come sia riuscita a costruire il suo brand personale, utilizzando strategie di marketing innovative e sfruttando al meglio le potenzialità dei social media. Poi ha saputo anche elaborare un piano di difesa pazzesco e unico con il suo metodo che non è a porte chiuse ma… online.
Ho voluto mettere in luce non solo i successi, ma anche le sfide e gli ostacoli che Ferragni ha dovuto superare per arrivare dove è oggi. Un personaggio legato al marketing della sua persona, che si è trasformata per uscire da ogni problema apportando su sé stessa una metamorfosi. È diventata vetrina per molti marchi, usando uno stile sempre discreto, elegante e mai volgare. Ha raccontato la moda attraverso il blogging e la creazione di “The Blonde Salad”».
Poi è arrivato lo scandalo della beneficenza legato al panettone Balocco che ha sollevato importanti questioni sulla trasparenza nelle campagne di raccolta fondi. Che idea si è fatta al riguardo?
«Normiamo la beneficenza. La Ferragni ha aperto una piaga importante. È ora di prendere seriamente e in maniera frontale il problema, non solo per la dignità di chi ne riceve beneficio, ma anche per la trasparenza nei confronti di chi dona».
Margherita lei ha abilmente utilizzato Chiara Ferragni per affrontare temi importanti e attuali delle donne italiane. A livello personale poi ci sono molti parallelismi tra le vostre vite: siete quasi coetanee, avete fatto della comunicazione il vostro lavoro, la maternità con due figli e stesso percorso sponsale: entrambe legate a un uomo importante che comunque ha condizionato e apportato valore al vostro personaggio pubblico (ndr, Margherita è sposata con il politico Andrea Corsini, attuale assessore regionale al Turismo). Ci si ritrova?
«Sì, certo. Credo che il termine che ci lega di più sia proprio quel ‘libera’ che Ferragni ha comunicato al festival di Sanremo nel suo abito. La libertà è senza dubbio il valore più importante per cui lottare. Come Chiara anche io ho iniziato gli studi universitari ma poi mi è capitata l’occasione del lavoro in comunicazione e ho investito in quella direzione.
Oggi è sempre più importante vivere pienamente la vita e riconoscere il ‘treno’, perché quando passa non devi attendere o rimandare ma prenderlo con fiducia e sfida. Questa è stata la mia fortuna. Con questo non voglio dire che ho smesso di studiare perché poi alla fine si studia sempre, sono affamata della conoscenza in primis del conoscere le persone».
Impossibile non notare sul suo polso la parola ‘libera’ che è tatuata in maniera importante. C’è forse un altro parallelismo?
«In verità ho questo da molto tempo prima, da quando a 18 anni ho sentito l’esigenza di tatuarmi questa parola per ricordare a me stessa di rimanere ‘libera’ da pregiudizi, critiche e condizionamenti che la società purtroppo ti regala gratuitamente».
Per par condicio mi permetto di chiedere: quanto conta l’uomo giusto per una donna oggi?
«“Io ho permesso a un uomo di avermi inventato”, dichiara la Ferragni. Fedez è stato senza dubbio il miglior trampolino per lei, le ha permesso di arrivare a tutti. Ma ricordiamoci che a soli 20 anni è riuscita ad avere un ruolo, a costruirsi un’azienda con tanti zeri, lo ha fatto da sola e in modo assolutamente innovativo.
Ammettere il ruolo che le donne hanno oggi di essere sempre un passo indietro agli uomini ha sollevato il reale dello status attuale delle donne. Ha utilizzato gli abiti e la moda per comunicare in modo semplice concetti importanti. In sintesi, Fedez è stato importantissimo per lei ma è pur vero che lei e solo lei è riuscita a ‘riposizionarlo’ dandogli un’identità paterna e aiutandolo a sviluppare una personalità matura».
Cosa ci tiene particolarmente a comunicare con questo libro?
«I temi sollevati da Chiara, li ho vissuti anch’io in modo diverso. Vorrei far comprendere alle altre donne che demolirsi tra loro è sempre sbagliato. Sperare nella caduta di una donna che ce l’ha fatta è la conferma di una società in cui le donne da sole non ce la sanno fare. Il libro è l’occasione per far riflettere a non voler demolire qualunque donna. Il patriarcato non può vincere».
Quindi il suo pubblico sono le giovani donne?
«Non solo. Questo è un libro per tutti, perché i messaggi devono essere fruibili da tutti. Non ho fatto un libro secondo una missione di comunicazione. Ho parlato prima di tutto della storia di una ragazza – perché la Ferragni è prima di tutto una ragazza – che affronta l’oggi, studia e inventa un lavoro. Il mio secondo obiettivo e ancora più importante, è stato quello di smorzare le forme di odio mediatico che si generano. Il male di oggi è deformare le verità e i media cavalcano i fatti per una visibilità e per audience.
Ho cercato quindi di portare il lettore a capire, prima di giudicare poi, come già anticipato, mi sono concentrata sulle donne, in primis sulla loro libertà di esprimersi, di arrivare. Valore che provoca spesso gelosie e genera attacchi enfatizzati come nel caso della Ferragni».
Guardando avanti, quali altri progetti di scrittura l’attendono?
«Vorrei uscire dal format dei personaggi e mettermi in gioco in prima persona avendo un vissuto importante. Mi sento pronta a uscire, a espormi direttamente, un coraggio che mi è venuto fuori dopo che sono uscita viva da una battaglia importante. Quando due anni fa ho rischiato di perdere mio figlio, ho capito molto della vita e molto di me.
Troppe donne perdono tempo a demolire le altre invece di costruire insieme. Da quando ho scritto questo libro poi, mi sono accorta che molte persone hanno paura a parlarne bene perché si va contro il pensiero collettivo, additata come ladra. Non c’è un pensiero critico e tutti dicono la stessa cosa, e questo non va bene».
Si sta occupando anche di televisione, con un progetto su Rai1 e un programma al femminile su Teleromagna. Cosa può dire al riguardo?
«Nei progetti in cui sto lavorando ho l’obiettivo di portare avanti i grandi temi al femminile che mi appartengono che ho sempre sostenuto e portato avanti in questi anni. Le donne come strumento per divulgare e comunicare il territorio. Ci sono storie importanti».
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