Lo scrittore ravennate Terence Biffi: «Viaggiando ho scoperto la felicità e trovato l’amore»

La gioia del viaggio e della scoperta del mondo dagli occhi dell'autore ravennate

Terence Biffi, giovane ravennate di 32 anni è uno scrittore amante del mondo. Con il suo secondo libro “Lunga nuvola bianca”, pubblicato quest’anno, ha appena vinto la terza edizione del premio Amazon Storyteller 2022. Un racconto dei suoi due anni in Nuova Zelanda, dell’incontro con l’amore della sua vita e del periodo di pandemia. Risale a tre anni, invece, l’esordio letterario con “Travel Revolution” dopo un’esperienza di viaggio che gli ha offerto la possibilità di trovare se stesso e la felicità

Biffi, cosa si prova ad aver vinto il premio Amazon Storyteller 2022?

«Sono davvero emozionato e ancora non mi sembra vero. Mi ero iscritto senza avere molte speranze in proposito. Quando ho ricevuto la chiamata da parte di Amazon, per comunicarmi che ero entrato nella cinquina dei finalisti, già mi sembrava un sogno. Ho mantenuto un sorriso da scemo per giorni e giorni E ora l’incredibile, è accaduto…».

Cosa pensa di fare con il premio di 10 mila euro vinto?

«Continuerò a viaggiare e a scrivere, ciò che più mi rende felice».

Come è iniziato il suo interesse per la scrittura?

«Già alle elementari, grazie a un’insegnante che ci faceva trascrivere tantissime poesie. Ne ho scritte alcune mie, la prima riguardava il Titanic e ho avuto il piacere di leggerla anche davanti alle altre classi. Dalle superiori in poi la scrittura è stata una valvola di sfogo perché non ero soddisfatto di me e della mia vita. Non ho scritto alcunché di vagamente positivo in quel periodo. Quando ho iniziato a viaggiare per me la scrittura è diventata un modo per ispirare gli altri e per far capire alle persone che il mondo è meraviglioso e che ‘l’altro’ non è lì in agguato per farci del male»

Lei ha dichiarato più volte, e ne parla anche nel suo primo libro, che i viaggi le hanno salvato la vita. In che modo?

«Tiziano Terzani disse: “L’unica rivoluzione possibile è quella interiore”. Per me questa rivoluzione è stata il viaggio. Viaggiare, stando spesso da solo, mi ha permesso di fare pace con me stesso e di credere finalmente nelle mie capacità. Ho sofferto per molti anni di obesità e non vedevo alcuna speranza per il mio futuro, viaggiando invece ho trovato la serenità, ho imparato ad accettarmi. Il punto di svolta nella mia vita è stato quando ho iniziato a fare quello che volevo io e non quello che gli altri avrebbero voluto che io facessi».

Quando è maturata la scelta di viaggiare?

«A 23 anni, dopo la fine di una storia durata 7 anni. All’epoca ero obeso e profondamente infelice ma per la prima volta ho sentito di avere la libertà di poter fare quello a cui il mio vero io aspirava da tempo. Sono ormai passati 10 anni dal giorno in cui ho deciso di prenotare un volo per il Vietnam e la mia vita da quel momento in poi non ha mai smesso di regalarmi sorprese».

“Lunga nuvola bianca” parla dei suoi due anni in Nuova Zelanda. Aveva già in testa un nuovo libro?

«No, non era in programma. La mia idea era di andare in Nuova Zelanda solo per un anno per lavorare e guadagnare una cifra sufficiente per poter viaggiare senza preoccupazioni. Per fortuna la vita va sempre diversamente rispetto a come la programmiamo. Dopo soli dieci giorni ho conosciuto una persona che mi ha cambiato la vita e che poi è diventata mia moglie. Durante il lockdown ci siamo accorti che stavamo vivendo un’esperienza unica e che meritava di essere raccontata. Non voglio fare spoiler ma posso dire che sono stati due anni e mezzo meravigliosamente intensi».

Che differenze ha notato fra la stesura del primo e del secondo testo?

«Scrivere un libro era sempre stato un mio sogno e così, quando ero alle prese con il primo, mi sono fatto prendere troppo dalla fretta, avevo quasi paura che quel sogno così vicino potesse sfuggirmi. Il secondo invece è un libro molto più ragionato e maturo. “Lunga nuvola bianca” è stato più facile e divertente da scrivere. Da bravo ‘genitore’ non dovrei fare preferenze ma se proprio dovessi scegliere il mio preferito sarebbe proprio quest’ultimo».

Ha da poco affrontato un lungo viaggio fra Caucaso, Turchia, Iraq e Iran con sua moglie Deborah: come è andata?

«È stato un viaggio meraviglioso, soprattutto l’Iraq e l’Iran ci hanno regalato le emozioni più forti, sono paesi abitati da gente meravigliosa che purtroppo risentono tantissimo di una pessima fama totalmente immeritata. Purtroppo, il nostro viaggio in Iran è terminato prima del previsto, eravamo là durante l’inizio delle proteste e abbiamo preferito uscire dal paese il prima possibile. Abbiamo tantissima nostalgia dell’Iran e degli iraniani».

Lei viaggia molto ma è ravennate. Quanto è legato alla sua città d’origine?

«Quando penso alla mia città mi vengono sempre in mente dei versi che scrisse Montale a proposito di Ravenna: “e qui dove un’antica vita si screzia in una dolce ansietà d’Oriente…”. Penso che Ravenna, grazie alla sua anima bizantina, mi abbia sempre invitato a esplorare l’Est e infatti il mio cuore punta sempre verso l’Asia. Sono molto legato alla mia città, amo partire ma amo anche ritornare. I miei affetti più cari sono qua e poi, a proposito di cucina, non ho ancora trovato un piatto che possa battere i cappelletti. Però una cosa mi dispiace: ogni volta che torno mi sembra sempre più inadatta ai giovani, diciamo che Ravenna sa essere un po’ soporifera a tratti».

Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?

«Mi sto trasferendo con mia moglie in Islanda, dove staremo qualche mese visto, abbiamo già trovato lavoro. Anche questa volta partiamo con l’idea di lavorare e visitare il paese nel tempo libero quindi chissà cosa succederà di inaspettato».

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