“Questa terribile alluvione, per lo spirito di solidarietà che ha unito tante nostre comunità, – dice Marco Fiori – mi ha un po’ ricordato i giorni tormentati del Covid ma, a differenza dei mesi della pandemia, non eravamo impotenti ed ingabbiati tra quattro mura domestiche. Questa volta, per fortuna, potevamo dare una mano e nessuno, alla fine, si è tirato indietro”.
Parola di Marco Fiori, il celebre vocalist ravennate che, a nome di tutti i lavoratori del mondo della notte, nei giorni tragici dell’alluvione, ha voluto sottolineare l’impegno tenace e costante di vocalist, pierre e deejay ravennati: “A spalare nel fango c’eravamo tutti – ricorda – ho visto con i miei occhi gli staff di tante discoteche del territorio, ragazzi e ragazze con la vanga in mano, tutti impegnati fino allo stremo ad arginare l’emergenza. Troppe volte l’opinione pubblica è abituata a considerare quello delle discoteche come un mondo consacrato solo al divertimento e ai valori dell’effimero. E, invece, questi giorni difficili hanno dimostrato esattamente il contrario”.
Nei pugni, al posto del microfono, i boccagli delle idrovore e i lampeggianti delle sirene dei pompieri, per una volta, hanno sostituito le luci psichedeliche delle discoteche: “Ho visto i lavoratori del Matilda, del Bbk, dell’Enrg e di molti altri locali del ravennate lavorare incessantemente in strada giorno e notte per difendere le case di persone che neppure conoscevano – prosegue Fiori – ecco perché, come ho scritto ieri sui miei social, le gravi catastrofi possono anche distruggere i nostri beni materiali ma, alla fine, se non altro, ci rendono persone migliori”.
Marco Fiori, in particolare, ha presidiato per un’intera settimana lo scolo Fagiolo, un rigagnolo d’acqua a due passi dal cimitero che, per una strana congiuntura morfologica, ad un certo punto, è diventato uno spartiacque fondamentale per i destini di Ravenna. Sul posto, non a caso, hanno lavorato decine di uomini dei vigili del fuoco e della protezione civile provenienti anche dal Veneto, dal Friuli e dalle Marche e ci sono volute ben otto idrovore per scongiurare un’esondazione che, alla fine, avrebbe travolto gran parte del centro di Ravenna.
“Fino a dieci giorni fa – racconta Marco – lo scolo Fagiolo era un fosso anonimo senza alcuna importanza con una chiusa semi-distrutta del 1949. E, invece, in quell’invaso sono confluite tutte le acque dell’area periferica di Fornace Zarattini. Per questo, giovedì scorso, ho subito segnalato al distaccamento dei pompieri del porto quello che stava accadendo, ovvero l’innalzamento progressivo della superficie dell’acqua e il rischio di un ulteriore tragico allagamento. Oggi possiamo dirlo: senza quel baluardo, i danni nel centro di Ravenna sarebbero stati ancora maggiori. Per questo, mi sono messo a disposizione per quasi una settimana, lavorando al fianco dei soccorritori e seguendo, ora dopo ora, l’evolversi di una situazione che, ad un certo punto, sembrava drammatica perché le abitazioni erano a 50 metri dal fosso e, senza il lavoro incessante di tanti uomini, molte di quelle case sarebbero finite sott’acqua”.
Il day after, almeno in questa porzione di Ravenna, è quello del “pericolo scampato”. Ciò che resta adesso è il fango e quella solidarietà che nessuno, da queste parti, dimenticherà facilmente: “E’ stato davvero bellissimo vedere tanta gente scendere in strada con gli stivali e la vanga offrendo il proprio aiuto a chiunque ne avesse bisogno – conclude Marco Fiori – ed il fatto che molti di questi fossero giovani è un segnale che induce all’ottimismo ed abbatte dei luoghi comuni troppo spesso ingiusti. Il mondo della notte sarà anche il regno dell’effimero ma nessuno dimentichi che, quando si è levato un grido di aiuto, i primi a tendere la mano siamo stati noi”.
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