Dalle scogliere su cui si infrangono le onde dell’Atlantico alle coste del Mediterraneo, oltre duemila chilometri di distanza da coprire nel giro di una (lunga) notte, per viaggiare-danzare dal nord al sud dell’Europa, dalla Bretagna al Salento passando per il Poitou e l’Appennino. Sabato 6 luglio, dalle 19, “La lunga notte del Balfolk” è la seconda delle due serate di Ravenna Festival a Palazzo San Giacomo.
Compagni di viaggio in questo itinerario, tracciato e curato da Fabio Rinaudo, sono diciassette musicisti, maestri dei loro strumenti e alfieri di patrimoni musicali di cui è parte una ridda di danze: an dro, gavotte, laridè, rond, hanter dro, bourrèe, polca, scottishe, mazurca, valzer, mardi gras, branle, pas d’été, marchoise, alessandrine, monferrine, perigurdini e pizziche… L’appuntamento è possibile grazie al sostegno di Coop Alleanza 3.0.
C’è un filo conduttore non soltanto morfologico che lega la taranta salentina alle suggestioni della musica popolare bretone e della regione del Poitou: un risuonare di organetti e accordéon, di zampogne e cornamuse su baccanali di percussioni da cui trapelano echi narrativi della canzone dei trovatori. Questo accade anche nei canti d’Alvernia, così fecondi da stimolare l’estro di compositori novecenteschi come Joseph Canteloube e Luciano Berio, traghettatori della tradizione nelle complessità del mondo contemporaneo, dove i suoni che sanno d’eterno trovano asilo con baldanzosa naturalezza.
La musica e i canti della tradizione dell’Appennino – in particolare quelle terre che abbracciano le colline di quattro province, ovvero Genova, Pavia, Alessandria e Piacenza – sono affidati a Stefano Valla (piffero e voce) e Daniele Scurati (fisarmonica e voce), a cui si unisce Fabio Rinaudo alle cornamuse. A rappresentare l’Alvernia, storica regione che prende il nome dalla tribù gallica degli Arverni e diede i natali al condottiero Vercingetorige, Michel Esbelin alla cabrette, che appartiene alla famiglia delle cornamuse, e Tiennet Simonnin all’accordéon. I fiati della Bretagna sono invece la bombarda e il flauto, suonati da Erwan Hamon, in duo con Janick Martin all’accordion.
L’itinerario francese si completa con la musica del Poitou e il trio Ciac Boum, ovvero Christian Pacher (violino e voce), Julien Padovani (accordéon e cori) e Alban Pacher (violino e cori). Il percorso si corona a suon di arcaiche percussioni salentine, con il Canzoniere Grecanico Salentino. Fondato nel 1975 dalla scrittrice Rina Durante, è il più importante gruppo di musica popolare salentina, capace di reinterpretare in chiave moderna le tradizioni germogliate attorno alla celebra pizzica tarantata rituale, a cui si attribuiva il potere di curare il morso della leggendaria taranta attraverso la musica, la trance e la danza. Guidato dal tamburellista e violinista Mauro Durante, il CGS collabora con artisti che vanno da Ludovico Einaudi a Stewart Copeland dei Police e ha portato il sound della Puglia nel mondo, dall’Argentina al Giappone.
Fu “nobile villeggiatura” per i Conti Rasponi, maestosa residenza gentilizia la cui architettura richiama il palazzo dei Farnese a Colorno e quello degli Este a Modena; è il “muraiòn”, il muraglione, per i Romagnoli, con i suoi 84 metri e mezzo d’imponente facciata. E per Ravenna Festival? Il colpo di fulmine con Palazzo San Giacomo a Russi risale a quasi vent’anni fa con l’Ur-Hamlet di Eugenio Barba. Da allora San Giacomo è uno dei luoghi di spettacolo più amati dal pubblico, che qui ha ballato sui ritmi della taranta e delle balere, dell’Irlanda e dell’Africa, ha applaudito artisti come Seun Kuti, Tony Allen, Capossela, Lindo Ferretti, cantato con De Gregori e i Baustelle…
Anche per questa serata si rinnova il momento gastronomico con gli stand dei cappelletti e della piadina;la biglietteria sul luogo di spettacolo sarà attiva dalle 18. Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org Biglietti: posto in piedi 20 Euro;under 18: 5 Euro
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