L’artista Eleonora Mazzotti torna al musical con “Moulin Rouge. Il tributo”

Interpreta Satine, ruolo che fu di Nicole Kidman nel film di Baz Luhrmann. Il progetto coinvolge l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro e ha debuttato nelle Marche. «Aspettiamo anche l’invito di Ravenna, di Forlì e Cesena, perché no!».

I più bei risultati sono sempre frutto di un grande gioco di squadra. Ne è una prova un progetto artistico dove se la giocano l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro assieme a una band completa, la Compagnia di ballo del Center Stage, i ragazzi del Lago del teatro Leo Amici di Rimini e come centro avanti, nonché punta di diamante, eterea e leggera come il personaggio che rappresenta, Eleonora Mazzotti. Questa artista a 360 gradi che canta, balla, recita ed esprime tutta la Romagna, può definirsi “giocatore chiave” che segna, ma ancor più, che “lascia il segno”.

In questa occasione il match si chiama “Moulin Rouge. Il tributo”. La storia d’amore tra Christian e Satine, il pittore Toulouse-Lautrec, le ballerine del locale più famoso e frequentato di Parigi, al passo del celeberrimo can-can, sono ingredienti che determinano il successo per un’opera musical ispirata al film di Baz Luhrmann, con musiche di autori vari tra cui David Bowie, Elton John, Police, Christina Aguilera, Pink, tutti interpretati dall’orchestra Sinfonica G. Rossini.

Quali sono state le prime tappe del musical? Arriverà anche a Ravenna?

«Stiamo lavorando a questo progetto da diverso tempo e, ad oggi, abbiamo realizzato quattro date: tre in terra marchigiana con debutto al Teatro Rossini di Pesaro e una a Cattolica al teatro della Regina. Il 20 aprile saremo a Matelica (Macerata) al Teatro Piermarini e il 21 al teatro Goldoni di Corinaldo. Aspettiamo anche l’invito di Ravenna, di Forlì e Cesena, perché no!».

Il musical è senza dubbio una modalità scenica che coinvolge lo spettatore in un percorso sensoriale visivo auditivo e decisamente emozionale. Cosa a suo avviso gioca un ruolo importante in questa macchina scenica?

«Indubbiamente l’impatto emotivo della musica. L’Orchestra Sinfonica è sempre presente sul palco e crea un risultato scenico immersivo, arricchito visivamente da queste scenografie mobili che

 “rimarcano” il passaggio di scena. Tutto segue il tempo dettato dall’orchestra del maestro Daniele Rossi».

Quanto dello spirito bohémien, racchiudibile nelle quattro parole chiave del lungometraggio: libertà-bellezza-verità-amore, ritroviamo in questa versione di Moulin Rouge?

«Tantissimo. La nostra regista Laura Mungherli è partita proprio da questi valori che sono la struttura portante dello spettacolo ma anche il punto di arrivo che vogliamo comunicare allo spettatore».

Quale valore a suo avviso fa partire tutto?

«Il valore della ‘libertà’ visto come sentimento di ‘necessità’, quel valore che porta Christian a Parigi in nome dell’arte, della bellezza e dell’amore. La scelta di seguire i suoi ideali gli dona come premio l’amore verso Satine. Lei, travolta da questo sentimento, viene meno ai doveri contrattuali che la vincolano al suo ruolo. C’è una frase che esprime tutto questo: “La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare”.  La pronuncia Henri Toulose Lautrec a Christian. Questa profezia dell’artista sblocca il personaggio di Christian verso il “tuffo nell’amore” e fa capire a tutti che per accettare la sfida di vivere liberi, dobbiamo abbandonare paure e limiti».

Una curiosità, qual è il “carburante” che ha alimentato l’energia di questo spettacolo?

«Prima del debutto abbiamo ospitato in teatro tante scolaresche per le matinée, per analizzare con loro l’impatto sul pubblico. Ne è venuto fuori un coinvolgimento a tutto tondo che ha smosso divertimento, rabbia, partecipazione, emozione e alla fine anche il pianto. Da questo risultato, abbiamo capito che avevamo raggiunto un primo obiettivo. I bambini non hanno filtri: se una cosa arriva a loro vuol dire che il lavoro è fatto bene».

Un tuo punto di vista su cosa fa funzionare l’armonia scenica e il risultato ottenuto di questo progetto?

«Oltre alla professionalità, un valore che ci lega fra noi è l’umanità. Non mancano, inoltre, l’intesa e il gioco di squadra in un clima di stima, rispetto ed educazione. Senza certi valori non si crea niente di buono… in tutti i settori».

Che personaggio è Satine che nel film di Luhrmann è stato interpretato da Nicole Kidman? Quanto di sé stessa ritrova in lei?

«Satine ha tante sfaccettature: è divertente e leggera, crede nell’arte, nella bellezza dell’arte. Una donna determinata che per raggiungere i suoi obiettivi usa forse la strada meno nobile e più ricca di compromessi come il Moulin Rouge. Un percorso che si ritrova per certi versi anche oggi… i compromessi fanno parte del lavoro… Satine è allo stesso tempo una donna che crede nell’amore a tal punto da stravolgere tutta la sua vita in nome dei suoi sogni. Questo personaggio l’ho sentito fin da subito mio nel suo lato più divertente e puro di sentimenti. A tal proposito, mentre lo preparavo, mi è tornato in mente il brano “Run to you” di Whitney Houston che recita “What’s the sense of trying hard to find your dreams without someone to share it with?” (ndr, “Che senso ha sforzarsi di realizzare i propri sogni senza qualcuno con cui condividerli?”».

Anche nella sua vita l’amore ha giocato un ruolo “stravolgente”, nel senso che ha stravolto un percorso ma non l’ha fermato come accade a molte artiste, anzi, lo ha reso “potente”. Può raccontare cosa le è successo di bello?

«Oltre ad aver incontrato 18 anni fa un uomo incredibile che è mio marito, dotato del santo dono della pazienza, ho due bimbe: Gaia 6 anni e Chiara di quasi 2. Nonostante la difficoltà nella gestione e nel mantenimento dell’equilibrio, la famiglia mi ha aiutato a tirar fuori una grande forza a livello caratteriale. Essere mamma ha migliorato la qualità della vita ma anche la percezione nel vivere il tempo. La maternità mi porta a dare il massimo per me stessa e per quello che faccio. Voglio insistere su questo concetto per comunicare alle donne che si può conciliare tutto senza rinunciare alla maternità e, soprattutto, a sé stesse. Mai annullarsi! La maternità dona la grinta di una tigre nell’affrontare il lavoro e la vita».

Analizzando il suo outfit, i suoi colori e il titolo dello spettacolo viene da pensare che il filo conduttore di questo progetto sia il “rouge noir” come lo definì mademoiselle Chanel, un rosso diverso, intenso, carico di anima e cromatismo forte. È corretto?

«Assolutamente sì. Il rosso è il Moulin Rouge, il rosso è il colore dell’abito di Satine quando si innamora, il rosso è il colore dei miei capelli, il rosso è il cromatismo dominante della scenografia, è il colore dell’amore, sentimento portante di tutta la storia… il rosso è contenuto sia nella bandiera italiana che in quella francese».

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