«Certamente. A Malta, fra l’altro il derby con la Valletta è molto sentito… Abbiamo giocato in uno stadio gremito con circa 10 mila persone, un evento per un Paese dove in genere il calcio è vissuto con molta meno intensità rispetto all’Italia».[vc_single_image image=”11423″ img_size=”full”]Per la sua prima esperienza all’estero ha scelto una delle squadre più prestigiose del campionato maltese. Si può dire che i risultati abbiano superato le aspettative?
«Sì. Con questo nuovo trofeo, siamo la squadra che ha vinto di più a Malta. L’obiettivo, in realtà, era di ottenere questi successi nel giro di due o tre anni. E invece è andata meglio del previsto. Non era scontato se si considera che abbiamo completamente rivoluzionato la squadra della stagione precedente, mantenendo solo sei ragazzi, e scegliendo tutti calciatori molto giovani. Dopo aver vinto il campionato nel 2019-20, la squadra era stata deludente nell’ultimo campionato dove aveva chiuso al dodicesimo posto in classifica. Alla fine, la squadra più giovane del campionato ha sorpreso tutti».Ci sono ottime ragioni, dunque, per restare a lungo a Malta?
«Sì, siamo tutti fortemente motivati anche perché ci aspetta l’Europa League. L’anno scorso ho firmato un contratto di due anni, ma stiamo già discutendo il rinnovo».A esultare con lei a fine partita, reggendo l’agognata coppa, un altro ravennate: il preparatore atletico Carlo Simionato. Un nome che dice molto agli amanti dello sport visto che è stato uno dei più forti velocisti italiani: nella staffetta 4×100 con Mennea, Pavoni e Tilli ai Mondiali di Helsinki del 1983 ha vinto l’argento, senza contare le partecipazioni alle Olimpiadi di Los Angeles dove è arrivato quarto nella staffetta e in semifinale nei 200…[vc_single_image image=”11422″ img_size=”full”]«Sì, e se si mettesse a correre, ancora oggi lo farebbe più forte di tutti… Il nostro sodalizio professionale, diventato nel tempo una bella amicizia, dura da ben 20 anni. Rispetto, fiducia e complicità sono sempre stati alla base del nostro rapporto. Carlo ha dieci anni più di me e ci siamo incontrati la prima volta quando giocavo a calcio, poi ci siamo ritrovati quando ho avuto il primo incarico da allenatore. E da quel momento abbiamo sempre lavorato insieme, facciamo parte dello stesso team. Ormai ci capiamo al volo e lavorare insieme è un piacere».Inevitabile parlare del suo legame con Ravenna: può essere definita ormai la sua città d’adozione?
«Sì, visto che ci abito da ben 25 anni, tranne ovviamente i periodi in cui sono in trasferta per lavoro. La mia prima volta nell’ex capitale bizantina è stata da calciatore tra il 1997 e il 2001, dopo aver disputato diverse annate nel Perugia. Mi reputo molto fortunato perché ho vissuto gli anni più esaltanti del calcio ravennate, quelli della serie B e del presidente Daniele Corvetta, super tifoso e appassionato. Come in molti ricorderanno, in alcuni momenti, abbiamo persino sognato la serie A».Poi ha continuato la sua carriera nell’Empoli e nel Palermo che le hanno consentito di esordire in serie A. Ma a Ravenna è tornato nel 2008-09, l’anno del suo esordio come primo allenatore…
«Sì, mi ha cercato il presidente Gianni Fabbri, dopo che avevo fatto quattro anni di serie A come allenatore in seconda, seguendo Silvio Baldini. Ho un ottimo ricordo di quell’anno perché sono riuscito a portare ai play-off la squadra ravennate. Ravenna mi ha portato bene anche questa seconda volta, mi ha fatto da trampolino di lancio come si suol dire, visto che dopo è arrivata la serie A con il Catania e la Sampdoria».
Ma non è mai venuto meno il suo legame affettivo con Ravenna…«Sì. A Ravenna ho conosciuto la mia compagna Maria Grazia, è nata la mia terza figlia e ho tanti amici con cui condividere momenti spensierati. Si vive bene perché c’è una buona qualità di vita. Ma noi italiani siamo abituati bene in tal senso, solo che a volte ci lamentiamo e ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo quando andiamo all’estero».[vc_gallery interval=”3″ images=”11424,11425,11426,11427″ img_size=”full”]
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